Un appuntamento imperdibile è quello sul giornalismo d’inchiesta ed investigativo, tenuto presso il Mam
( Museo delle Arti e dei Mestieri) che ha visto protagonisti Sandro Ruotolo e Michele Albanese, nell’ambito dell’evento“5 giorni di Musica contro le mafie”.
Sandro Ruotolo, napoletano e giornalista di inchiesta, classe 1955, vincitore del “Premio Nazionale Legalità e Sicurezza Pubblica” del 2017, oltre ad altri premi sul giornalismo di estrema rilevanza, come quello “Ilaria Alpi” nel 2014 o del S. Vincent nel 1998; per diversi motivi è molto conosciuto dall’opinione pubblica, in particolare per il suo lavoro da cronista di inchiesta,che lo costringe a vivere sotto scorta su tutto il territorio nazionale. E’anche Presidente del “comitato d’inchiesta sui fenomeni della corruzione, illegalità e camorra”.
Vicino a lui c’è Michele Albanese ,calabrese e giornalista professionista , lavora per il Quotidiano del Sud, l’Ansa e collabora con l’Espresso. E’ suo lo scoop sull’inchino della statua della Madonna di Oppido Mamertino,che poi divenne una caso nazionale, ma la scorta gli viene data a causa delle sue inchieste sulla ‘ndrangheta della piana di Gioia Tauro.
Due giornalisti di razza sono Albanese e Ruotolo, bombardati da lettere anonime, telefonate minacciose, intimidazioni continue, seppure il loro è un servizio di informazione onesta e giusta, tipica dei cronisti investigativi.
A motivarli in questo percorso tortuoso e duro è la passione, quella spinta propulsiva che viene da dentro, e tal fine fanno di questa “passione” un lavoro, un mestiere, una strada da percorrere insieme, laddove esiste un giornalismo di fatti ed informazioni scomode, in grado di scardinare le verità “ non dette” o quelle che non si possono sapere.
“Adesso vivo sotto scorta per alcune inchieste che ho fatto a Napoli ma quando stavo a Roma ho ricevuto delle minacce che erano così dettagliate così da stupire anche me” , sono le parole di Ruotolo durante l’appuntamento a Cosenza sulle mafie, tracciate da una sorta di presa di coscienza sullo stato di cose.
Entrambi sono convinti dell’importanza di informare, in quanto tenere al corrente la gente sull’oggettività delle cose è un dovere, e come tale deve essere ottemperato, al fine di garantire il diritto alla conoscenza da parte dei giovani e di tutti i bisognosi di giustizia.
Si sentono minacciati per colpa di altri giornalisti che non fanno il loro lavoro, quasi un richiamo alle buone pratiche, alla difesa della propria dignità, da non consegnare ai truffaldini di turno, bensì da custodire e tenere al riparo.
Albanese parla anche di scorta e delle conseguenze che essa porta, in ordine al tenore di vita, il quale subisce delle variazioni: non si va più al mare per evitare che altri dicano: “ Ed io pago”; non si va in pizzeria tranquillamente con gli amici, non si può fare più la spesa o guidare soli, semplicemente non si vive l’ordinaria quotidianità; dopodichè entrambi spiegano che la scelta di diventare giornalisti di inchiesta non deve e non può essere dettata dalla brama del potere o per avere soldi in più, smettendo magari di lavorare per altre testate, ma è solo un inno all’informazione trasparente, dettagliata ed equa.
A cura di Matteo Spagnuolo