I brevetti dei farmaci sono scaduti da un bel po’ di tempo ma, siccome non si investe in ricerca, si cambia il nome, la confezione e si rivende la stessa molecola. Per molte aziende però è ora tempo di decidere: o si investe oppure si chiude. I I dati del rapporto Osmed dell’Aifa, l’agenzia italiana del farmaco, sono molto chiari. Nel 2012 il 55,3 per cento della dosi usate ogni giorno dagli italiani sono state di farmaci con il brevetto scaduto.
Questo accade perché come spiega il direttore generale di Aifa, Luca Pani “Non vengono inventate più molecole classiche. Tutte le malattie più comuni sono coperte da uno o più farmaci. E se le cose vanno avanti così tra dieci anni la stragrande maggioranza dei medicinali venduti in farmacia non avranno brevetto”. Nel 2012 l’Agenzia del farmaco ha riconosciuti solo due prodotti ad alto contenuto innovativo, ovvero farmaci ancora in attesa di dimostrare la loro potenziale novità terapeutica. “Negli Usa la Food and drug administration ha approvato 37 molecole nuove, un numero record” spiega Pani. “Si tratta per lo più di farmaci oncologici o per malattie rare e non dei vecchi blockbuster”. Meno ricerca e più marketing, insomma, è il presente dei nostri medicinali. Chi molto tempo fa ha capito che era ora di innovarsi è sicuramente molto più avanti di aziende rimaste ferme ai vecchi brevetti. La nuova frontiera della ricerca è nelle biotecnologie, nella ricerca di molecole adatte alle patologie rare e nella sempre più forte personalizzazione delle cure. Ma da noi piuttosto che investire si preferisce fare pubblicità a vecchie scoperte e non provare a farne e commercializzarne delle altre.