L’Iran non ha alcun interesse a un allargamento della guerra in Medio Oriente, ma “il rischio di un suo coinvolgimento esiste e la ‘linea rossa’ per Teheran è l’eventuale decapitazione di Hamas”, come sarebbe nelle intenzioni di Israele. E’ quanto dicono all’Adnkronos fonti iraniane, sottolineando come Teheran abbia già ottenuto “una vittoria strategica importante il 7 ottobre con l’umiliazione inflitta allo Stato ebraico, ma potrebbe essere tentata di andare oltre”, nel caso di un’operazione massiccia contro Hamas o Hezbollah.
Senza contare che a trascinarla nel conflitto potrebbero essere le milizie foraggiate dal regime iraniano in Iraq, Siria o Yemen e che l’amministrazione Biden, come emerso nelle ultime ore, sta valutando se colpire dopo una serie di attacchi alle basi americane. “In questi giorni i vertici politici a Teheran sono euforici”, sottolineano le fonti, chiarendo tuttavia che gli stessi sentimenti non sono condivisi dalla popolazione. E citano quanto successo allo stadio Azadi della capitale all’indomani degli attacchi del 7 ottobre, come emerge da un video diventato virale: si vedono centinaia di tifosi in occasione del match tra Perspolis FC e Gol Gohar Sirjan FC cantare in coro, ‘Ficcatevi la bandiera palestinese su per il…”, mentre i Pasdaran tentano di issarla allo stadio in solidarietà con Hamas.
Un ulteriore segnale di distanza tra il regime e il popolo, che non ha mai nascosto la rabbia per le quantità di soldi inviate ai gruppi palestinesi e di resistenza a Israele in una situazione di sempre maggiori difficoltà economiche aggravate dalle sanzioni.
Secondo Trita Parsi, vicepresidente del Quincy Institute di Washington, l’Iran, gli Stati Uniti o Israele non hanno alcuna voglia di un allargamento del conflitto, ma l’incapacità di Washington di frenare Israele potrebbe spingere la regione verso un’escalation. “L’unico attore che ha un chiaro interesse a un conflitto più ampio è Hamas, dato che un allargamento della guerra potrebbe cambiare le dinamiche in modo favorevole per loro”, dice Parsi alla Cnn. E allora in assenza di sforzi da parte degli Stati Uniti per tenere a freno Israele, “molti attori regionali si sentiranno costretti a intervenire…quando Israele mobilita 300mila uomini, è improbabile che Hezbollah resti lì seduto a pensare che questo viene fatto solo per dare la caccia ad Hamas”, spiega Parsi.
“È molto ovvio che l’Iran non voglia essere coinvolto direttamente e preferirebbe che fossero coinvolti solo i proxy”, le milizie e i gruppi che sostiene, commenta dal canto suo Sima Shine, capo del programma Iran del think tank di Tel Aviv Inss, Ma Teheran “deve tenere conto del fatto che il mondo non opera in base a ciò che l’Iran decide o vuole”. “Quindi – avverte parlando con la Cnn – se decidono di usare troppo i loro proxy, potrebbero ritrovarsi in una guerra che non vogliono”.
E comunque, nonostante i sentimenti contrari della popolazione, già in fermento contro il regime con le manifestazioni sul velo, il governo sta preparando l’opinione pubblica alla guerra, sostiene Parsi, e lo fanno “cercando essenzialmente di sostenere che si tratta di qualcosa che viene portato sulla soglia della loro casa a causa di quello che gli israeliani stanno facendo e del sostegno americano”.