Il Tar del Lazio ordina a Report di rivelare le sue fonti dando ragione all’esposto di un avvocato milanese citato in un’inchiesta della trasmissione sugli appalti lombardi. Ed è polemica, con la Rai che annuncia il ricorso al Consiglio di Stato e il conduttore Sigfrido Ranucci che tira dritto: Report, assicura “non rivelerà le sue fonti”.
Mentre la direzione di Rai3 fa sapere di schierarsi al fianco dei suoi giornalisti: la sentenza, dice, “è un precedente gravissimo, un attacco all’indipendenza e all’autonomia dell’informazione”.
Anche la politica, naturalmente, si schiera. E se il capogruppo leghista in Vigilanza Rai Massimo Capitanio accusa azienda e trasmissione di “stucchevole vittimismo” e ricorda alla Rai la necessità di rispettare le sentenze, il leader del Pd Enrico Letta sta dalla parte dei giornalisti: “Le sentenze si rispettano sempre. Ma questa del Tar sulle fonti di Report lascia davvero perplessi. Non vedo come possa resistere agli ulteriori gradi di giudizio”. Mentre dai 5 stelle Primo Di Nicola, vicepresidente della Vigilanza punta il dito sul Tar: la sentenza, scrive, ” crea un pericolosissimo precedente che mette in discussione la segretezza delle fonti giornalistiche e con essa la libertà di stampa” A lanciare l’allarme nel pomeriggio erano stati gli organismi sindacali, la Federazione della Stampa e l’Usigrai, pubblicando su facebook il testo della sentenza, che in pratica assimila Viale Mazzini alla pubblica amministrazione imponendole le stesse regole di trasparenza: “Rispettare le sentenze non vuol dire non poterle criticare”, ribadiscono uno dopo l’altro il presidente della Fnsi Beppe Giulietti e il segretario dell’Usigrai Vittorio Di Trapani, da tempo impegnati in una battaglia per chiedere al governo una maggiore attenzione ai temi dell’informazione. Anzi, sottolineano, “sono l’occasione per chiedere nuovamente a governo e parlamento la necessità di un chiarimento urgente sulla natura giuridica della Rai. I giornalisti che fanno informazione in Rai non possono essere paragonati a funzionari della pubblica amministrazione. Pertanto le norme sull’accesso agli atti devono soccombere di fronte al diritto / dovere del giornalista di tutelare le proprie fonti. Altrimenti nei fatti si azzererebbe qualunque possibilità per i giornalisti Rai di fare il proprio lavoro, e ancor di più di fare giornalismo investigativo, così come nei doveri del Contratto di Servizio”.