L’Angolo della Psicologa con la Dott.ssa Marisa Nicolini
IQ. 06/10/2013 – Fin dai primi anni di età il bambino costruisce nella propria mente modelli di se stesso e degli altri, sulla base della ripetizione delle esperienze vissute con la figura di riferimento più importante dal punto di vista affettivo
I sistemi di conoscenza derivanti dall’esperienza (motivazionali), ed in particolare quello dell’attaccamento (più o meno sicuro verso la figura affettiva principale), non solo organizzano il comportamento interpersonale e l’esperienza emozionale, ma consentono anche la rappresentazione mentale di sé e degli altri. Le memorie di precedenti attivazioni dei sistemi di conoscenza e dei loro risultati influenzano le successive modalità di funzionamento dello stesso sistema motivazionale.
Queste vie di rappresentazione delle interazioni, una volta formatesi, producono modelli mentali stabili su cui il bambino basa le sue previsioni relative al comportamento degli altri e quindi il suo comportamento sociale.
La relazione di attaccamento costituisce, perciò, la matrice su cui si forma la rappresentazione mentale di se stesso e degli altri.
Questi modelli rappresentazionali, chiamati Modelli Operativi Interni (MOI), diventano ben presto inconsapevoli e tendono ad essere stabili nel tempo.
La capacità di anticipare gli eventi (previsionale), propria dei modelli operativi interni originati sulla base dell’attaccamento, ben presto diviene così radicata da influenzare le successive relazioni affettive che, in un modo o nell’altro, tenderanno a ripetere la primitiva relazione tra il piccolo e la sua primaria figura di attaccamento.
Il soggetto, insomma, si è costruito uno schema mentale (per lo più inconscio) di come è “l’altro”, di come l’altro lo tratterà e finirà con buona probabilità per selezionare proprio le persone che hanno quelle caratteristiche; il suo comportamento sarà complementare e concorrerà a rinforzare quello dell’altro, in una sorta di circolo vizioso.
Ad esempio, è facile che una persona, già maltrattata da un padre violento e aggressivo, abbia la tendenza a trovare un partner violento, nonostante sogni una persona dolce e accudente, sempre che non sia intervenuto un cambiamento nel suo deposito-informazioni, ossia una critica consapevole dei precedenti vissuti, tramite esperienze diverse (vissute e mentalizzate) o una psicoterapia.
Tipi di attaccamento
Il bambino con un attaccamento sicuro avverte la figura di accudimento come sicura ed accettante, alla quale può accedere liberamente, per cui può alternare la vicinanza con momentanei allontanamenti esplorativi; diventato adulto, egli porterà dentro di sé una valutazione positiva delle emozioni legate all’attaccamento ad un’altra persona ed avrà uno stile di conoscenza aperto, in grado di utilizzare autonomi meccanismi sia creativi che imitativi.
Il bambino con attaccamento insicuro-distanziante si costruisce nel tempo un modello operativo interno in cui, al di là della superficiale idealizzazione, la figura di attaccamento è rifiutante ed inaccessibile, anzi non può manifestarle il profondo bisogno che ha di lei per non farla allontanare e per poter mantenere una certa vicinanza.
Il bambino con un attaccamento insicuro-preoccupato – man mano che i vissuti si sedimentano – si costruisce un modello operativo interno caratterizzato dall’incertezza della disponibilità della figura di attaccamento, che appare imprevedibile, né sicura né impossibile, talvolta lontana e inarrivabile, altre volte invece capace di protezione e vicinanza anche all’eccesso. Per contrastare tale imprevedibilità il bambino si attribuisce il merito o la colpa di conquistare o perdere la vicinanza: l’esito del rapporto dipende dal Sé, avvertito come poco amabile, per cui il soggetto cerca di meritare l’amore dell’altro attraverso buone prestazioni.
Il bambino con un attaccamento disorganizzato, infine, ha avuto ripetute esperienze di rapporto con una figura di accudimento triste, preoccupata o assorta in sé per questioni personali gravissime (lutto recente o non risolto, depressione grave, abusi subiti nell’infanzia, ecc.), poco responsiva verso il bambino. Il piccolo interpreta l’espressione triste e spaventata della figura di riferimento come una minaccia cui non può sfuggire, ma allo stesso tempo non può avvicinarsi per essere rassicurato.
L’esempio dei genitori sui processi dell’autostima
Si conferma ancora una volta l’importanza della disponibilità dei genitori nei primi anni di vita del bambino, nonché dell’educazione alla stima di sé, grazie a figure di riferimento che si prendono cura del bambino insegnandogli come apprezzarsi anche in presenza di frustrazioni; ad avere costanza nelle difficoltà perché sicuramente si troverà una soluzione adeguata; a credere in se stesso perché comunque si è sperimentato il piacere profondo di essere degno e amato in ogni caso.
Insomma, le responsabilità dei genitori sono enormi, proprio perché essi costituiscono il terreno di coltura per un apprendimento primario e diretto: i bambini, per i suddetti processi empatici e imitativi che presto si internalizzano, imparano direttamente da ciò che vedono, dai comportamenti cui assistono quotidianamente più che dalle belle parole di cui a volta proviamo a riempirci la bocca. Il bambino è una vera e propria spugna che non può non assimilare le emozioni del mondo in cui è immerso, quindi il suo cervello apprende, forma collegamenti, associazioni e memorie in ogni situazione. Mentre noi adulti tentenniamo circa il da farsi in una certa situazione, o ci mostriamo fintamente sicuri, i cervelli dei bambini percepiscono e si immedesimano: al termine di una simile elaborazione, che in sostanza nasce da una relazione interpersonale, essi avranno più o meno fiducia in noi, e in definitiva anche in se stessi.
Una riflessione per concludere…
Perché possano genuinamente acquisire confidenza e fiducia nel mondo che li circonda, i bambini debbono poter contare su genitori empatici e autentici, capaci di ammettere le proprie difficoltà senza dimostrare di andare in ansia o in insicurezza per questo. Il coraggio di essere autenticamente se stessi, capaci di affrontare i problemi alla ricerca delle soluzioni possibili, senza per ciò considerarsi indegni e inadeguati, è il migliore esempio che possiamo fornire ai bambini cui dobbiamo insegnare che ciascuno di noi è, sempre, un individuo degno di amore e di considerazione!
Dott.ssa Marisa Nicolini
La Dott.ssa Marisa Nicolini è psicologa e psicoterapeuta, abilitata all’insegnamento della Psicologia Sociale e Consulente Tecnico d’Ufficio del Tribunale di Viterbo.
Collabora, tra l’altro, con la Casa di Cura “Villa Rosa” di Viterbo e con la “Clinica Parioli” di Roma e riceve presso lo Studio di Psicologia Clinica e Giuridica in Via A. Polidori, 5 – Viterbo, cell. 3288727581, e-mail m_nicolini@virgilio.it
Collabora con le Associazioni AIAF (Avvocati di Famiglia e Minori) e Donne per la Sicurezza onlus.
Potete conoscere meglio le sue attività ai seguenti link:
www.marisanicolinipsicologaviterbo.freshcreator.com
http://psicologanicolini.oneminutesite.it
Inoltre potete seguire le sue attività consultando la pagina Facebook http://www.facebook.com/pages/Studio-di-Psicologia-Clinica-e-Giuridica-Drssa-Marisa-Nicolini/177076385739068?ref=ts&fref=ts