Era il 20 maggio 1992, l’atmosfera di Wembley, il vecchio Wembley, faceva respirare tensione ma anche orgoglio per essere giunti all’ultimo atto della Coppa dei Campioni: il Barcellona che ancora quel torneo non lo aveva mai vinto, affrontava la Sampdoria. Per i blucerchiati si trattava di un’occasione più unica che rara. Il Presidente Mantovani aveva acquistato la squadra nel 1979 con uno scopo ben preciso: trasformarla in un club di vertice in Italia e in Europa. Il progetto ambizioso riuscì e si fermò proprio nel momento più bello quando la punizione, a pochi minuti dai calci di rigore della partita più importante della storia della squadra, di Ronald Koeman venne calciata con forza e Pagliuca sfiorò solamente il pallone, i blaugrana divennero campioni d’Europa.
Lui, Gianluca Vialli visse la delusione in prima persona, ebbe due grandi occasioni non sfruttate e non riuscì a ad accarezzare la coppa dalle grandi orecchie. Ma non stiamo parlando di una figura che si arrende facilmente; non ha mai abbandonato la speranza e la voglia di abbracciare quel trofeo iconico. L’anno successivo lasciò la Liguria ma nel biennio precedente tra il 1990 e il 1991 i successi e le gioie furono sconfinati: prima la Coppa delle Coppe vinta da capocannoniere, seguì una medaglia di bronzo al Mondiale di Italia 90 e poi la storia della Serie A: campione d’Italia con 19 gol segnati. La Juventus aveva provato a prenderlo anni prima, quando ancora era un giovane della Cremonese, ma Boniperti non lo ritenne pronto.
“La vita è fatta per il 20% da quello che ti succede, ma per l’80% dal modo in cui reagisci a quello che accade”, uno spirito combattivo, una persona prima di un giocatore capace di non arrendersi e di non lasciare alla fatalità degli eventi il condizionamento del futuro.
“Don’t give in, without a fight”, i Pink Floyd nel 1979 pubblicavano l’album The Wall nel quale era contenuta questa frase che Vialli si sarà ripetuto centinaia di volte; mai arrendersi senza lottare, lui quando Pagliuca subì quel gol decise di non rinunciare all’ambito trofeo, si trasferì alla Juventus e ancora una volta divenne protagonista di un magico biennio. Il secondo campionato italiano nel 1994-95 è stato un antipasto della rivincita, della reazione al passato. Allo Stadio Olimpico di Roma la Juventus vinse la Champions League, Gianluca alza al cielo la coppa che gli era sfuggita anni prima. Con la vittoria della Supercoppa UEFA del 1998 è diventato l’unico attaccante ad aver vinto tutte le quattro coppe europee.
Un centravanti completo che ha fatto della velocità e del dinamismo le sue migliori armi, e la spettacolarità di molti suoi gol è anche frutto della miscela di queste due caratteristiche. Non a caso Gianni Brera gli conferì il soprannome di Stradivialli.
Anche dalla malattia ha saputo trarre un profitto: “Non è esclusivamente sofferenza, ci sono momenti bellissimi; ti può insegnare molto di come sei fatto e la considero come un’opportunità, io non la considero una battaglia, perché il concetto della morte serve per capire e apprezzare la vita”, è un discorso di contrapposizioni, possiamo definire la vita in quanto conosciamo l’esistenza della morte, e lui attraverso queste parole rilasciate a Netflix qualche mese fa lo aveva capito benissimo.
Ha ricoperto tanti ruoli da una posizione vincente, e anche dopo il termine della sua carriera la volontà di superarsi, se stesso e gli avversari, non gli è mai mancata; ma sempre mantenendo il sorriso sul suo volto. È stato anche allenatore giocatore del Chelsea, un doppio incarico ormai in disuso, e poi a carriera finita è stato parte della rinascita italiana dopo la disfatta del 2018. Venne scelto come capo delegazione della nazionale e a quel punto la coppia storica della nazionale italiana venne riformata: Roberto Mancini nel ruolo da CT, ha abbracciato Vialli l’11 luglio 2021, come lo fece dopo i gol che portarono a quello scudetto con la maglia della Samp. I gemelli del gol erano tornati insieme, e l’uno al fianco dell’altro, per un gioco del destino si sono ritrovati a Wembley, un nuovo Wembley coronato di un arco diventato un simbolo ma che in quella finale contro il Barcellona non era neanche stato immaginato. Contro l’Inghilterra la nazionale italiana vince il titolo europeo, una seconda festa per i Gemelli del Gol.
Il 6 gennaio 2023 sancisce il fischio finale della sua ultima partita contro il cancro al pancreas. Mancini non rilascia dichiarazioni il giorno della sua morte, né sui social né ai microfoni dei media , un silenzio sintomo del dolore per la perdita di un amico più che di un compagno di squadra o di un collega.
Ed alla fine, con le sue parole, i suoi gesti e la sua determinazione Gianluca Vialli diventa anche filosofo: imparare dalle avversità, riuscire a capirle e se possibile affrontarle per poi apprendere ed uscirne vincitori. Una filosofia della vittoria con la quale ha insegnato ad una città (Genova) il sapore del successo, che ha poi esteso a se stesso con la Champions League e all’Italia intera con l’Europeo.
Complimenti per il bellissimo ed intenso tributo a Vialli grande uomo sia sul campo che nella vita. Un vero gentleman che sarà sempre ricordato con stima ed affetto.
Bravo Ascanio, hai reso omaggio ad un campione grande nella vita e nello sport. L’omaggio gli è dovuto in particolare ora che di signori sportivi nel calcio non se ne vedono più