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Dengue Lazio, infettivologi: “Casi in aumento fino a novembre”.

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A partire da agosto nel Lazio si sono registrati casi di febbre Dengue. Questa diffusione è destinata a persistere ancora alcune settimane, quantomeno per l’intero mese di ottobre e potenzialmente fino all’inizio di novembre. L’indicazione arriva dal Congresso regionale Lazio della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit) ‘Studiare il passato per comprendere il futuro’, organizzato da DotCom, con responsabile scientifico Gianpiero D’Offizi, presidente Simit Lazio, e direttore dell’Unità di Malattie infettive epatologia dell’Istituto nazionale per le malattie infettive Lazzaro Spallanzani.

“Nel Lazio vi è un incremento di casi di dengue, sia importati da Paesi endemici, sia autoctoni cioè contratti in Italia. Un paziente può rientrare in Italia con questa infezione e se viene punto dalla zanzara tigre, questa si infetta e dopo un periodo di incubazione di 10-15 giorni può infettare un’altra persona”, spiega Emanuele Nicastri, direttore Unità malattie infettive ad alta intensità di cura, Inmi Spallanzani. “Per il mese di ottobre si prevede ancora una circolazione del vettore, almeno fino alla prima settimana di novembre. Se ci trovassimo di fronte a un paziente con sintomi riconducibili a questa infezione, sarà bene fare un test rapido che si può eseguire in centri infettivologici specializzati, ad esempio venendo direttamente senza prenotazione all’istituto Spallanzani, che dà una risposta in poche ore, in modo sia da prendere in carico il paziente che di poter avviare una disinfestazione che eviti il propagarsi di un focolaio e quindi di nuovi casi”.

Nella Regione, però, non si ravvisano altre infezioni tropicali già presenti in passato o diffusi in altre aree d’Italia. Per la West Nile, per esempio, “nel Lazio non c’è evidenza né di casi umani, né sugli equidi, né negli uccelli, né nelle zanzare raccolte dall’Istituto zooprofilattico. Siamo protetti dall’arco appenninico, mentre è presente in Sardegna e nella pianura padana”, aggiunge Nicastri. Nemmeno la chikungunya è presente “sul nostro territorio né c’è un’evidenza di incremento di casi, né di importazione né autoctoni, come invece è avvenuto nel 2007 e nel 2017”.

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