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I pendolari della salute

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 di Stefania Paradiso

Vengono chiamati anche pazienti migranti gli 800 mila italiani che ogni anno si mettono in viaggio, di solito dal Sud verso il Nord, per sottoporsi a visite, esami, interventi per problemi di salute. In questi casi però non c’è solo la malattia da sconfiggere ma ci sono anche trasferimenti faticosi e costosi, sia per i malati, sia per i familiari.

Il rischio molto spesso è quello di finire nella rete del racket delle case, ovvero alloggi affittati a prezzi altissimi e insostenibili da criminali che approfittano di situazioni di necessità. Oltre 40 associazioni di volontariato hanno denunciato questo accattonaggio osceno e in primavera presenteranno una banca dati con oltre mille possibilità di alloggio per chi viene da lontano per curarsi. Per fortuna ci sono anche esempi positivi ed ospedali che offrono ai “pazienti migranti” aiuti concreti per il trasferimento. Il cosiddetto turismo sanitario ha dei dati impressionanti. “Nel 2010 oltre 535 mila italiani sono stati ricoverati in regioni diverse da quelle dove abitano, altri 220 mila hanno fatto day hospital, 50 mila hanno avuto bisogno di servizi di riabilitazione” spiega Gabriele Pelissero, presidente dell’Aiop (l’Associazione italiana ospedalità privata, che coordina 500 case di cura), e vicepresidente dell’ospedale San Raffaele di Milano. I più attrezzati sono gli ospedali pediatrici perchè se è vero che nessun malato dovrebbe stare da solo, diventa ancor più importante e necessario nel caso dei bambini. L’auspicio sarebbe certo quello di potersi curare bene a prescindere dalla regione di provenienza. Al Sud ci sono medici eccellenti ma mancano le strutture adeguate e i macchinari adatti e per questo motivo, spesso, si corre al Nord. Ma è anche vero che chi sceglie di curarsi in altri posti, per ragioni personali o meno, debba vedersi garantito il diritto alla salute e non rischiare di essere vittima di gente senza scrupoli.

 

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