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EUGENETICA (Parte seconda).

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La diffusione delle teorie eugenetiche, così come formulate da Galton e dalla corrente del darwinismo sociale, malgrado la loro introduzione sia avvenuta in Inghilterra, ha trovato terreno fertile per l’immediata introduzione nelle politiche sociali e nel sistema culturale degli Stati Uniti d’America. Gli Stati Uniti furono la prima nazione ad abbracciare le teorie eugenetiche, introducendone i principi nella legislazione dei singoli stati, inizialmente, per poi trasferire sul piano nazionale l’impatto delle teorie eugenetiche.
Vediamo in quale contesto sociopolitico i vertici istituzionali e scientifici si preparavano ad introdurre la dottrina eugenetica e con quali effetti.

La situazione sociopolitica degli Stati Uniti tra il 1776 e il 1924

Sin dai primi insediamenti coloniali localizzati nella costa est, si era accesa la contesa territoriale con i nativi, ai quali venivano progressivamente sottratti territori destinati a costituire la nuova ossatura della nazione emergente.
La dichiarazione d’indipendenza del 4 luglio 1776, firmata alla Convenzione di Filadelfia nello stato della Pennsylvania, segnava l’inizio della guerra di indipendenza degli Stati Uniti nei confronti madrepatria del Regno Unito, guerra che si sarebbe conclusa il 3 settembre 1783. Tale conflitto aveva visto le 13 colonie nordamericane opporsi alla madrepatria, con l’ingresso in guerra anche delle potenze europee, che si contendevano il dominio sul suolo americano.

La guerra di indipendenza aveva visto anche le forze contrapposte cercare di coinvolgere le popolazioni dei nativi a schierarsi a favore dell’una o dell’altra delle parti.
In particolare gli inglesi, consapevoli delle tensioni che si erano create tra i nativi ed i coloni per l’occupazione dei territori, e delle guerre originate dalla contesa delle risorse naturali già in legittimo possesso dei nativi, cercarono di allearsi con i nativi per fronteggiare la ribellione dei coloni americani. Già dai primi insediamenti, i nativi americani furono costretti ad arretrare concedendo territori, mediante la sottoscrizione di trattati che solitamente prevenivano o concludevano situazioni di conflitto locali. A causa di questa situazione, la maggior parte dei nativi vedeva i coloni come dei nemici antagonisti, e gli inglesi come degli occasionali alleati, non interessati ad impadronirsi dei loro territori e ad estirpare le loro usanze e tradizioni, come invece avevano fatto fino a quel momento i coloni.

Le popolazioni native, già flagellate dalle malattie infettive portate dagli europei, contro le quali non avevano difese, furono ulteriormente colpite a causa del commercio del whisky e della corsa all’oro, a causa della quale si erano inaspriti i conflitti per l’occupazione dei territori, nonché a causa dell’interesse per i territori ricchi dei minerali richiesti dall’industria mineraria .In seguito all’esito della guerra di indipendenza, che vide l’affermazione dei coloni ed il riconoscimento degli Stati Uniti d’America da parte del Regno Unito, con il trattato di Parigi del 3 settembre 1783, la situazione di conflitto sul territorio tra i coloni ed i nativi peggiorò drasticamente, in quanto la maggior parte dei nativi americani nel conflitto si erano trovati schierati con gli inglesi.
Oltretutto con il trattato del 1783 gli inglesi cedettero agli Stati Uniti una grande parte dei territori appartenenti ai nativi americani, senza che questi ultimi fossero avvisati della volontà di tale cessione.
I territori furono letteralmente usurpati a chi li occupava legittimamente da tempo immemorabile.

I nativi costituivano gruppi eterogenei formati in tribù, non avevano maturato un’identità comune, e si trovavano ora nelle singole composizioni territoriali a fronteggiare una nazione emergente.
Il conflitto tra coloni e nativi si radicalizzò con la distruzione delle risorse di cibo, di territorio e di approvvigionamento di questi ultimi: venivano bruciati i campi ed i raccolti, uccisi i bisonti (si stima l’uccisione di circa 70 milioni di bisonti, dei quali ai primi del ‘900 erano rimasti solo 300 esemplari. Una citazione dell’epoca recita “Uccidi ogni bufalo che puoi! Ogni bufalo morto è un indiano scomparso”). Emblematico è da considerarsi il trattato di Fort Laramie del 1868, nel quale le prerogative riservate agli indiani erano indicate nell’art. 11 e venivano così riassunte con una citazione orale “fino a quando il bisonte vivrà, questa terra apparterrà ai Sioux”.
Le popolazioni dei nativi furono tragicamente decimate in quello che molti considerano un genocidio attuato con la modalità dell’annessione territoriale e della sistematica decimazione delle tribù native, i cui superstiti furono confinati in territori esigui, di minor interesse che conosciamo con il nome di “riserve” che tanto richiamano una persistente separazione dal resto della nazione.

In questo periodo di trattati con i nativi si inserisce anche una politica di selezione dell’immigrazione esterna, che culmina nell’approvazione del Chinese Exclusion Act del 6 maggio 1882 con il quale gli stati Uniti proibivano l’immigrazione dei lavoratori cinesi per un periodo di 10 anni.
I precedenti trattati commerciali stipulati tra la Cina e gli Stati Uniti avevano favorito il fenomeno migratorio dei lavoratori cinesi, utilizzati principalmente come manodopera per la costruzione delle ferrovie e delle vie di comunicazione in una nazione in piena espansione territoriale.
Inizialmente si cercò di limitare il fenomeno migratorio consentendo l’ingresso ai soli cinesi di genere maschile, i quali, in assenza delle loro famiglie e delle loro spose, erano così costretti a ritornare in patria per ricongiungersi al proprio nucleo familiare. Tale soluzione non era però apparsa sufficiente, ed il provvedimento del 1882 fu poi rinnovato nel 1892 con il Geary Act e reso permanente nel 1902, rendendo effettiva tale discriminazione migratoria fino al dopoguerra.

Nel 1894 fu fondata l’”Immigration Restriction League” che fu la prima entità associata all’eugenetica, che si proponeva di impedire, a coloro che riteneva non adatti geneticamente ed appartenenti a razze diverse da quella bianca, di entrare negli Stati Uniti d’America, ritenendo che la procreazione derivante dall’immigrazione potesse alterare e deteriorare la razza esistente negli Stati Uniti.
Nel 1850 gli Stati Uniti avevano una popolazione di circa 23 milioni di abitanti; nel 1860 potevano contare su una popolazione di circa 60 milioni di abitanti, all’epoca più dell’Inghilterra e poco meno della Francia che erano le due maggiori potenze mondiali.
La popolazione di questa nuova potenza mondiale era aumentata di quasi un terzo in un decennio.
Il tasso di crescita della popolazione aveva subito una poderosa spinta dall’immigrazione e dalla crescita industriale del Paese, il cui valore si era raddoppiato in dieci anni. Erano già stati costruiti più di 50 mila chilometri di ferrovie e molte altre erano in costruzione grazie alla manodopera degli immigrati.
Ma la spinta allo sviluppo non era stata diffusa ed uniforme in tutto il Paese.
Un’enorme frattura si era creata tra il nord ed il sud degli Stati Uniti: al nord erano allocate quasi tutte le fabbriche, le industrie e gli operai, mentre il sud era rimasto legato alle tradizioni produttive agricole delle proprietà terriere e dei latifondi, la cui ricchezza era fondata soprattutto sul patrimonio umano della forza lavoro costituito da circa 4 milioni di schiavi.

In questo scenario, alle elezioni presidenziali del 1860 fu eletto Abraham Lincoln con il 40% dei voti. Prima del suo insediamento, sette stati del sud si unirono per dare vita alla Confederazione: il 4 febbraio del 1861 i rappresentanti degli Stati di Alabama, Florida, Georgia, Louisiana, Mississippi, Carolina del Sud e Texas si riunirono a Montgomery per costituire una nuova repubblica, creando così la Confederazione, alla quale si unirono anche gli Stati della Virginia, Arkansas, Tennessee e Carolina del Nord dopo l’inizio della guerra di secessione del 12 aprile 1861. La guerra civile americana terminò il 13 maggio 1865 ed ebbe un costo altissimo in vite umane di circa 600 mila morti.
Nella confusione generata dalla guerra civile, proseguiva il conflitto con i nativi che approfittarono dell’occasione per vendicarsi in molti casi dei coloni con incursioni nei loro insediamenti.

In questo contesto di accesa conflittualità, di acquisita indipendenza, e di affermazione e vittoria ottenute in esito al conflitto appena concluso, successivamente al 1983, data di pubblicazione del libro di Francis Galton “Genio Ereditario” nell’ex madrepatria inglese, nel quale viene affrontato il tema della ereditarietà delle caratteristiche intellettive e delle qualità che sono riferibili alla genialità degli individui, cominciano a diffondersi le teorie eugenetiche che si legano immediatamente con il positivismo scientifico e il movimento progressista che fornivano all’epoca la spinta dinamica della nuova nazione.
Gli obiettivi che si proponevano gli Stati Uniti, successivamente alla pacificazione interna dovuta alla conclusione della guerra civile, erano quelli della ricostruzione della società con una spinta alla crescita produttiva, economica, industriale, commerciale e sociale, nonché all’incremento della popolazione.
In nuovo mondo che si è affrancato dai retaggi europei, si propone come una società egualitaria e meritocratica, i cui principi hanno ispirato la vittoria degli stati costituzionali del nord sulla compagine degli Stati confederati.
Il miraggio di una nuova società basata sull’uguaglianza, in cui ognuno ha la propria occasione di affermarsi, arricchirsi e guadagnarsi con merito il proprio posto nella società, attira ancor più un fenomeno migratorio senza precedenti.
Nasce, quindi, l’esigenza di organizzare questa spinta propulsiva strutturando una società migliore, formata da individui migliori che possano garantire la crescita del Paese ed essere all’altezza delle aspettative di una nazione che voleva già affermarsi sul piano internazionale.

L’introduzione dell’eugenetica negli Stati Uniti

La questione sociale che fu oggetto di valutazione in un momento così forte di crescita era relativa all’investimento delle risorse pubbliche: meglio investire in istituti e strutture di sostegno per persone con deficit, ritardi cognitivi, problemi di inserimento sociale, problemi di invalidità fisica e psichica, persone socialmente emarginate, oppure era più opportuno intervenire per ridurre questo tipo di situazioni, riducendo il costo sociale a carico dello Stato e liberando così risorse da investire nella crescita?
La scelta che fu operata, da quel momento in poi, fu quella suggerita dal darwinismo sociale: impedire la riproduzione dei soggetti inadeguati, disagiati e ritenuti inferiori avrebbe portato un duplice beneficio alla nazione emergente: una selezione di individui migliori che avrebbero prodotto future generazioni migliori e un considerevole abbattimento dei costi destinati alla cura ed all’assistenza delle persone deboli, svantaggiate ed ai margini della società, che di fatto ostacolavano (secondo questa concezione) la corsa della nazione al progresso ed al dominio sullo scenario internazionale.

In Inghilterra si parlava già della distinzione tra eugenetica positiva ed eugenetica negativa, ovvero della distinzione tra la spinta ad aumentare la popolazione delle persone sane e con qualità intellettive superiori, e l’intervento per evitare la possibilità di riproduzione di persone che manifestavano problemi.
Il promotore delle teorie eugenetiche negli Stati Uniti fu Charles Davenport, il quale dal 1898 fu nominato direttore della Station of experimental Evolution della Carnegie Institution di Washington, in seguito rinominato Carnegie Department of Genetics. Il Carnegie Institution nel 1902 affidò a Davenport una stazione per gli esperimenti biologici relativi agli studi dell’evoluzione. Davenport nel 1906 fondò la ABA (American Breeder’s Association) che rappresentò la prima corporazione eugenetica degli Stati Uniti. Lo scopo dell’ABA era quello di studiare le leggi dei caratteri della discendenza e promuovere il miglioramento delle piante e degli animali attraverso lo sviluppo di metodi selezionati di riproduzione.

Tra i sostenitori delle teorie eugenetiche promosse dall’ABA vi erano anche scienziati e personalità di grande rilievo come Alexander Graham Bell (che noi conosciamo bene per aver defraudato il nostro Antonio Meucci dell’invenzione del telefono realizzata da quest’ultimo nel 1854, depositando un brevetto nel 1876 ed approfittando delle condizioni di indigenza del nostro Meucci) e il preside della Stanford University David Starr Jordan.
Nel 1914 l’ABA ampliò il proprio campo di indagine volgendosi anche al settore della selezione e della riproduzione di determinati fattori nella razza umana, trasformandosi nell’AGA (American Genetic Association) che pubblicava i propri lavori nel Journal of Heredity.
Davenport nel 1910 divenne direttore del Cold Spring Harbor Laboratory fondò l’ERO (Eugenics Record Office) il cui compito fu quello di creare veri e propri archivi genealogici delle famiglie americane, cercando di dimostrare che i soggetti ritenuti inadatti provenivano da contesti sociali poveri e disagiati. Nell’archivio confluirono poi anche gli individui immigrati negli Stati Uniti.
Già dal 1896 molti stati americani adottarono leggi matrimoniali con criteri eugenetici (1896 stato del Connecticut) vietavano a chiunque fosse epilettico, imbecille, o di costituzione debole di sposarsi.

Nel 1907 lo Stato dell’Indiana fu il primo ad introdurre la legge sulla sterilizzazione obbligatoria, rivolta in questo caso ai prigionieri detenuti maschi, sul presupposto che esistesse un gene della criminalità e che tale gene fosse trasmissibile. Questa prassi fu poi adottata da altri 29 Stati, tra cui quello della Virginia che nel 1924, in un caso reso eclatante dalla decisione della Corte Suprema (Bucks vs Bell), sdoganò definitivamente le politiche di sterilizzazione che continuarono ufficialmente fino al 1979, mentre ufficiosamente si sono protratte a livello locale fino ai nostri giorni, con le politiche abortiste localmente promosse da alcuni Stati.

Le leggi in vigore successivamente al 1907 imponevano la sterilizzazione delle persone definite socialmente disagiate, categoria questa in cui rientravano i malati di mente, gli alcolizzati, gli albini, i talassemici, gli epilettici e alcune categorie di immigrati, come gli irlandesi, gli italiani, gli afroamericani ed i messicani.
Fu adottata ad opera dello psicologo Henry Helbert Goddard dal 1908 sugli immigrati in arrivo il test del quoziente di intelligenza, poi esteso da alcuni stati anche sulla popolazione delle persone disagiate e mentalmente deboli, dapprima per selezionare gli immigrati idonei ad entrare negli Stati Uniti, e poi nell’ambito degli istituti detentivi o degli ospedali psichiatrici per individuare le persone destinatarie dei provvedimenti di divieto di contrarre matrimonio e di sterilizzazione. I test venivano applicati ad Ellis Island nel servizio di controllo dei migranti in ingresso.

Il 26 maggio del 1924 fu promulgato l’Immigration Restriction Act, con il quale veniva impedita l’immigrazione dall’Asia e venivano determinate le quote di immigrati provenienti dal Sud e dall’Est dell’Europa, politica questa che è rimasta in vigore fino agli anni ‘60 del ventesimo secolo.
Nacque la convinzione scientifica che la mescolanza razziale era una delle cause della trasmissione dei difetti genetici degli individui nonché causa del manifestarsi di diversi tipi di problematiche fisiche e psichiche.
I provvedimenti di applicazione dell’eugenetica non erano ancora stati sdoganati a livello costituzionale, ed erano frutto in questo periodo delle singole legislazioni locali e dei singoli stati che venivano emanate per evitare che l’adozione delle pratiche di sterilizzazione potesse dar luogo a responsabilità a carico dei medici o richieste risarcitorie.
Tutto cambiò a partire dalla decisione della Corte Suprema nel caso Buch vs Bell.

Il caso Buch vs Bell

Il Dott. Albert Sidney Priddy era il responsabile della Colonia dello Stato della Virginia per gli epilettici ed i deboli di mente. Egli era un fanatico delle leggi dell’eugenetica che aveva interpretato con criteri arbitrari e discrezionali fino al 1924, eseguendo centinaia di sterilizzazioni forzate in applicazione dei principi che consentivano alla chirurgia di apportare benefici alla condizione fisica, mentale o morale dei detenuti della Colonia. Soprattutto per l’ultimo profilo, quello morale, il Dott. Priddy aveva operato per sterilizzare le donne ritenute immorali, a causa della loro reputazione di promiscuità e propensione ad intrattenere rapporti con gli uomini.

Il 10 settembre 1924 il Dott. Priddy presentò una richiesta al proprio consiglio di amministrazione per sterilizzare Carrie Buck.
Carrie Buck era una paziente di 18 anni del suo istituto che dimostrava un’età mentale di 9 anni. Secondo Priddy la ragazza costituiva una minaccia genetica per la società.
La madre della ragazza, Emma Buck di 52 anni, dimostrava un’età mentale di una bambina di 8 anni e, sempre secondo il Dott. Priddy, aveva precedenti per prostituzione e comportamenti immorali. Emma Buck aveva avuto 3 figli dei quali non era certificabile la paternità. Carrie Buck era quindi stata data in adozione ed aveva frequentato la scuola per cinque anni, raggiungendo il livello scolastico della prima media.
Ebbe però un figlio illegittimo, e questa circostanza fece sì che la famiglia adottiva la affidasse alla Colonia dello Stato della Virginia come debole di mente, dichiarando di non essere più in grado di prendersi cura di lei. Tali fatti indussero il Dott. Priddy a sostenere che il soggetto fosse incorreggibile, e che la ragazza costituisse un pericolo per la società (in realtà fu più tardi accertato che la gravidanza di Carrie Buck era stata causata da una violenza sessuale subita da parte del nipote della madre adottiva, nella circostanza assente a causa di una presunta malattia, e la famiglia adottiva per salvare la propria reputazione imputò il fatto alla immoralità di Carrie).

L’Assemblea Generale della Virginia aveva approvato l’Eugenical Sterilization Act nel 1924, secondo alcuni per dare una legittimazione alla pratica ancora illegale della sterilizzazione ed evitare le azioni legali da parte delle pazienti. Il caso di Carrie Buck fu usato davanti alla Corte Suprema degli Stati Uniti per legittimare il provvedimento dello Stato della Virginia, e legalizzare definitivamente la pratica della sterilizzazione, sdoganando l’applicazione delle pratiche di eugenetica anche sotto il profilo della legittimità costituzionale dei trattamenti eugenetici praticati.
Il tutore di Carrie Buck presentò inizialmente ricorso contro il provvedimento di sterilizzazione davanti alla Circuit Court della contea di Amherst; la difesa legale di Carrie Buck fu tutt’altro che scrupolosa ed efficace, e la sua posizione processuale fu totalmente compromessa a causa delle testimonianze false di persone che non l’avevano mai conosciuta e delle accuse infondate alla stessa rivolte. Carrie Buck perse il giudizio, e il ricorso approdò in secondo grado davanti alla Corte d’Appello della Virginia, davanti alla quale il legale di Carrie si difese con una memoria di 5 pagine. Carrie Buck perse anche il giudizio davanti alla Corte d’Appello.

Il caso finì quindi alla Corte Suprema degli Stati Uniti, davanti alla quale Carrie Buck ed il suo tutore sostennero il diritto di tutti a procreare, nonché la violazione del 14° emendamento per la violazione del principio dell’uguaglianza e di parità di trattamento.
Con una decisione di 8 contro 1, il 2 maggio 1927 la Corte Suprema degli Stati Uniti stabilì che Carrie Buck ed Emma Buck erano deboli di mente e promiscue e che era interesse dello Stato procedere alla sterilizzazione. La sentenza, inoltre, stabiliva che il Virginia Sterilization Act del 1924 non violava la Costituzione degli Stati Uniti, legittimando quindi le procedure di sterilizzazione fino alla loro formale ed ufficiale abrogazione nel 1974.
Il giudice della Corte Suprema Oliver Wendell Holmes concluse la propria argomentazione della sentenza richiamando come precedente per la decisione il caso Jacobson vs Massachusetts ed affermando che “tre generazioni di imbecilli sono sufficienti”.

La legalizzazione dell’eugenetica negli Stati Uniti

L’effetto della sentenza della Corte Suprema fu quello di rendere legali e costituzionalmente valide le pratiche di sterilizzazione negli Stati Uniti. Fino a quel momento già molti stati avevano adottato normative sulla sterilizzazione ma la loro applicazione non aveva finora affrontato il vaglio della compatibilità costituzionale dei provvedimenti. La decisione della Corte Suprema generò una corsa all’aggiornamento delle normative e della legislazione degli stati sul modello di quello adottato dalla Virginia che era stato dichiarato compatibile con la costituzione degli Stati Uniti d’America.

Occorre precisare che lo statuto della Virginia, poi sostenuto dalla decisione della Corte Suprema nel caso Buck vs Bell, era stato progettato in parte dall’eugenista Harry H. Laughlin, sovrintendente dell’Eugenics Record Office di Charles Benedict Davenport a Cold Spring Harbor, New York. Laughlin, già diversi anni prima della sentenza della Corte Suprema aveva teorizzato l’applicazione delle teorie eugenetiche con l’adozione di una legislazione di sterilizzazione in tutto il paese con la predisposizione di un modello che fosse compatibile con la legge costituzionale e potesse essere applicato in tutti gli stati.
Secondo i suoi studi, il mancato utilizzo e la mancata applicazione delle pratiche di sterilizzazione era causato dalla paura dei medici di non avere la copertura normativa che li proteggesse dalle eventuali responsabilità nei confronti dei pazienti.

La legislazione di Laughlin costituì un modello di riferimento per la progettazione delle leggi adottate nella Germania nazista in materia di eugenetica. Lo stesso Laughlin nel 1936 ricevette dottorato onorario dall’Università di Heidelberg. Il caso Buck v. Bell venne poi utilizzato come precedente giurisprudenziale a difesa del funzionario delle SS Otto Hofmann nel processo di Norimberga per le pratiche di eugenetica adottate.

Dalla decisione della Corte Suprema del 1927 le pratiche di sterilizzazione eugenetica negli Stati Uniti aumentarono vertiginosamente, fino ad un caso giudiziario che venne deciso con una lettura diversa e totalmente restrittiva delle pratiche quale fu il caso Skinner v. Oklahoma, 316 U.S. 535 del 1942. La sterilizzazione fu praticata fino agli anni 60 soprattutto in alcuni stati come quello della California che aveva eseguito fino agli anni 60 circa 20.000 sterilizzazioni l’anno. Il programma eugenetico più aggressivo risultò quello adottato dalla Carolina del Nord e messo in funzione dal 1933 al 1977 con l’applicazione dello stesso a persone con quoziente di intelligenza inferiore a 70.

Alle teorizzazioni formulate dalla eugenetica statunitense e fatte proprie dalla American Eugenics Society, nata nel 1921, si aggiungevano le nuove teorie sulla biometria criminale, che costituivano lo sviluppo degli studi innovativi delle teorie antropologiche di Cesare Lombroso, il filosofo giurista e criminologo italiano che per primo teorizzò l’antropologia criminale basando le proprie teorie sulla ereditarietà delle tendenze criminali, e sulla circostanza che alcuni caratteri biometrici costituissero specifici indicatori delle tendenze criminali di alcuni individui.
La criminologia cominciò a distinguere tra fattori biologici e fattori sociali, gli elementi che predisponevano l’individuo al compimento di azioni criminali.

L’attribuzione delle condotte criminali a fattori biologici, implicava una disposizione naturale dell’individuo in grado quasi di giustificare le azioni dello stesso. Il fatto che la natura predisponesse un soggetto a compiere atti criminali, implicava l’impossibilità di intervenire sull’individuo: l’unica soluzione per arginare il fenomeno criminoso era quella di evitare che le caratteristiche biologiche del criminale si potessero propagare ed estendere con la riproduzione e la filiazione.

I procedimenti di sterilizzazione costituivano un rimedio ritenuto efficace contro il diffondersi delle tendenze criminali.
Negli istituti di pena veniva praticata la vasectomia e l’isterectomia per impedire che i criminali potessero avere una progenie in grado di diffondere le attitudini al crimine in nuovi individui.
Prendeva vita una forma di razzismo criminologico.
I programmi e gli studi eugenetici erano stati finanziati dalla Fondazione Rockefeller e da John Harvey Kellogg e da diversi altri fondi sociali. Anche il movimento delle femministe, capeggiato da Margaret Sanger, fu attivo per il controllo delle nascite dei bambini utilizzando metodi come la contraccezione o la sterilizzazione per scoraggiare la riproduzione di soggetti che avrebbero potuto trasmettere malattie mentali o gravi difetti psicofisici.
Negli anni ’30 furono suggerite anche metodologie di eutanasia come conclusione di una vita emarginata e disagiata a carico dei soggetti ritenuti inadatti.

I programmi di sterilizzazione e di eugenetica razziale furono applicati nei confronti della comunità afroamericana, cercando di reclutare esponenti politici e membri di tale comunità per convincere i propri membri ad affidarsi a pratiche di eugenetica.
Margaret Sanger fu la fondatrice di Planned Parenthood, un’organizzazione per la genitorialità pianificata che nel 1939 propose il “Negro Project” con il quale si offriva alle famiglie nere statunitensi il controllo delle nascite per offrire una vita migliore ed alleviare le situazioni di disagio e di ristrettezza in cui spesso versavano gli appartenenti a tale comunità.
L’associazione Planned Parenthood è stata attiva fino ad oggi sul fronte abortista per il controllo delle nascite applicando di fatto l’eugenetica negli Stati Uniti fino all’età contemporanea.

Alcune considerazioni sull’eugenetica negli Stati Uniti

L’introduzione dell’eugenetica negli Stati Uniti d’America ha trovato il proprio ambiente ideale per un pieno riconoscimento ed una trasversale applicazione dei principi scientifici posti a base della teoria, senza incontrare nessun tipo di ostacolo da un punto di vista morale, etico e politico.
La circostanza sconcertante di tale adozione, e dello sviluppo delle teorie eugenetiche in America è storicamente costituita dal fatto che la Germania nazista utilizzò gli Stati Uniti come modello per l’introduzione delle teorie, delle pratiche e della legislazione eugenetica nella società tedesca e per la teorizzazione delle discriminazioni razziali nonché per la assoluta discriminazione operata all’interno della società civile.
L’analisi e la storia dell’eugenetica, per come introdotta e vissuta negli Stati Uniti d’America fino ai giorni nostri, impone delle considerazioni che ci costringono ad una rivisitazione critica della storia di questo Paese e degli effettivi meccanismi di causa-effetto che hanno operato all’interno della società americana dalla sua costituzione ai giorni nostri.

Se la storia ufficiale ci ha sempre dato un quadro idealista e parallelo ai principi della rivoluzione francese di uguaglianza, di libertà e di fratellanza, l’analisi della storia dell’eugenetica negli Stati Uniti ci restituisce una realtà del tutto diversa circa i principi che hanno animato lo sviluppo di questo Paese e la sua costituzione.
Anche la guerra civile americana sembrava restituirci un Paese che volesse adeguarsi ai principi di uguaglianza e libertà espressi nella carta costituzionale. Invece l’eugenetica, nella sua teorizzazione ed ancor più nella sua applicazione negli USA ci restituisce una realtà in cui non c’è uguaglianza, perché la società è divisa da una parte in persone adeguate culturalmente, socialmente, mentalmente e sotto il profilo della razza e delle capacità fisiche, e da altra parte in persone non adeguate, come direbbero gli americani “fit” e “unfit”.

Nell’eugenetica vengono soppressi i principi di libertà, in quanto possono procreare e riprodursi soltanto i soggetti ritenuti idonei. Nell’eugenetica non c’è fratellanza in quanto la divisione degli uomini in categorie e razze impedisce una pari integrazione nella società civile ed è inibito il meccanismo della solidarietà umana nei confronti delle persone che presentano difficoltà o problematiche di sorta.
Sarà quindi tutta da scrivere una controstoria, nella quale il significato della Statua della Libertà e della fiaccola che essa innalza, proprio di fronte a Ellis Island, dove la discriminazione degli immigrati ha istituzionalmente operato per anni, dovrà trovare una nuova definizione e nuovi contenuti che non corrispondono a quelli fino ad oggi offerti dalla storia ufficiale.

Un’ultima considerazione relativa al fatto che nella Germania nazista, che vedremo insieme nel prossimo articolo, la vicenda eugenetica ha trovato la sua conclusione con la fine della guerra e la condanna di un’intera classe dirigente e politica, e persino di un popolo nel processo di Norimberga; negli Stati Uniti, così come in altri paesi che considereremo più avanti quali l’Australia, alcuni paesi del Nord Europa, ed altri Stati, la vicenda eugenetica non si è conclusa, e in alcuni casi ha mutato pelle.

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