IQ. 21/09/2013 – Poveri insegnanti. Non solo sono sottopagati, maltrattati, impegnati a tappare buchi e mancanze di fondi a proprie spese, ora vengono accusati di ignoranza laddove i loro alunni hanno voti pessimi ai test Invalsi. A parte l’ironia, sembra che gli insegnanti dovranno tornare sui banchi di scuola se gli studenti hanno presi bassi voti ai test. La logica dell’articolo inserito nella versione definitiva apparsa sulla Gazzetta ufficiale del decreto-scuola sarebbe questa: se l’alunno ha pessimi voti la “colpa” è dell’insegnante che li ha preparati e che ora va formato di nuovo.
Tutto ciò soprattutto a discapito di quegli insegnanti che lavorano in contesti già difficili, come le zone a rischio o a forte concentrazione di immigrati. Il tutto, ovviamente, senza retribuzione e con aggravio di ore pomeridiane. Il test Invalsi misura le competenze in Italiano e Matematica degli alunni di seconda e quinta elementare, prima e terza media e secondo anno delle superiori. E i risultati peggiori si hanno nel Sud Italia. I sindacati non ci stanno. “Sgombriamo subito il terreno – dichiara Francesco Scrima, leader della Cisl Scuola – da possibili equivoci: non sta né in cielo né in terra che si possa scaricare sugli insegnanti ogni colpa per risultati scolastici insoddisfacenti, quando è fin troppo evidente che il peso determinante è delle condizioni di contesto. Chi spende il suo lavoro nelle aree di più acuta emergenza sociale non merita di essere fatto oggetto di banalizzazioni di questa portata”. Incredulo il commento di Massimo Di Menna, a capo della Uil scuola: “Una formazione obbligatoria, decisa per decreto, senza specificare le modalità, legata agli esiti delle prove Invalsi: ma stiamo scherzando? E poi per quante ore? 20, 40, 200. E chi decide? In ogni caso, ricordiamo al governo che decidere in materia di lavoro per decreto, e non per contratto, non porta lontano”. Giorgio Rembado, presidente dell’Associazione nazionale presidi, vede positivamente il provvedimento: “Sono convinto che l’amministrazione debba farsi carico delle situazioni di disagio e minore successo scolastico e i finanziamenti per la formazione dei docenti vanno proprio in questa direzione”. La cosa certa è che il governo ha stanziato 10 milioni di euro per il 2014. Tenendo conto delle dovute distinzioni tra ottimi, medi e pessimi insegnanti, non sarebbe forse il caso di regolarizzare i precari? Fare l’insegnante è difficile. Ci vuole passione, coraggio, amore e impegno. Ma se ogni anno non si sa dove e se si lavorerà, bisogna arrancare tra tagli e beni di prima necessità che mancano e il più delle volte vengono forniti dalle famiglie stesse, come si può pretendere serenità e impegno? Nel 2013 la scuola non è più quella raccontata dal libro Cuore ma una giungla di mancanze e di rattoppi. E’ giusto premiare chi è più bravo e preparato degli altri ma è, soprattutto, giusto mettere in condizioni lavorative eque e stabili chi lavora. Ed è partendo da una base serena e corretta che poi si potrà encomiare chi ha più capacità e talento.