15/02/2013 IQ di Stefania Paradiso
I ricercatori di Trajectoires et Origines (TeO) degli istituti francesi Ined e Insee, che studiano l’impatto delle origini sulle condizioni di vita e i percorsi sociali, sono arrivati alla conclusione che i primogeniti sono più bravi a scuola. I dati sembrano non subire differenze notevoli nelle differenti classi sociali. Le motivazioni sembrano essere varie. Prima fra tutte i primogeniti sono i soli ad esser stati figli unici godendo, così, della maggiore disponibilità di tempo ed attenzione dei genitori.
I genitori stessi, più giovani alla nascita del primo figlio, avranno investito su di lui aspettative maggiori ed energie. Il primogenito avrà avuto anche condizioni ottimali ambientali, economiche e maggiori spazi. compresi. Con l’arrivo del secondogenito tutto si restringe e le attenzioni e le risorse diminuiscono. Uberto Zuccardi Merli, psicologo nel centro Giamburrasca di Milano, ci tiene a sottolineare che in realtà non è così diretto il legame tra l’essere primogenito e la maggiore bravura a scuola: “Quello del primogenito è un concetto che dipende dall’intensità con cui è stato desiderato dai genitori: non c’è un automatismo psico-biologico. Un bambino può essere bravissimo a scuola e avere una salute psichica pessima. Semplicemente il primogenito viene investito maggiormente dalle aspettative dei genitori e risponde più facilmente alla domanda familiare e istituzionale”. Il dibattito va avanti da decenni e c’è chi sostiene il contrario, ovvero che la storia la fanno i secondogeniti. Sarebbero loro i veri rivoluzionari, quelli che si ribellano, che bruciano le tappe. I secondi nella famiglia non sarebbero per forza secondi anche nella vita. Allora sarebbe più plausibile pensare che ogni figlio, essere umano a sé, sviluppi le capacità e le potenzialità che più gli sono congeniali senza il complesso dell’essere primo o secondogenito.