E’ il 17 Maggio del 1990 quando l’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità) cancellò l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali, definendola una “variante naturale in termini di orientamento sessuale”, ed è per questa motivazione che oggi si celebra la giornata mondiale contro l’omofobia.
Anni di lotte, di battaglie civili, di impegno sociale e di percorsi di inclusione sono stati al centro del dibattito socio-politico, si sono riviste le teorie riguardo l’omosessualità, si sono riuniti i vari movimenti Lgbtq+per affrontare le problematiche intorno alle discriminazioni nei confronti delle persone omosessuali.
La conclusione di tutto questo marasma: l’omosessualità non è una malattia, fa parte dell’essere, ed è triste che ancora nel 2019 si subiscano vessazioni a causa del proprio orientamento sessuale; uno dei motivi eclatanti che inibisce la naturalezza di una variante del comportamento umano sta nella società normo-etero, dove l’eterosessualità viene considerata norma, mentre l’omosessualità una “cosa diversa”, quasi per pochi.
Non si tratta di voler dichiarare a tutti i costi l’omosessualità, a volte latente, altre volte taciuta per via dei pregiudizi e altre volte negata, ma ciò che deve essere rafforzato è il concetto di libertà, in particolare il poter amare una persona del nostro stesso sesso, senza proibizioni o paure ancestrali.
Tuttavia, da alcuni studi condotti in materia di teorie gender, è emerso che esiste l’omofobia interiorizzata, la peggiore, perché nasce dall’accettazione passiva da parte delle persone omosessuali, di tutti i pregiudizi, comportamenti e opinioni discriminatorie appartenenti alla cultura omofoba. Un esempio ci viene fornito da Giulio ( nome di fantasia) che dice: “ Ho conosciuto alcune persone all’interno di alcune associazioni che, anziché tutelare i miei diritti o proteggermi, hanno utilizzato la mia sensibilità per colpirmi, per annullarmi come persona e come membro di un gruppo, dove credevo di poter essere libero ed invece ho trovato “aguzzini dell’anima”, anche perché non tutti gli omosessuali così come gli eterosessuali debbano essere per forza delle belle e brave persone”, in fondo non ci rimane che staccarci dagli stereotipi una volta per tutte.
Ecco, la parola persona deve tornare alla ribalta, del resto la vita si dispiega in un mondo che è tempo e corporeità, nel quale conviviamo con altri, infatti l’interrogativo dovrebbe essere “ E se fosse mio figlio, mia sorella, mia cugina o proprio io”.
E’ obbrobrioso il ritratto ottenuto dal report 2019 di Arcigay, che ha documentato casi di omotransfobia, sono tante le vittime di omotransfobia insultate, picchiate, derise sul posto di lavoro, spesso licenziate o messe a tacere sul piano della visibilità del proprio essere; a tal proposito è intervenuto Gabriele Piazzoni-segretario generale di Arcigay e asserisce: “I numeri e le storie che abbiamo raccolto negli ultimi dodici mesi rafforzano e concretizzano un allarme di cui abbiamo da tempo forte consapevolezza e che ha un legame pregnante con il clima politico in cui il nostro paese è sprofondato”.
Secondo il segretario di Arcigay , le campagne d’odio, anche quando si fermano alle parole, mettono in moto meccanismi della legittimazione della violenza esplosivi, e le manda a dire al leader leghista Matteo Salvini e al senatore Simon Pillon, proprio lui che ha consigliato a Salvini il comizio con il rosario in occasione del Family Day, ed oggi quest’ultimo si ritrova condannato per le sue campagne diffamatorie ai danni delle persone lgbti.
Un faro di luce nell’ombra dell’odio, della violenza e dell’insulto facile arriva dalla legalizzazione in Asia per la prima volta delle nozze gay, un primo step per avviare un processo di educazione alla vita, al rispetto verso il prossimo , un prossimo che dovrebbe urlare al mondo : “ Etero o gay sono tutti figli miei”.
Di Matteo Spagnuolo