È la presa della Bastiglia di Novak Djokovic che lo incorona ufficialmente come il tennista più vincente di ogni epoca. Il 14 luglio 1789 l’ancient regime crollava e la rivoluzione francese cambiava per sempre il futuro dell’Esagono; il 14 luglio 2019 Novak Djokovic ha scritto anche lui la sua storia vincendo la partita più incredibile della sua carriera. Quel giorno Roger Federer, a Wimbledon a casa sua, crollò dopo aver sprecato due match point e Djokovic diventava il primo candidato per superare il Re nel conteggio degli Slam. Proprio a Parigi, dove si trovava il palazzo Reale dell’Ancient Regime Nole non solo consolida la distanza da Roger, ma stacca anche Rafael Nadal che è il vero sovrano sui campi del Roland Garros. In realtà quella che si sta concretizzando nel tennis è tutt’altro che una rivoluzione: le nuove leve cariche di ambizione e voglia di cambiare il mondo della racchetta, rappresentanti quindi una sorta di Beat Generation tennistica, si sono prese la scena per un breve periodo, ma le cose a Parigi sono diverse. Nole ha lasciato divertire i giovani sui campi di Montecarlo, Madrid e Roma, ma quando si tratta di competere per calare il poker noto come Grande Slam la next gen è stata messa da parte e il candidato-Goat (acronimo per Greatest of all time, ndr) è emerso dal suo silenzio. Per alcuni versi quindi nel mondo del tennis l’ancient regime ancora resiste, ma forse nessuno ha veramente voglia di rovinare questo capolavoro di record che hanno messo in piedi i Fab Four (Nole, Roger, Rafa e Andy, ndr); la loro favola sicuramente sulla via del tramonto potrebbe aver ancora qualcosa da dire, qualche primato da infrangere.
23, il numero della storia
Djokovic raggiunge il traguardo dei 23 slam: 10 Australian Open, 3 Roland Garros, 7 Wimbledon e 3 USOpen. Tuttavia neanche Nole, come neanche Serena Williams che anche lei ha la stessa quantità di titoli, può riservarsi il diritto di affiancare eternamente il suo nome al numero 23, anche se una curiosa congiunzione di date ha dato origine ad una coincidenza che sa quasi di una benedizione. Nole ha vinto il ventitreesimo Slam l’11 giugno 2023 e spostando la lancetta del tempo indietro di esattamente 26 anni si può assistere ad un altro evento storico conosciuto come The Flu Game. I Chicago Bulls affrontano gli Utah Jazz in gara 5 delle Finals NBA, lo scontro significa soprattuto Jordan-Pippen contro Stockton-Malone, il meglio che il basket USA possa offrire. La leggenda mise a referto 38 punti, in 44 minuti giocati, una prestazione definitiva che permise ai Bulls di vincere la partita e chiudere la serie nella partita successiva. Michael Jordan aveva conquistato il suo Olimpo, sul fatto che lui sia il goat del basket ci sono pochi dubbi, il numero 23, che ha scelto di portare sulla schiena sarà sempre suo e di nessun altro, ogni altro accostamento sarà una citazione.
“I limiti sono soltanto delle illusioni”, Jordan non ha solo pronunciato queste parole, le ha concretizzate a suon di record con il 23 sulla schiena. Nell’elenco delle leggende si inserisce un’altra divinità sportiva, che anche lui ha associato il suo nome a quella stessa cifra. Se si dovesse chiedere a un qualsiasi atleta di indicare il suo sogno sportivo difficilmente si potrà ottenere una risposta non pertinente ai cinque cerchi: partecipare alle Olimpiadi, anche solo esserci, sfilare nella cerimonia di apertura e competere sotto il Sacro Fuoco di Olimpia è per molti il più grande successo della carriera se non della vita; vincere una medaglia è sempre “la cosa più grande che puoi fare in tutti gli sport” come ha affermato Andre Agassi. Michael Phelps, lo squalo di Baltimora, non solo ha trionfato nella vasca a cinque cerchi, ma è anche riuscito a ripetersi una volta, due volte, tre e così via facendo risuonare l’inno americano al termine di 23 nuotate olimpiche; Nettuno il Dio dei mari si è tuffato in piscina e ha scelto di fermarsi solo quando ha potuto citare Michael Jordan.
Djokovic, il torneo quasi perfetto
“La vittoria appartiene ai più tenaci” è la frase impressa sulla tribuna del Philippe Chatrier, messaggio ricevuto potrebbe dire Novak Djokovic. Il serbo ha vinto il Roland Garros quasi senza lasciare una goccia di sudore sulla terra rossa della Ville Lumière: Davidovich-Fokina, Khachanov e Alcaraz finchè ha retto fisicamente, hanno provato per un momento a presentare qualche difficoltà al serbo. Lui li ha completamente ignorati, ha perso due set in tutto il torneo e anche questa volta lo Slam dei next gen sarà il prossimo. Certo ricordiamoci che il Re della terra rossa era assente, con Rafa, probabilmente, sarebbe stata un’altra storia che tuttavia abbiamo già vissuto nel 2022. A distanza di un anno Casper Ruud cede di nuovo in finale, ma l’ultimo atto è finito quando il norvegese ha subito il controbreak per aver malamente sbagliato uno smash nel corso del primo set, da lì in poi non ci sono mai stati dubbi sul vincitore. La vittoria che scrive la storia non sarà ricordata per la spettacolarità della partita, ma d’altronde neanche Federer qunado vinse il suo ottavo Wimbledon nel 2017 contro Marin Cilic lasciò l’incontro aperto: agli appuntamenti con la leggenda non si può arrivare in ritardo perché il tuo avversario vuole vincere un set. A guardare la finale di Djokovic si erano affacciati gli Dei dello sport, chi con i pensieri, chi richiamato dai numeri (già si è spiegato della sacralità del 23) e anche chi era presente dentro lo Chatrier, da Ibra a Mbappè passando sopratutto per il mitologico Tom Brady. Il palazzo Reale di Rafa è stato conquistato, adesso nel mirino c’è la Reggia di Roger, se Nole dovesse spodestare anche lo svizzero metterebbe in discussioni ancor di più il ruolo di “Goat”, infrangendo la frase di Jimi Hendrix secondo cui “la stella più luminosa è quella che si spenge per prima”.