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Investimenti diretti esteri (IDE). Una risorsa per il Paese

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Investimenti diretti  esteri – IDE – Una risorsa per il Paese – Articolo su Il Giorno del 25 luglio 2020

di Achille Colombo Clerici

Nel 2018 l’Italia, pur avendo scalato una posizione, passando dal sedicesimo al quindicesimo posto nella classifica dei primi 20 Paesi destinatari di investimenti diretti esteri (IDE), resta sempre nella parte bassa della classifica elaborata nel Rapporto 2019 di Unctad: in Europa è preceduta da Olanda, Gran Bretagna, Spagna, Francia, Germania. La Lombardia, la più ricca ed economicamente forte fra le regioni italiane e già uno dei quattro ‘motori d’Europa’( insieme ad Alvernia- Rhone-Alpes, alla Catalogna ed al Baden Wurttemberg ) è addirittura sotto la media del Continente secondo l’indice di competitività regionale elaborato dalla Commissione europea.

Sono dati allarmanti in quanto gli IDE rappresentano degli indicatori della fiducia degli investitori internazionali nei confronti di un Paese, di una regione. Quali le cause?

Se guardiamo a quelli che ritengo essere i cinque pilastri della competitività a livello internazionale  – due a scala locale ( l’ambiente e le infrastrutture) e tre a scala nazionale  ( la burocrazia, il fisco, la giustizia) – possiamo constatare che la Lombardia ha perso terreno relativamente ai primi due – ricordo la scarsa attenzione al collegamento ferroviario svizzero AlpTransit, ma si tratta anche qui di una scelta nazionale  – e l’Italia agli altri tre.

Lo scorso anno l’economia lombarda ha, sia pure di poco, superato i livelli ante Grande Crisi del 2008 (il Paese ancora 3-4 punti sotto); ma è irrimediabilmente frenata da fattori generali nazionali quali la stabilità  e la qualità delle istituzioni, la lentezza della giustizia, l’eccesso di burocrazia, l’inquinamento delle mafie, la carenza di infrastrutture in rapporto alla capacità produttiva, la reattività tecnologica, mantenendo comunque buoni livelli per istruzione universitaria, dimensioni del mercato, export.

Con la pandemia le conseguenze sociali ed economiche saranno, almeno a breve-medio termine, ancora più pesanti. Già nel primo semestre di quest’anno, rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, registriamo a livello nazionale un calo degli investimenti immobiliari dell’ordine del 25%. Mi stupisco perciò quando ascolto voci anche autorevoli, comunque legittime, di dissenso sull’arrivo di capitali stranieri che intendono investire nell’immobiliare di Milano. Se i soldi delle mafie vanno contrastati con ogni mezzo, non mi sembra logico creare ostacoli a chi – soprattutto fondi private equity dal Canada all’Australia passando per gli Stati Uniti – mostra di confermare la fiducia nella nostra economia. 

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