di Cristiano Ottaviani (*)
E’ morto Robin Willams e se n’ è andato in modo triste. Lui, che nei suoi film era sempre stato capace di ammaliare con fiabe e fuochi di artificio, si è tolto la vita depresso e disperato. La sua storia prova quanto è complessa la natura umana e il gioco di maschere che scandisce l’esistenza di tutti, non solo degli attori.. I suoi cari hanno detto di ricordarlo per ciò che ha fatto, non per come è andato via, ci pare giusto. Fragile ma magnifico, Williams ha usato la sua sensibilità per incantare, con l’arte magica dei grandi attori, il mondo intero. Bambini, giovani e grandi hanno riso e pianto davanti ai suoi film. I suoi limpidi occhi azzurri e il suo vocione, dolce e imponente, sono stati Braccio di ferro, il barone di Munchhausen, Adrian Cronauer, il professor Keating, il piccolo grande Jack, Patch Adams, l’uomo bicentenario, Peter Pan e tanti altri.
Proveniente da una buona famiglia della borghesia americana, destinato a divenire dirigente, l’intelligente e inquieto Robin segue il suo demone e rinuncia alla laurea per un incerta carriera teatrale. Fra provini e palcoscenici, dove alterna commedie e drammi, ancora giovanissimo viene scelto dalla tv per interpretare lo stralunato alieno Mork. Debutta duettando con Fonzie , poi la serie si impone e anche noi, allora bambini, impariamo a conoscerlo nel nostro paese.Innamorati della dolce Mindy, apprendiamo la storia di questo strano extraterrestre che proviene da un uovo del pianeta Ork. Scopriamo che dorme con la testa all’ingiù e che il suo “nano,nano” è un imbarazzo per gli adulti tra cui è intruso, ma tutto ci appare normale, anche perché nel suo mondo si invecchia al contrario e i piccoli sono più importanti dei grandi.
Privo di gravitas e, apparentemente, di forza virile, Williams, più basso che alto, un po’ cicciottello e non propriamente attraente, ha calcato per anni con incisività e sicurezza le scene di Hollywood grazie al suo fascino e alla sua bravura.Gigione e istrionico per lo star system dei ruggenti anni 80, Williams, nonostante il successo, è un guitto, buono al massimo per qualche commedia e film da ragazzi, nulla più.La fine del decennio però è periodo di ripensamenti e così in pochi anni due sue interpretazioni “Good Morning Vietnam” e “l’Attimo Fuggente” gli danno modo di smentire chi nutre dubbi. Le capacità mimiche e i tempi scenici dosano a perfezione la forza della sua dirompente genialità mattatoriale, con la capacità di recitare anche in sottrazione, caricando persino i silenzi di acuta profondità. Non ancora quarantenne si afferma come uno dei più grandi e completi attori americani, mostrando doti drammatiche intense e trascinanti. Le sue corde sono notevoli al punto che gli affidano ruoli puramente introversi e malinconici, come quando con successo, nello struggente Risvegli, è l’imbranato Dottor Sayer . Nel film Insomnia, apice del suo parossismo interpretativo, in contrasto con il tetro, tormentato ma umano Pacino, riesce persino a dissolvere tutta la benevole luce della sua maschera da clown , dando volto ad uno spettrale psicopatico.Premio oscar nel 1998 per Will Hunting, ma ne avrebbe meritato altri , il riconoscimento maggiore, a mio avviso, lo ebbe quando diede voce algenio di Aladin nel cartone della Disney, perché tutti compresero che era impossibile distinguerlo da un personaggio della favole; cosa che, chi era stato piccolo come me, e lo conosceva dai tempi di Ork, sapeva già benissimo.
Ora che non c’è più ci piace pensare che anche , al di là dei sogni, in Cielo, qualcuno lo abbia posto su una nuvola speciale per raccontare fiabe ai piccoli, specialmente a quelli che aspettano ancora i loro genitori. Forse anche li, come accadeva nelle sue storie, se qualche angelo o santo, un po’ severo, indispettito dal fracasso delle risate e dei giochi, andrà a vedere che succede non potrà trattenere un sorriso che poi racconterà compiaciuto al buon Dio.
Per ora consoliamoci, perché, pur se forse un giorno lo ritroveremo, come in una sua pellicola in Paradiso , in questa vita continuerà ad accompagnare noi e i nostri figli, compresi quelli che verranno, perché la sua morte per quanto tragica non cancella ciò che lascia. Grazie a mille e mille fotogrammi a patto di lasciarlo fare Williams tornerà con un arcobaleno di gioia direttamente dal cielo per trasportarci , con le sue tante voci e la sua geniale verve creativa, tra draghi, fate, e cavalieri, nel libro dei sogni, proprio come il mago della lampada e un dolce papà.
Grazie al cinema, che qualcuno chiama l’ottava musa, ciò che resta del suo ricordo sfugge, come in una fiaba, le nebbie dell’oblio, e il suo vivo cuore di bimbo adulto ci fa tornare dove le magie dell’infanzia danno la mano alla poesia di Whitman e danzano con l’anarchica e irrispettosa umanità di un aviere che tenta di sorridere e amare anche durante la guerra .
E’ questa la sua ultima scintilla, l’ultimo regalo, a sipario oramai chiuso, per noi piccoli cresciuti sapendo quanto fossero solide le sue bolle di sapone.
Come in Hook, dove Peter Pan diventato grande dimentica che un tempo volava e sfidava i pirati, la sua magia potrà risvegliarci all’infanzia e portarci fino a quel famoso mondo in cui i bambini lottano da eroi perché conoscono il bene e festeggiano insieme la vita sapendo di essere principi del loro Re.
(*) Giornalista Pubblicista – ViceCaporedattore Informazione Quotidiana