Più antico delle piramidi egizie e di Stonehenge, il sito di Gobekli Tepe è forse il più misterioso dei templi realizzati in epoca antica perché semplicemente non dovrebbe esistere: la sua datazione, infatti, risale al X millennio a.C., quindi a dodicimila anni fa, in un periodo che si ritiene popolato da individui che non avrebbero dovuto avere le cognizioni e le competenze tecniche per realizzarlo. Ma la Storia ci sta abituando ad ampliare le nostre vedute, e considerare che forse non è esattamente quella che ci hanno insegnato a scuola. Impossibile solo concepire il fatto che dei nomadi impegnati a cacciare e raccogliere i frutti spontanei della terra, si siano un giorno svegliati dicendo “Ehi, perché non ci mettiamo a costruire un tempio megalitico?”. Suona un tantino inverosimile, no? E lo è ancor di più se il tempio in questione è strutturato in un modo tale da far trapelare una sofisticata conoscenza astronomica. Quindi, di cosa stiamo parlando, esattamente? Iniziamo dunque il nostro viaggio in Turchia alla scoperta di un sito sorprendente e incredibilmente ancora poco conosciuto.
La scoperta
Era una giornata come un’altra per il vecchio pastore curdo che si aggirava con il suo gregge nella pianura orientale della Turchia. Nei pressi di un isolato albero di gelso, considerato “sacro” dai locali, notò qualcosa di insolito. Incuriosito, si avvicinò e spazzolando via un po’ di terra, scoprì una strana e grande pietra oblunga. Si rese conto che sia a destra che a sinistra c’erano altre pietre simili. Decise di informare della cosa qualcuno del villaggio. Era un giorno qualsiasi del 1994, e il pastore ancora non sapeva di aver compiuto la più grande scoperta archeologica degli ultimi 50 anni, forse la più importante di sempre. Prima di continuare, dobbiamo precisare che quella del pastore fu una riscoperta, per così dire, perché già nel 1963 un gruppo di ricerca turco-statunitense aveva evidenziato il sito come di interesse archeologico, avendo rinvenuto in esso consistenti cumuli di frammenti di selce, segno di attività umana nell’età della pietra. Ma la cosa finì per essere dimenticata.
Gli scavi
Il ministero dei Beni Culturali turco si mise in contatto con la sede di Istanbul dell’Istituto archeologico germanico e nel 1995 una missione congiunta del Museo di Sanliurfa (che si trova a 18 km dal sito) e dell’Istituto germanico iniziò gli scavi sotto la direzione di Klaus Schmidt, nel corso dei quali vide la luce una imponente costruzione monumentale megalitica, costituita da una collina artificiale delimitata da muri in pietra grezza a secco. Furono inoltre rinvenuti inizialmente quattro recinti circolari, delimitati da pilastri in calcare pesanti oltre 15 tonnellate ciascuno. Gli scavi, che proseguono ancora oggi, hanno rinvenuto altri otto circoli di pietra delimitati da imponenti colonnati di monoliti, alti sei metri. Finora è stata portata alla luce solo una parte delle strutture del sito. Le prospezioni mostrano che si estende su nove ettari e che ci sono vari complessi ancora sepolti, forse una ventina. Alcuni di essi potrebbero essere più antichi di quelli studiati fino ad oggi, che risalgono al X millennio a.C.
Il sito
Come abbiamo già visto, Gobekli Tepe consiste in una serie di recinti circolari in pietra grezza delimitati da enormi pilastri calcarei e da una quarantina di pietre assemblate a forma di T (la testa della quale era quella vista dal pastore), di cui alcune alte anche cinque metri e pesanti 50 tonnellate. Parte di questo materiale è decorato con incisioni e sculture di ispirazione animale, prodotte tra 9600 e 8200 anni prima di Cristo. Vi sono anche incisioni schematiche di figure umane in cui si possono distinguere occhi e braccia oltre a tratti che, forse, rappresentano dei vestiti. Difficile stabilire l’identità degli esseri raffigurati, ma le loro dimensioni e la posizione che occupano al centro del complesso farebbero pensare a delle divinità o a persone che avevano ruoli di comando nella società. Non sono solo le proporzioni colossali a rendere unico il sito ma anche il repertorio iconografico. I pilastri sono decorati con incisioni a rilievo di animali selvatici come cinghiali, volpi, tori, uccelli, serpenti e scorpioni. Si pensa potessero essere spiriti guida che proteggevano i vari clan che si riunivano in quel luogo, o forse i guardiani che difendevano gli esseri di pietra presenti al centro del complesso.
C’è un particolare che ha posto un enorme interrogativo agli archeologi: intorno all’8000 a.C. i frequentatori di Gobekli Tepe seppellirono faticosamente, ma accuratamente, lo straordinario complesso di templi sotto migliaia di tonnellate di pietra sulle quali il pastore curdo avrebbe camminato nel 1994. Nessuno sa perché si siano così tanto dati da fare, considerando che il lavoro di ricopertura fu più faticoso della costruzione stessa del complesso. Ipotesi ce ne sono, anche particolarmente “creative”, come quella che afferma la creazione di una sorta di “capsula del tempo” per preservare informazioni di vitale importanza per i posteri, una sorta di avvertimento su possibili catastrofi che potrebbero abbattersi sul nostro pianeta come già ipoteticamente accaduto 12mila anni fa e di cui il complesso è una commemorazione, la testimonianza di un’antica apocalisse.
Le ragioni costruttive
L’ipotesi sopra citata pone comunque l’interrogativo su quali potessero essere le ragioni che hanno spinto i popoli del tempo a perseguire con enorme sforzo una costruzione così spettacolare. Secondo Klaus Schmidt si trattava di un centro religioso eretto da gruppi di cacciatori-raccoglitori che vi si recavano periodicamente in pellegrinaggio per celebrare un rituale di qualche tipo. Questa interpretazione significava mettere in discussione molte teorie consolidate: le altre costruzioni megalitiche conosciute sono molto più tarde (Stonehenge, per esempio, risale “solo” al III millennio a.C.) e sono opera di società agricole complesse, dotate di un sistema di credenze religiose che ne garantiva la coesione. Se gli edifici di Gobekli Tepe fossero stati costruiti da gruppi di cacciatori-raccoglitori, questo implicherebbe che la religione si è sviluppata prima dell’agricoltura. A cambiare un po’ le carte in tavola è stata la scoperta di abitazioni in pietra adiacenti alla struttura monumentale, testimonianza di una vita sedentaria che precede la pratica dell’agricoltura. Quindi questi luoghi non erano frequentati da gruppi nomadi di pellegrini che si radunavano saltuariamente per praticare qualche culto –come ipotizzava Schmidt- ma da persone che vivevano sul posto, raccoglievano l’acqua in cisterne e forse avevano già trovato il modo di far fermentare i cereali selvatici per ricavarne bevande alcoliche. Per l’archeologo turco, professor Karul, questa era la dimostrazione che si stava costruendo un nuovo ordine sociale, con una vita stabile, in cui le persone avevano più risorse intorno a loro e non dovevano spostarsi per cercare cibo. Vivendo quindi insieme nello stesso posto era logico che anche l’organizzazione sociale si evolvesse. In tale contesto, anche la costruzione di edifici monumentali era decisiva nella definizione di un nuovo ordine sociale.
Una complessa struttura geometrica
Recentemente, due archeologi dell’Università di Tel Aviv, Gil Haklay e Avi Gopher hanno evidenziato l’intricato schema geometrico del sito. Sorprendentemente, la progettazione architettonica ha iniziato a svilupparsi già 15mila anni fa: all’inizio del Neolitico erano già in grado di pianificare e costruire con precisione progetti molto grandi e complessi. In un articolo pubblicato dal Cambridge Archaeological Journal i ricercatori israeliani sono riusciti a riportare alla luce il disegno geometrico che interessa i recinti. Essi hanno scoperto l’esistenza di un punto centrale in ciascun recinto, che hanno identificato non solo nei tre dell’area di scavo principale, ma anche in altri situati all’esterno di esso, notando che il centro di questi recinti si trovava sempre tra i due grandi pilastri centrali allineati con il lato anteriore. Questi pilastri presentavano anche una struttura antropomorfa e una facciata frontale. In ogni recinto basato sui pilastri periferici circostanti è stato trovato un allineamento con il lato frontale stretto: una regola di progettazione astratta. Inoltre, il team ha notato che il ruolo di quei punti centrali degli involucri B, C e D (così sono stati denominati semplicemente i recinti) formavano un triangolo equilatero quasi perfetto. Questa scoperta ha superato una precedente teoria secondo cui i recinti erano stati concepiti e costruiti in fasi non correlate. Alla domanda relativa a come fosse stata possibile la costruzione di un monumento così complesso per l’epoca, i due studiosi hanno spiegato che mentre centinaia di persone hanno contribuito alla costruzione di Gobekli Tepe, la pianificazione è stata probabilmente effettuata da una sola persona e da un piccolo gruppo. Nessuno tra gli archeologi si sarebbe aspettato questo livello di pianificazione in una cultura distante millenni dalle invenzioni della scrittura. Perseguire forme così precise implicava la conoscenza dei sistemi di calcolo e della geometria. Tutto questo ben 12mila anni fa. È pur vero che ci sono alcuni esponenti del mondo accademico alquanto scettici sull’antichità del sito: uno fra tutti l’egittologo Zahi Hawass, del Consiglio Supremo delle Antichità di Giza. Tuttavia, dobbiamo dire che il dottor Hawass, pur godendo di tutta la nostra ammirazione, a volte pecca di ideologismo nazionalista, non ammettendo che possa esistere qualcosa di più antico dei monumenti egizi.
Non possiamo, quindi, esimerci, dal compiere un viaggio nelle ipotesi alternative all’archeologia ufficiale.
Archeologia alternativa
Come avevamo accennato più sopra, l’antichità della struttura ha stimolato la formulazione di ipotesi che entrano nell’ambito dell’archeologia alternativa. Consideriamo tali ipotesi meritevoli di riflessione, perché -ricordiamolo- l’archeologia non è una scienza esatta, ma suscettibile di mutazione in virtù di nuove scoperte. Non c’era agricoltura intorno a Gobekli Tepe 11.600 anni fa quando il sito venne costruito, ma stranamente, nell’esatto momento in cui esso venne creato, l’agricoltura fece la sua comparsa in tutte le regioni intorno ad esso e l’ipotesi più “new Age” che spiega una singolarità del genere si rifà ad una civiltà che già da tempo era in possesso dell’agricoltura, di usanze religiose, e della tecnologia utile ad estrarre e trasportare megaliti, la quale ne addestrò una del luogo mobilitando le comunità locali. Secondo queste teorie alternative, il sito mette in discussione la dottrina consolidata che nega la presenza di civiltà evolute precedenti ai Sumeri o agli Egizi (sempre molto terrestri e per nulla aliene, beninteso). Gobekli Tepe, quindi, riaprirebbe la discussione sulla nascita delle civiltà, dell’agricoltura, del simbolismo, delle religioni e delle organizzazioni sociali. Secondo il noto giornalista investigativo Graham Hancock (forse troppo frettolosamente bistrattato e disprezzato dalla scienza ufficiale) l’importanza astronomica del sito è dimostrata da due aspetti: il primo aspetto è relativo ai simboli animali sui blocchi che non sono messi in modo casuale per abbellire i blocchi stessi, ma rispettano un ordine e rappresenterebbero le costellazioni; il secondo aspetto è relativo all’allineamento dei siti nel corso degli anni. Quando gli archeologi le datarono al carbonio 14, fu chiaro che le quattro aree non furono costruite nello stesso periodo: la struttura più antica risale a 11.600 anni fa e la più recente a 10.500 anni fa anche se, come abbiamo visto, il team israeliano ha confutato questa teoria, anche se per la verità il progetto fu eseguito nel corso dei secoli. Quindi, invece di ammodernare gli edifici che avevano già, continuarono a costruire nuove aree con allineamenti diversi. Cosa stavano seguendo? Sappiamo che il punto esatto in cui sorgono le stelle muta nel corso di migliaia di anni a causa delle oscillazioni e all’inclinazione dell’asse terrestre. Utilizzando dei programmi astronomici che ricreano il cielo di 11mila anni fa e la direzione dell’allineamento dei quattro siti di Gobekli Tepe, è emerso che essi puntavano nella direzione della stella Sirio che, mutando il proprio allineamento nel corso dei millenni, veniva seguito dalle nuove costruzioni, il che spiegherebbe la diversità di direzione della pianta. Ora, come facevano gli uomini dell’età della pietra ad avere simili conoscenze astronomiche? Secondo Hancock i blocchi al centro dei siti raffigurerebbero i civilizzatori che portarono queste conoscenze, ipotizzando che tutte le civiltà antiche avessero accesso ad un bacino condiviso di informazioni pur non essendo a conoscenza della reciproca esistenza. Chi erano questi civilizzatori? Sopravvissuti ad una catastrofe verificatasi durante l’ultima era glaciale e quindi desiderosi di non far andare perdute le conoscenze acquisite? Chi può dirlo? Tuttavia il giornalista focalizza l’attenzione sulla colonna numero 43, sulla quale è rappresentata la posizione delle costellazioni (simboleggiate dagli asterismi animali) ad indicare una precisa data che va dal 10.900 al 10.800 a.C., più di mille anni prima della costruzione del tempio. In quei cento anni accadde un evento climatico drammatico, conosciuto come il Dryas recente, un evento catastrofico che finì quando iniziò la costruzione del Gobekli Tepe. In tale evento, il mondo subì tremendi sconvolgimenti geologici, tra cui immense alluvioni seguiti da più di mille anni di temperature gelide, che provocarono l’estinzione dei mammut e delle tigri dai denti a sciabola. In seguito, circa 11.600 anni fa il congelamento finì con un altro diluvio finale che aumentò il livello dei mari in tutto il mondo. E fu solo allora, quando tornò la calma, che iniziarono i lavori a Gobekli Tepe. In conclusione, sempre secondo Hancock, il tempio potrebbe essere un memoriale in ricordo di un evento che mutò il mondo.
Un mistero che continua
Di sicuro, la presenza di Gobekli Tepe (un sito che non dovrebbe esistere) suscita l’impressione che manchi un pezzo di storia dell’umanità. Le teorie alternative appaiono sotto certi aspetti non privi di una certa logica. Sfortunatamente, le prove mancano e sono solo circostanziali. In fondo, se dovesse essere accaduta una catastrofe che abbia annientato una civiltà avanzata, questa avrebbe seppellito o distrutto ogni prova della sua esistenza. Forse non lo sapremo mai. Ciò che rimane sono i miti e leggende comuni a popoli lontani e diversi fra loro che raccontano praticamente la stessa cosa, come un’eco di immagini sfocate e nebulose, perse nelle pieghe del tempo. Gobekli Tepe è lì a testimoniare, con la sua antichità, che la storia va riscritta. Come disse il professor Steve Mithen: “Gobekli Tepe è troppo straordinario per la mia mente”.