Jannik Sinner è il campione di Miami. Ha vinto il torneo della Florida, il secondo Masters 1000 della sua carriera, secondo come la posizione che da oggi occuperà in classifica mondiale, qualcosa che non era mai accaduto al tennis italiano. Una domenica di Pasqua che si tinge di azzurro, come nel 2019 con Fognini campione a Montecarlo, e come stava per succedere tre anni fa proprio con Jannik, proprio a Miami, ma quel giorno i tempi non erano ancora maturi per consacrare il nostro campione. Jannik ha sconfitto Grigor Dimitrov, un giocatore che ha saputo sorprendere in passato e anche in questo torneo, uno di quelli che sembravano aver imboccato il viale del tramonto della carriera e invece dopo questo Miami sarà lui a riportare in top 10 il rovescio ad una mano. Grigor ha sempre mostrato un gioco emozionante, di altri tempi, un “Old Time Rock & Roll”canterebbe Bob Seger. Tuttavia, il bulgaro, dopo le Finals vinte nel 2017 ha finito per navigare nel limbo dei primi turni, con pochi acuti ogni anno nei tornei che contano. Il soprannome di Baby Fed che gli era stato affibbiato ha finito per ridimensionarlo e solo in questa edizione del Miami Open si è rivisto il miglior Dimitrov che prima della disfatta contro Jannik ha sconfitto Zverev, Alcaraz e Hurkacz.
Sinner il volto del tennis
Quando negli anni Dieci secolo scorso, iniziava a diffondersi il movimento artistico del futurismo, uno dei temi più analizzati e raffigurati era quello della dinamica. Dalle poesie di Marinetti ai quadri di Balla a conquistare le scene era il fascino dell’auto da corsa. Un altro artista, Arturo Ciacelli, per trattare questo tema caro ai futuristi ha scelto ha scelto un protagonista diverso: il campo da tennis. Nel 1918 ha dedicato una sua opera al gesto tecnico dello sport con la racchetta, così per la prima volta il fotogramma di un tennista veniva esportato al di fuori dei grandi tornei. Oggi siamo nell’era digitale, nell’era dell’informazione lampo e gli atleti da decenni non hanno più bisogno di pitture o statue come quelle del Foro Italico per diffondere la propria immagine, anzi diventano l’identificazione ed il volto tangibile del loro stesso sport: diventano un’icona per la propria disciplina. Senza avventati riferimenti storici e restando nella contemporaneità, pensiamo a quel che significano oggi Verstappen per la F1, Jokic per il basket, Mahomes per il Football Americano o Paola Egonu per la pallavolo, ed ecco che troviamo la categoria alla quale Jannik Sinner si sta affacciando: sta diventando il prototipo del moderno campione di tennis. Con il numero uno del mondo Novak Djokovic accerchiato da punti interrogativi (ha perso ad Indian Wells con Nardi, saltato Miami e si è congedato con il suo storico coach Goran Ivanisevic), la Volpe Rossa è globalmente riconosciuto come il campione del momento, è per lui che la folla stacca i biglietti ed è grazie a lui se il nostro paese – ormai da almeno 5 mesi- si è riscoperto appassionato della racchetta.
Il torneo di Sinner, dominio assoluto con un occhio alla terra rossa
“Vorrei avere un dritto come quello di Sinner”, quale giocatore o semplice amatore non lo ha pensato almeno una volta in questi mesi. Tuttavia, questa frase assume un carattere profondamente diverso quando a pronunciarla è Serena Williams, una ragazza americana che può vantare un palmares in cui figurano 23 titoli Slam. Serena glielo ha detto personalmente al termine della semifinale contro Medvedev alla quale ha assistito, causando anche un certo imbarazzo nel nostro azzurro che ha raccolto il complimento, ma non si lasciato trasportare dall’elogio nella finale giocata due giorni dopo (a differenza di ciò che accadde a Dimitrov dopo la “condanna” del paragone con Re Roger Federer).
Maturità; è un concetto che Jannik ha ormai fatto suo anche nelle parole di analisi che ha rilasciato a fine partita ai microfoni di Sky Sport: “Ho giocato bene tatticamente e vinto i punti importanti”. Certo, alcuni grossolani passaggi a vuoto di Dimitrov (una volèe alta e uno smash da fondo che riassumono i 23 errori non forzati) hanno reso più agevole la strada all’altoatesino che ha messo l’avversario nella condizione di sceglie tra il cercare il vincente o rinunciare al punto. Sinner così ha vinto il suo torneo, quello che lo ha lanciato nel grande tennis, e ha fatto sua la seconda metà del Sunshine Double riscattando la sconfitta in semifinale con Alcaraz di Indian Wells. Presentandosi dopo l’esperienza californiana “Già caldo più caldo dei Miami Heat” -come canterebbe Max Pezzali in Welcome to Miami – Jannik ha inanellato vittorie contro Vavassori, Griekspoor (l’unica sofferta), O’ Connell, Machac e Medvedev prima di liquidare il bulgaro. Soprattutto Jan ha saputo adattarsi alle piccole ma sostanziali differenze di superficie che la Magic City ha proposto: un campo più veloce, più consono alla rapidità di gioco e di pensiero che ha portato la Volpe Rossa alla seconda posizione nel ranking mondiale. Adesso però per lui ci sarà l’ennesima prova, il test sul clay, la superficie più lenta in assoluto. “La terra rossa è completamente diversa”, Jannik ne è consapevole, ma non dimostra di temere i tornei della primavera europea. Anzi, se dopo aver sconfitto Djokovic in semifinale agli Australian Open aveva dato il buongiorno agli italiani, oggi ha proprio dato appuntamento ai connazionali suoi tifosi: “Buona Pasqua, ci vediamo in Italia visto che a Monte Carlo praticamente siamo lì”.