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domenica, Settembre 8, 2024

Il comfort food.

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domenica, Settembre 8, 2024

Quante volte è capitato di ritrovarsi con la porta del frigo spalancata, alla disperata ricerca di qualcosa da mordere, solo perché si percepiva la necessità di dover sbollire la rabbia? Questo è quello che viene definito “Comfort Food”: cibo che viene utilizzato come vero e proprio conforto emotivo nei momenti di “no” che possono cogliere durante la giornata.

L’importanza della dieta per l’umore e la salute mentale oggi è un dato certo: l’impatto di ciò che mangiamo sul nostro corpo e in particolare sulla nostra salute mentale è noto

Un buon numero di studi scientifici anche non recenti ha stabilito, infatti, una relazione tra cibo e umore soprattutto per quanto riguarda l’aumento o la diminuzione del rischio di depressione, e solo oggi si è capito quanto l’asse intestino cervello sia una larga autostrada a doppio senso di marcia con un continuo scambio di informazioni che si condizionano tra loro.

Del resto, la connessione tra sistema gastrointestinale e cervello (definito connettoma) è forte ed inizia già nell’utero: l’intestino e il cervello infatti provengono dalle stesse cellule embrionali e attraverso il nervo vago questi due organi rimangono connessi grazie ad un sistema di messaggi bidirezionali, mediato da neurotrasmettitori che spiega banalmente perché lo stress può innescare sentimenti di ansia e anche disturbi intestinali.

Ma cos’è il “Comfort Food”

Nella stragrande maggioranza dei casi, il tuo aumento di peso non dipende da cosa mangi durante i pasti: l’aumento è quasi sempre dovuto alle calorie extra che introduci durante la giornata, come risposta a stimoli emotivi, che possono andare dalla noia alla rabbia, da cui normalmente vuoi fuggire. Ovviamente, come è facile immaginare, mangiare non può essere la soluzione a nessun problema.

Chi, in alcuni momenti della vita, non ha sfogato frustrazioni e tristezza nel cibo? Ecco la fame emotiva. Ad esempio, sarà certamente capitato di avere un irrefrenabile bisogno di gelato o di una birra ghiacciata dopo una pesantissima giornata lavorativa. Tutto sommato confortarti in questo modo ti sembra una mossa risolutiva e piuttosto innocua. In realtà, non è affatto così! Il passo perché questa reazione diventi una cattiva abitudine è molto breve. “lo sgarro” non deve essere l’unica alternativa per stare meglio ogni volta che hai avuto una giornataccia, altrimenti l’aspetto emotivo condizionerà sempre in modo pesante le tue scelte alimentari.

Il cibo non viene usato come semplice nutrimento utile ai fini del sostentamento fisico, quale dovrebbe essere, ma come qualcosa di confortante che distoglie l’attenzione dai problemi. Si parla infatti di “Comfort Food”: ovvero cibo assunto con il preciso scopo di calmarti o di spegnere sentimenti negativi che non riesci ad accettare. 

Comfort food nella dieta e l’umore peggiora

Sempre più evidenze scientifiche hanno chiarito che l’elevato consumo di bevande zuccherate, dolci e junk food, sono associati a un maggiore rischio di depressione e che l’effetto di apparente buonumore in realtà è solo momentaneo e dovuto all’innalzamento immediato della glicemia e alla stimolazione di dopamina. Tuttavia questo effetto finisce, inducendoci a mangiarne ancora, fino a sviluppare una vera e propria dipendenza, esattamente come accade per nicotina e alcool, con il risultato di dover aumentare sempre di più le quantità per avere un appagamento che dura per poco.

Tutti abbiamo una scarsa tolleranza alle emozioni negative e invece di affrontare il disagio e accettarlo preferiamo “fuggire”… e il cibo è la tattica perfetta: quando si mangia per soffocare un’ emozione si cade in una specie di trance in cui si ha una sospensione del dolore

Ma appena l’effetto confortante del cibo svanisce, cioè immediatamente dopo aver dato l’ultimo morso, i problemi precedenti preesistenti sono ancora lì ad aspettare, accompagnati però da senso di colpa e una rinnovata frustrazione per non essere stati in grado di frenare l’istinto mordace.

Risultato? Buttarsi nuovamente nel cibo, innescando un CIRCOLO VIZIOSO dal quale è difficile uscire.

Questo è quello che viene definito “Emotional Eating” o, più semplicemente, FAME NERVOSA: qualsiasi emozione troppo intensa che superi la soggettiva soglia di tolleranza può scatenare una abbuffata. L’abbuffata diventa una fuga dalla consapevolezza, una sorta di sospensione dal tempo, dalle emozioni e dalle conseguenze, necessaria al “mangiatore emozionale” per:

  • placare l’ansia
  • riempire vuoti emotivi (delusioni, carenze affettive o semplicemente noia)
  • sfogare la propria rabbia

Ecco cosa si intende per “Comfort Food” e fame emotiva. 

Perché non riusciamo a farne a meno? 

Le ragioni sono diverse e possono essere di natura sia psicologica che fisiologica.

1. Ragioni Fisiologiche 

Alcuni alimenti, come ad esempio la ben nota cioccolata, aumentano la quantità di neurotrasmettitori, come la SEROTONINA, che migliorano l’umore.  La SEROTONINA‬ è un neurotrasmettitore essenziale per il corretto funzionamento della nostra psiche‬ che interviene nel controllo dell’appetito. Non a caso quando si ha un calo dell’umore si avverte l’esigenza di mangiare! La serotonina è sintetizzata a partire da un aminoacido chiamato triptofano‬, che, fortunatamente, è presente in molti alimenti, non solo nel cioccolato! Inoltre, anche l’attività fisica ne stimola la produzione!

La serotonina è anche nota come “molecola della felicità” e solo per il 5% è prodotta nel cervello: la maggior parte viene secreta e immagazzinata nell’intestino. Non deve sorprendere quindi se stati d’ansia, malumore, fino a una vera e propria depressione, sembrano essere associati ad una condizione di disbiosi intestinale. ‬‬‬

Il cibo quindi influenza l’umore anche attraverso la modulazione del microbiota intestinale: diversi studi hanno evidenziato che alcune specie di batteri presenti nell’intestino sono stati collegati a tassi più elevati di depressione. Di fatto, circa il 20% di tutto ciò che mangiamo va al cervello. I neurotrasmettitori e i recettori critici vengono prodotti quando si mangiano nutrienti e amminoacidi specifici. Le cellule gliali, ad esempio, che costituiscono una parte sostanziale del cervello, dipendono dai grassi omega-3.

I minerali tra cui zinco, selenio e magnesio forniscono le basi per l’attività cellulare e il tessuto cerebrale e la sintesi dei neurotrasmettitori che influenzano direttamente l’umore. Ferro, acido folico e vitamina B12 aiutano il corpo a produrre serotonina.

2. Condizionamento Sociale 

Viviamo in una società consumistica nella quale il cibo non è più un semplice nutrimento ma ha acquisito un significato ludico: si mangia per festeggiare un compleanno, per festeggiare il Natale, per festeggiare qualsiasi cosa! Questo comportamento ha determinato nel tempo un collegamento inconscio tra il concetto di cibo e quello di felicità. Per non parlare poi del “bombardamento” mediatico fatto da TV e giornali, tra pubblicità (regresso) e programmi di (dis)educazione alimentare.

3. Soddisfazione Immediata

Le zone cerebrali deputate a regolare l’alimentazione hanno sviluppato un meccanismo di “gratificazione” ogni volta che gusti un gelato o una pietanza ben condita. Il cibo è sempre a portata di mano e fornisce una soddisfazione immediata che può apparentemente colmare qualsiasi vuoto! Essendo noi abituati a volere sempre tutto e subito, quando proviamo un qualsiasi tipo di disagio allungare la mano e afferrare un dolcetto è molto facile!

4. Condizionamento parentale

I genitori (spesso in modo involontario) rafforzano il legame tra auto-conforto e cibo già dall’infanzia.  Ad esempio, dare il biberon ad un bambino che piange per calmarlo, anche se la fame non è il motivo del pianto, è la cosa più semplice! Come consolarlo con un biscotto per un ginocchio sbucciato. Quante volte ti sarà successo da piccolo? Così facendo però hanno creato in te una forte confusione tra lo stato di fame e la richiesta di affetto, confusione che poi può diventare un problema in età adulta.

5. Componente Innata

Esiste infine una componente innata, contro la quale non si può fare molto! L’uomo non è infatti l’unica specie che mangia per trovare conforto. E’ stato fatto uno studio sui topi in cui si è stato dimostrato un collegamento tra aumento dello stress e consumo di zuccheri: quando ai topi veniva iniettato l’ormone dello stress andavano alla ricerca di cibi più ricchi di zucchero. Ricerche successive hanno poi confermato che anche nell’uomo esiste questa relazione: il cibo viene utilizzato per equilibrare gli ormoni dello stress (Dallman et al. 2003).

Il primo passo per uscire dal circolo vizioso del “Comfort Food” è quello di prendere consapevolezza e individuare quali sono le ragioni che ti spingono a farlo, una volta individuato e capito il problema potrai agire per arginarlo! Spero di esserti stata di aiuto, per qualsiasi dubbio non esitare a contattarmi!

La dieta per stimolare il buonumore: meno zuccheri e più verdure

Sebbene sia evidente che uno stato di benessere derivi ovviamente da tanti fattori, la dieta può aiutare a mantenere uno stato di soddisfazione e felicità. In particolare, le diete più ricche di alimenti vegetali (verdure, soprattutto quelle a foglia verde e frutta), cereali integrali ​​e grassi omega-3, sono costantemente associate a una migliore salute mentale. Queste diete sono anche ricche di fibre, che sono il nutrimento essenziale per il microbiota intestinale, che è davvero il motore della salute, compresa quella mentale.

È quindi molto importante mantenere alto l’apporto di fibre attraverso il consumo di alimenti vegetali.

Frutta e verdura colorata

Più colorato è il piatto, migliore è il cibo per il nostro cervello. Gli studi suggeriscono che i composti di frutta e verdura dai colori vivaci come peperoni rossi, mirtilli, broccoli e melanzane possono influenzare l’infiammazione, la memoria, il sonno e l’umore. 

Semi oleosi e frutta a guscio: noci, semi di lino, chia, zucca, sono ricchi di micronutrienti utili al cervello e al buon umore, come zinco, magnesio e acidi grassi polinsaturi.

Pesce: è ricco di acidi grassi omega-3 che hanno proprietà antinfiammatorie. Il pesce è anche una buona fonte di proteine, importanti bacini da cui attingere tirosina e triptofano, precursori della serotonina.

Spezie ed erbe aromatiche

Cucinare con le spezie non solo migliora il sapore del cibo, ma gli studi suggeriscono che alcune spezie riducono l’infiammazione e migliorano persino la memoria.  La curcuma, ad esempio, grazie al suo principio attivo può avere benefici sia per l’attenzione che per la cognizione generale e l’aggiunta di un po’ di pepe aumenta la sua biodisponibilità per il nostro cervello e il nostro corpo. Altre spezie che possono favorire la salute del cervello sono la cannella, il rosmarino, la salvia, lo zafferano e lo zenzero.

Gli alimenti fermentati

Includono yogurt, kefir, verdure fermentate, kombucha (una bevanda fermentata a base di tè), kimchi, un contorno tradizionale coreano di cavolo fermentato e ravanello, e tutti agiscono sull’umore, grazie ancora una volta alla modulazione del microbiota intestinale.

Cioccolato fondente

Meglio evitare il consumo regolare di dolci e zuccheri e optare per il cioccolato fondente in piccole quantità e di buona qualità. Secondo un ampio studio condotto su 14.000 persone, chi mangia regolarmente cioccolato fondente ha un rischio ridotto del 70% di sintomi di depressione. Lo stesso effetto non è stato riscontrato in coloro che avevano mangiato molto cioccolato al latte. Il cioccolato fondente, infatti è ricco di flavonoli, tra cui l’epicatechina, che agisce sull’umore; l’importante è comunque non esagerare.

Attività fisica

Non solo gli alimenti modulano l’umore: l’attività fisica praticata quotidianamente favorisce il rilascio di endorfine e lo stato di benessere fisico e mentale.

BIBLIOGRAFIA

JACKSON S EL AL. IS THERE A RELATIONSHIP BETWEEN CHOCOLATE CONSUMPTION AND SYMPTOMS OF DEPRESSION? A CROSS-SECTIONAL SURVEY OF 13,626 US ADULTS DEPRESS ANXIETY . 2019 OCT;36(10):987-995.  DOI: 10.1002/DA.22950.

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FIRTH J ET AL. FOOD AND MOOD: HOW DO DIET AND NUTRITION AFFECT MENTAL WELLBEING? BMJ 2020;369:M2382 DOI: HTTPS://DOI.ORG/10.1136/BMJ.M2382 

Dott. Febo Quercia – Biologo Nutrizionista
Per info e contatti: cell. 347.5706003

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