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Governo, parenti in politica? Nel mondo peggio che in Italia ma niente scandali.

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Di ‘cerchi magici’, clan familiari e dinastie che per decenni oppure solamente per un breve periodo hanno occupato scranni, poltrone e ruoli di chiave è piena la storia in tutto il mondo, anche in Italia. Ma solo nel nostro Paese le polemiche sono all’ordine del giorno. E il discorso vale indipendentemente per la destra e la sinistra. Avere un ruolo in politica contemporaneamente a un genitore, a un marito o a un parente asceso ai vertici della politica non è reato. E avviene a ogni latitudine senza che qualcuno gridi allo scandalo o al nepotismo.

I numerosi casi a stelle e strisce

A cominciare dagli Stati Uniti, dai più considerati il faro della democrazia mondiale, dove Bush padre ha metaforicamente consegnato le chiavi della Casa Bianca al figlio otto anni dopo il termine del suo mandato. Nel Paese della dinastia Kennedy, ma anche dei Clinton per restare nel campo democratico, l’allargamento del potere in ambito familiare non è mai stata fonte inesauribile di dispute.

Bill ha dominato la scena negli anni Novanta e solo pochi voti hanno impedito nel 2017 l’arrivo allo Studio Ovale della moglie Hillary, allora segretaria di Stato uscente. L’ex presidente Donald Trump nominò consiglieri la figlia Ivanka ed il genero Jared Kushner. La tradizione dei parenti in politica prosegue con la candidata alla Casa Bianca, Kamala Harris. Maya, la sorella dell’attuale vice presidente, nel 2016 era stata tra i tre consulenti politici della campagna di Hillary Clinton e quattro anni più tardi era stata nominata proprio a capo della campagna di Kamala.

Mariti nominati ministri all’ombra della Torre Eiffel

La storia si ripete in un altro Paese dall’innegabile tradizione democratica come la Francia dove, a scorrere la lista degli inquilini dell’Eliseo, emerge che la parola d’ordine negli ultimi decenni non sia stata certo ‘grandeur’ piuttosto ‘famille’. Francois Mitterand, presidente dall’ ’81 al 95′, ha avuto come erede politico il nipote Frederic, che è stato ministro della Cultura nel 2009. Ministra e candidata (sconfitta) alla presidenza è stata Segolene Royal, moglie di Francois Hollande. Politico di professione è anche Jean Sarkozy, il figlio dell’ex presidente Nicolas.

A destra poi c’è la famiglia Le Pen: dal capo dinastia Jean-Marie, fondatore del Rassemblement National, alla figlia Marine fino alla nipote Marion Marechal, a sua volta moglie dell’ex europarlamentare Vincenzo Sofo. Anche l’attuale premier Gabriel Attal, che ha più di un piede fuori dalla porta di Matignon, ha ceduto alla tentazione e ha nominato Stephane Sejourne – il marito che ha sposato nel 2017 – ministro degli Esteri.

Nel resto del mondo

In America Latina, inoltre, il potere è in molti casi una questione di famiglia. In Brasile il presidente di sinistra Lula ha un figlio Marcos Claudio da anni in politica. Stesso discorso per i figli dell’ex presidente di estrema destra Jair Bolsonaro. Per non parlare poi della famiglia Allende in Cile e dei Castro nella comunista Cuba.

E ancora in Israele, dove l’attuale presidente Isaac Herzog è figlio di Chaim Herzog, sesto presidente dello Stato di Israele per due mandati (dal 1983 al 1993). In Turchia il ‘sultano’ Erdogan non si è fatto scrupoli a nominare il genero Berat Albayrak in diversi incarichi di governo tra cui quello di ministro delle Finanze e anche in Pakistan la dinastia Bhutto ha dominato la scena per anni.

Anche in Norvegia tengono famiglia

Persino in Paesi da sempre ai primi posti degli indici di trasparenza mondiali come Norvegia e Nuova Zelanda, dove l’ex premier Jacinda Harden è cugina di una deputata, non ha scatenato polemiche una certa propensione alla presenza di più membri di una stessa famiglia nei posti di comando. Il caso più emblematico è quello degli Stoltenberg nel Paese scandinavo. Thorvald Stoltenberg è stato tra l’altro ministro della Difesa. Il figlio Jens ha fatto di meglio diventando sia primo ministro che segretario generale della Nato, mentre la moglie quest’ultimo, Ingrid Schulerud, è ambasciatrice. Anche il capo uscente dell’Alleanza Atlantica, Jens Stoltenberg, come Meloni ha un cognato ‘ingombrante’: Johan Jorgen Holst, protagonista degli Accordi di Oslo, è stato ministro degli Esteri e della Difesa.

Eppure sembra che solo in Italia ci siano polemiche. Almeno da quando è premier Giorgia Meloni, che avrebbe la ‘colpa’ di avere nella sua squadra di governo l’ormai ex cognato, Francesco Lollobrigida, come ministro dell’Agricoltura e per aver nominato la sorella Arianna alla guida della segreteria politica e del tesseramento di Fratelli d’Italia.

Fonte: adnkronos.com

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