La riflessione su questo argomento sarà affrontata in diversi capitoli, in considerazione della complessità degli scenari da esaminare, ed in considerazione del fatto che il dibattito sul tema è ancora aperto ed in una fase di acceso confronto.
L’esistenza di ogni individuo è caratterizzata da due eventi che stabiliscono rispettivamente l’inizio e la fine della vita naturale: tali eventi sono la nascita e la morte.
Gli eventi in questione contraddistinguono la vita biologica dell’individuo e sono normalmente legati alle dinamiche di processi naturali, dei quali costituiscono certamente un possibile esito.
La nascita e la morte possono, a loro volta, essere influenzate o condizionate da altri eventi naturali: si pensi ad una nascita prematura causata da un trauma o da condizioni ambientali particolari, ovvero ad una morte causata dal verificarsi di fenomeni naturali.
Oltre che da eventi e fenomeni naturali, la nascita e la morte possono subire le alterazioni e le conseguenze dell’intervento e delle condotte umane.
Nei casi di intervento “umano”, nelle vicende che conducono alla nascita o alla morte di un individuo, si inseriscono i termini di “eugenetica” e di “eutanasia”, a caratterizzare un intervento inteso a favorire l’evento, il buon esito dello stesso con procedure e tecniche finalizzate al bene dell’individuo.
Il prefisso greco εΰ sta ad indicare il bene, il buono, e viene premesso ai termini γενητικός (gheneticòs), che deriva dal verbo γεννάω (ghennào = generare), e θάνατος (tànatos = morte), per indicare rispettivamente la buona nascita e la buona morte.
Un’azione dell’uomo, dunque, finalizzata a portare il concetto di bene nella nascita e nella morte, partendo dal presupposto che l’evento naturale è, di per se stesso, un semplice evento privo di connotazioni etiche e/o morali. La natura non è né buona né cattiva, è semplicemente meccanismo di causa ed effetto privo di diverse connotazioni.
Come sempre, è la presenza dell’uomo e del suo intervento a dare una connotazione alla realtà ed agli eventi che aggiunge qualcosa di diverso ai semplici meccanismi dei fenomeni.
Parliamo quindi oggi di eugenetica, ovvero dell’intervento e dell’azione dell’uomo relativamente alla nascita degli individui, e di quali tipi di caratterizzazione assumano questi interventi.
E’ assolutamente necessario precisare che rimarranno fuori dalla nostra disamina le considerazioni etiche o morali volte a determinare e stabilire i limiti delle possibilità di intervento umano nella nascita degli individui; tali considerazioni e valutazioni dovranno essere affrontate da comitati etici e scientifici dedicati ad un’accurata valutazione di tutti gli aspetti.
Il termine “eugenetica” costituisce un vero e proprio contenitore di smisurata grandezza, dentro il quale possono confluire le più diverse tipologie di intervento e di attività volte a favorire la nascita.
Ma cosa si intende effettivamente per eugenetica? E in che modo tale aspetto ha consentito l’intervento dell’uomo nel processo naturale della nascita? L’intervento eugenetico è preordinato per il bene dell’individuo o della collettività? In quali termini si inserisce l’eugenetica nella società umana?
La nostra riflessione si svilupperà a partire dalla teorizzazione dell’eugenetica, e si dipanerà attraverso il suo sviluppo ed il suo enorme impatto sulla storia moderna e contemporanea.
Una necessaria premessa
La storia e le origini dell’eugenetica, come avremo modo di esaminare, prendono spunto dalle rivoluzionarie teorie naturalistiche introdotte dagli studi di Charles Darwin che ebbero un enorme impatto sulla società del tempo.
Le teorie scientifiche sviluppate da Charles Darwin erano frutto della ricerca e dell’osservazione della natura e dell’evoluzione degli organismi viventi sia animali che vegetali.
Tuttavia, tali teorie scientifiche, che costituiscono di fatto la traduzione di un sistema naturale e di leggi della natura, ovvero di un meccanismo certamente esistente e funzionante nel mondo naturale, si cercò di trasfonderle nel contesto sociale di fine ottocento come nuovo impulso per lo sviluppo sociale, economico, politico, culturale ed antropologico delle società dell’epoca.
L’introduzione delle leggi e dei meccanismi di selezione naturale, e la loro applicazione diretta nel sistema politico e sociale di alcuni Stati, che avremo modo di esaminare, ebbe effetti devastanti per l’umanità, largamente funestata dalle conseguenze di scelte e decisioni che sono ancora oggi oggetto di studio e di valutazione.
Il mondo in cui vengono proposte le teorie darwiniane non era preparato a capire che tali teorie avrebbero dovuto essere preventivamente valutate da un preliminare dibattito etico, morale, politico, prima di una loro possibile applicazione.
All’epoca , non si era ancora giunti a quella dichiarazione universale dei diritti dell’uomo approvata all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a Parigi il 10 dicembre 1948.
In tale dichiarazione ricordiamo brevemente gli articoli 1, 2, 5, 7, 16 e 25 che, tra tutti, di fatto azzerano ogni discriminazione tra gli esseri umani per motivi di razza, di sesso, di origine, di nascita e/o di ogni altra condizione, garantendo la possibilità di accedere tutti ugualmente ai diritti fondamentali enunciati.
Le teorie naturalistiche darwiniane si diffusero in un momento particolare della storia del mondo occidentale, composto da alcuni Stati che da poco uscivano da un conflitto interno di guerra civile i cui strascichi ribollivano ancora nella società (vedi Stati Uniti), e da altri Stati che erano impegnati in conflitti per l’affermazione della territorialità e della sovranità che sarebbero poi sfociati nelle guerre mondiali che tutti abbiamo conosciuto.
La questione ebbe anche dei drammatici risvolti nelle politiche colonialistiche adottate da alcuni Stati, e tutto perché, a causa della spinta allo sviluppo dettata dal positivismo scientifico dell’epoca, si pretese di trasfondere direttamente le leggi naturali nell’ordinamento giuridico, operando di fatto un procedimento inverso a quello che ha caratterizzato lo sviluppo della civiltà.
Conosciamo, infatti, il mondo del diritto come elemento di una sovrastruttura umana, ovvero una costruzione convenzionale che non esiste in natura e che è strutturata per garantire la convivenza di un gruppo sociale, sulla base di principi che derogano ampiamente ai principi stabiliti dal diritto naturale e costituiscono, invece, il fondamento etico, sociale, religioso e politico del gruppo di riferimento.
Per la questione relativa alle leggi evoluzionistiche darwiniane i principi naturali, al contrario, sono stati sovrapposti come principi fondamentali in molti Stati e in specifiche circostanze, con la conseguenza di determinare in molti casi a carico di intere categorie sociali, di gruppi etnici individuati o di persone considerate svantaggiate da un punto di vista psico-fisico, l’applicazione di trattamenti disumani, discriminatori e del tutto contrari ad ogni principio oggi posto a base del riconoscimento dei diritti fondamentali appartenenti ad ogni essere umano.
Nel caso delle leggi scientifiche, la loro introduzione nel contesto socio-culturale umano deve essere preliminarmente necessariamente filtrata dai principi etici e dai principi di diritto che costituiscono lo Stato e valutata alla luce di tali principi.
L’operazione che storicamente è avvenuta, purtroppo, è stata quella di attuare nell’immediato i principi evoluzionistici di nuova scoperta aderendo alla novità e trasfondendoli direttamente nella società umana sotto la spinta dell’impulso allo sviluppo ed alla crescita.
Avremo modo di vedere gli effetti di questo sviluppo nei capitoli che seguono.
E’ opportuno precisare che l’impatto dell’applicazione dei principi darwiniani nella società umana effettuato da quello che venne definito “darwinismo sociale” fu talmente forte che ancora oggi, in palese contraddizione con i diritti umani riconosciuti, continuano a sussistere legislazioni discriminatorie e applicazioni i cui principi naturali malgrado gli Stati di riferimento siano considerati Stati etici e orientati alla piena integrazione delle persone e dei popoli.
Le origini dell’eugenetica
Nel mondo antico, l’espressione di profili di eugenetica era strettamente legata all’appartenenza degli individui a gruppi sociali ben determinati, e quindi connotata da elementi tribali-familiari e da elementi che distinguevano gli individui nei gruppi sociali secondo una scala che ne determinava la casta di appartenenza.
Sebbene alcune concezioni che possono riferirsi a quella che noi definiamo eugenetica, si possano trovare in larga misura nel mondo antico, sia sotto il profilo della programmazione della crescita demografica, sia sotto il profilo della selezione degli individui ritenuti maggiormente adatti a proliferare e rappresentare lo sviluppo dei popoli e dei regni di riferimento, il termine eugenetica è, però, di recente conio ed introduzione.
Il termine eugenetica fu coniato da Sir Francis Galton il quale, partendo dalle teorie sviluppate da Darwin nella sua opera “L’origine della specie”, verificò che nel caso della specie umana l’uomo interviene direttamente sui meccanismi di selezione naturale, deviando in questo modo il corso della natura.
A causa di questi comportamenti “innaturali”, che di fatto intervenivano in aiuto delle persone svantaggiate, si alterava l’equilibrio generato dalla selezione naturale e si produceva, al contempo, un degrado della società che subiva un procedimento di regressione verso la mediocrità.
Galton fu il primo a teorizzare l’ereditarietà genetica di alcune caratteristiche della personalità umana, con riferimento alle qualità morali ed alle qualità intellettuali, secondo quello che viene definito determinismo biologico, ovvero il fatto che il carattere umano viene determinato e connotato dalla biologia e non subisce l’influenza dell’educazione e delle condizioni di vita. In particolare, condusse alcuni studi sulla ereditarietà del genio e del talento, agganciando (del tutto impropriamente) tali aspetti alle teorie darwiniane.
Il contesto in cui si sviluppò tale teoria nell’Inghilterra vittoriana fu quello della rivoluzione industriale che produsse un fenomeno di consistente urbanizzazione e di spopolamento delle campagne.
Le masse di persone che venivano ad abitare il contesto urbano, in cerca di lavoro, costituivano in larga misura la categoria del proletariato, in condizioni economiche spesso al limite della sopravvivenza, nel quale si manifestavano spesso problemi sociali e sanitari quali l’alcolismo, la delinquenza, la tubercolosi e molte delle malattie infettive. Le condizioni economiche di tali categorie di persone spesso non consentivano la possibilità di accesso alle cure, ed i problemi sopra indicati rappresentavano un aggravio di costi sociali ed un deterioramento della capacità lavorativa e produttiva.
In questo contesto si svilupparono le teorie di Galton, che riteneva che dovesse essere affidata alle classi sociali agiate la trasmissione delle qualità ereditarie migliorative della razza umana.
Per Galton l’élite della società britannica era rappresentata dalle antiche famiglie aristocratiche legate all’attività terriera, dagli scienziati e dai professionisti. Lo strato più basso della popolazione costituiva una minaccia all’integrità della società britannica e ne annunciava, anzi, il degrado.
Le teorie eugenetiche di Galton, dunque, si svilupparono su un terreno di fatto diverso dalle teorie originarie e proprie di Darwin, e più appartenenti a quella corrente che poi definita “Darwinismo sociale”, intendendo con esso la teoria secondo la quale la regola delle società umane dovrebbe essere improntata ai criteri di selezione forniti dalla lotta per la sopravvivenza. Il darwinismo sociale si sviluppò dalle tesi di Herbert Spencer e di Thomas Malthus secondo le quali lo Stato non deve intervenire nella lotta alla sopravvivenza che si sviluppa all’interno delle società, non deve applicare interventi solidaristici o agevolativi, perché tali interventi alterano i meccanismi di selezione naturale.
Da tali teorie è successivamente nata la sociobiologia, ovvero quella disciplina che, partendo da una base biologica ed evoluzionistica, studia i comportamenti sociali dettati dalla sopravvivenza dell’individuo o del gruppo sociale.
Galton cercò di applicare i principi dell’evoluzione naturale nell’ambito politico.
Egli affermava che allo stesso modo in cui, tramite la selezione genealogica, era possibile selezionare alcuni tratti nelle specie animali, così fosse possibile farlo anche per la specie umana.
Galton stesso, nelle proprie memorie della mia vita diede una definizione ufficiale della eugenetica, ovvero lo studio dell’ereditarietà sotto controllo sociale, che può migliorare o compromettere le qualità razziali delle generazioni future, fisicamente o mentalmente.
L’approccio di Galton all’eugenetica fu di tipo statistico; pertanto, in considerazione dei tratti caratteristici del fenotipo (è definito tale, l’insieme delle caratteristiche morfologiche e funzionali di un organismo, che costituiscono l’espressione del suo genotipo e delle influenze ambientali), era necessario intervenire con una riproduzione selettiva umana, in grado di potenziare le qualità prescelte.
Si cominciò così ad operare con criteri di selezione classista e razziale, operando sul tasso di natalità differenziale.
Venne a questo punto teorizzato un duplice aspetto dell’eugenetica:
1) Un’eugenetica positiva, consistente nel promuovere la riproduzione e l’incremento demografico dei cosiddetti “desiderabili” ovvero quelle persone che potrebbero trasmettere nella crescita della popolazione, le caratteristiche ereditarie migliorative, favorendo i matrimoni e le unioni di determinate persone, in grado di garantire determinati risultati genetici;
2) Un’eugenetica negativa, consistente nell’adottare politiche di sterilizzazione e di neutralizzazione di tutti quei soggetti definiti “svantaggiati” ed indicati come le cause di progressivo deterioramento della società.
Ad avvalorare le teorie di Galton di fine ottocento, furono tradotti gli studi pubblicati di Gregor Mendel, un biologo e matematico abate agostiniano.
Questi effettuò esperimenti sulle piante per capire i meccanismi e le leggi che regolano l’ereditarietà di alcune caratteristiche.
Tramite i suoi studi riuscì a codificare i meccanismi di trasmissione dei caratteri dominanti e dei caratteri recessivi, dando vita alle leggi sull’ereditarietà dei caratteri ereditari che portano il suo nome.
Per effetto degli studi di Galton e delle teorie di Mendel, si svilupparono discipline per la classificazione delle caratteristiche degli individui, come la fisionomia e la biometria, con le quali effettuare una classificazione della popolazione.
Le classificazioni venivano effettuate principalmente a carico dei criminali e di alcune tipologie di persone che manifestavano particolari disturbi mentali o fisici.
Nel 1907 venne istituita nel Regno Unito la Società per l’educazione eugenetica successivamente ribattezzata Istituto Galton, della quale lo stesso Sir Francis Galton nel 1908 divenne presidente onorario.
La Società per l’educazione eugenetica costituì un elemento di pressione nei confronti del Parlamento del Regno Unito per l’adozione di provvedimenti di sterilizzazione e di internamento nei confronti di tutte le persone affette da ritardo mentale.
Da questi movimenti di pensiero scientifico nascono le politiche di eugenetica che si sono manifestate con programmi di sterilizzazione obbligatoria, segregazione razziale e fino ad arrivare a politiche di genocidio.
Vedremo, nei capitoli di prossima uscita, gli sviluppi dell’introduzione dell’eugenetica nei singoli Stati maggiormente rappresentativi nell’applicazione delle teorie formulate, a partire dagli Stati Uniti d’America, primo Paese a mostrare piena adesione a molte delle formulazioni Galtoniane, ulteriormente elaborate ed adattate al contesto americano.