“Non è una canzone per cuori infranti”, diceva Bon Jovi e quella dell’Arthur Ashe non è stata di certo una partita per cuori infranti. Nel 2021 Djokovic perse contro Daniil Medvedev l’occasione di completare il Grande Slam: fallendo l’incontro con la storia, ma ottenne per la prima volta l’appoggio incondizionato del pubblico. È vero che il russo non ha mai avuto un ottimo feeling con i newyorkesi e anche nel 2023 il sostegno nella finale è andato dalla parte del serbo. Djokernole sapeva che se fosse sceso in campo con i ricordi e i fantasmi di quella partita avrebbe concesso a Daniil un vantaggio psicologico; quindi ha preparato la partita ed il torneo con un diverso approccio mentale e tattico -da notare la nuova versione del Nole sotto rete- riuscendo a vincere lo USOpen senza cuore infranto.
Poca Italia e tante stelle
È lo stadio più grande del mondo, intitolato ad Arthur Ashe, storico tennista afroamericano. A New York si sono radunatje le più grandi celebrità della racchetta e dello spettacolo: una sorta di Met Gala sportivo. Da Emma Watson e il resto di Hollywood (divertente vedere Leonardo di Caprio nello stadio con Matthew McConaghy che gli sfilò l’Oscar nel 2014 contro ogni pronostico) arrivando al mondo della musica (tramite un anello di congiunzione rappresentato da Rami Malek, il volto di Freddie Mercury in Bohemian Rhapsody) rappresentato da Jon Bon Jovi, Sting e Justin Timberlake. Era presenta anche l’universo sportivo, Aaron Rodgers da quando ha firmato per ricoprire il ruolo di quarterback dei New York Jets è diventato il padrone della Grande Mela, un po’ come successe a Kevin Durant (anche lui presente) nel periodo ai Brooklyn Nets. Giusto il tempo di scattare alcune foto e qualche autografo che i veri protagonisti hanno richiamato l’attenzione su se stessi. La vittoria di Coco Gauff nel torneo femminile è un tripudio a stelle e strisce: Sabalenka ha avuto lo stadio contro e ha dovuto cedere al termine di una splendida finale, l’americana diciannovenne si è presa il presente ed il futuro del tennis, rientrando anche in una Story sull’Instagram di Nicole Kidman, anche lei sugli spalti in entrambe le finali.
Non è stato esattamente uno USOpen azzurro. Certo sono lontani i periodi in cui un terzo turno era il risultato medio, ma viste le premesse ci si poteva aspettare di più. Sinner veniva dal titolo canadese e dopo il match point del 2022 portava con se tanta voglia di rivincita, mentre Berrettini e Musetti davano segnali incoraggianti: Jannik è caduto nella maledizione del quinto set, come Lorenzo, mentre il martello azzurro ha subito l’ennesimo crack fisico. A rendere la situazione cupa si sono aggiunte le defezioni per la Coppa Davis e il caso Fognini. La nota positiva è Matteo Arnaldi, spintosi fino agli ottavi in cui ha perso dignitosamente contro l’insuperabile Alcaraz. Lo USOpen tricolore è un passaggio a vuoto in una stagione di successi italiani.
Djokovic-Medvedev la cronaca della finale
Il risultato della finale maschile racconta di una vittoria semplice, ma per la verità Djokovic non ha avuto la vita così facile. Medvedev nel primo set ha fatto il minimo indispensabile per evitare l’umiliazione, ha cercato di non commettere gravi errori lasciando la partita nelle mani dell’avversario. Con Djokovic non può essere una strategia vincente e il serbo si è aggiudicato il primo set per 6-3, ma il parziale poteva essere anche più severo. Le condizioni della partita potevano mettere a dura prova i giocatori, d’altronde il russo è stato il primo ad avvisare dei rischi del gran caldo che ha avvolto la Grande Mela in questi giorni. Il servizio poteva essere un metodo per recuperare energie, ma la partita si è articolata su scambi lunghi e massacranti. Entrambi sono andati al tappeto, sdraiati sul cemento per recuperare parzialmente le energie, ogni secondo poteva dare nuove energie. Djokovic ha un suo senso dell’umorismo particolare, un modo di essere uno showman diverso da quello di Kyrgios, Bublik o Monfils e quando si è steso per esultare dopo la vittoria di un estenuante scambio ha ricevuto una pioggia di applausi: l’Arthur Ashe ha scelto da che parte stare. Dall’altra parte anche Medvedev è caduto al termine di un punto, sembrava quasi essersi fatto male, ma sapeva di doversi rialzare da solo. Nole ha scavalcato anche la rete per aiutarlo, ma lui è rimasto a terra rifiatando e rinunciando all’aiuto, “grazie, ma faccio da solo, ho tutto sotto controllo” sembrava volergli dire. Eppure, era sotto di due set a zero. Un piccolo gesto diplomatico che poteva dar forza a se stesso e confondere i pensieri dell’avversario (quando mai contro Nole) o più probabilmente cercava solo di prendere tempo e recuperare fiato. Comunque la prima palla break il russo ce l’ha avuta dopo 1 ora e 45 minuti; è riuscito a portare il secondo al tie break e nonostante fosse partito col piede giusto, il set più bello del torneo è andato anch’esso nella direzione di Belgrado. A quel punto il nome del vincitore non era più segreto, i break e controbreak del terzo parziale erano solo spettacolo, Nole in vanataggio di due set a zero è sempre stato una sentenza. Con un accademico schema triplo diagonale e lungolinea ha messo a segno la fuga decisiva per il 24esimo Slam. Vesteal termine ha indossato la maglia di Kobe Bryant, “Mamba Forever”; se il 23 era il numero di MJ, il 24 appartiene all’indimenticata stella dei Lakers. Ancora una volta Novak Djokovic ha assaporato il gusto di vincere, sperimentando la sensazione di essere considerato il più grande di sempre e accarezzando la consapevolezza di ricevere la conferma di ciò anche dai numeri; it’s my life e sono quindici anni che vive di queste emozioni.