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Gas dalla Russia, cosa cambia con lo stop alle forniture verso l’Europa?

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domenica, Gennaio 5, 2025

Sulle forniture di gas dalla Russia si è rotta una tregua sostanziale che reggeva nonostante la guerra in Ucraina. I rubinetti di Mosca non si sono completamente chiusi finora per una reciproca convenienza, evidentemente più forte della reciproca intenzione di danneggiare il fronte nemico. Nonostante tutto, attraverso i gasdotti dell’Ucraina il gas è continuato a transitare e, in senso contrario, denaro occidentale è continuato ad affluire nelle casse russe.

Fin dall’invasione del febbraio 2022, accanto al conflitto sul campo, si è sviluppata una guerra economica che ha fatto dell’energia un terreno per misurare le capacità di resistere, da una parte e dall’altra, a uno shock di sistema: l’isolamento della Russia dal mondo occidentale. Sono arrivate, in pacchetti successivi e sempre più stringenti, le sanzioni che hanno provato a raggiungere l’obiettivo dichiarato: indebolire Mosca al punto da rendere insopportabile lo sforzo bellico.

L’obiettivo pieno non è stato centrato, per la capacità di Mosca di aggirare le conseguenze delle sanzioni. E’ stato possibile grazie all’apertura ulteriore ai mercati orientali e al sostegno dei partner commerciali, dalla Cina all’India e alla Corea del Nord, ma anche per le scelte non completamente coerenti dell’Occidente, che ha consentito di tenere in piedi una serie di rapporti economici indiretti tramite le sue aziende e anche, è il caso del gas, di assorbire con meno affanno l’impatto di una integrale indipendenza energetica. Da una parte si sono chiusi i rapporti con Mosca, dall’altra si è provato a limitare i danni di una trasformazione che avrebbe avuto bisogno di più tempo per realizzarsi in maniera ordinata.

La notizia di questi giorni, l’interruzione totale delle forniture di gas che dalla Russia arrivano in Europa tramite l’Ucraina, cambia lo scenario. E lo fa in due direzioni sostanziali che anche lo scambio di accuse sulla responsabilità, e la diversa interpretazione delle conseguenze, contribuiscono a rendere più evidenti. Sono due debolezze ulteriori che possono incidere sui prossimi sviluppi della guerra in Ucraina.

Si acuisce ulteriormente la caratterizzazione dell’economia russa come un’economia esclusivamente di guerra, perché si ridimensiona ancora di più il contributo che arriva dal mercato dell’energia. In questo senso vanno le parole del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, convinto che ci si trovi di fronte “a una delle più grandi sconfitte di Mosca”. Al netto della lettura di parte, un fondamento c’è. Perché Vladimir Putin e la Russia devono fare i conti con un’economia che si sta avvitando in una spirale fatta di inflazione fuori controllo e una crescita spinta solo dall’industria, acciaio e alluminio in testa, legata alla produzione di armi.

Anche le parole riportate dalla Tass della portavoce del Ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, sono significative. “La responsabilità della cessazione delle forniture di gas russo ricade interamente sugli Stati Uniti, sul regime fantoccio di Kiev e sulle autorità degli Stati europei che hanno sacrificato il benessere dei loro cittadini in nome del sostegno finanziario all’economia americana”. Sono parole mirate a indebolire ancora di più quello che resta del sostegno dell’opinione pubblica occidentale alla causa di Kiev. Anche in questo caso, al netto della propaganda, c’è da considerare il dato oggettivo dei costi legati alla difesa dell’Ucraina. E alla sensibilità diversa rispetto allo stesso dato. “L’interruzione del transito del gas attraverso l’Ucraina avrà un impatto drastico su tutti noi nell’Ue, ma non sulla Federazione Russa”, è la valutazione del premier slovacco Robert Fico. L’interruzione di gas naturale russo verso l’Ucraina e i Paesi dell’Unione europea è, secondo il ministro degli Esteri polacco Radoslaw Sikorski, “una nuova vittoria dopo l’allargamento della Nato a Finlandia e Svezia”.

Il ritorno alla guerra del gas riporta ai mesi successivi all’invasione dell’Ucraina e può essere il segnale di una accelerazione verso una soluzione del conflitto. E’ presto per sapere in quali tempi e a quali condizioni possa avvenire ma lo scenario appare nuovamente cambiato.

Fabio Insenga

Fonte: adnkronos.com

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