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LA BANALITA’ DEL LAVARSI LE MANI: IGNAC SEMMELWEIS E GLI ALBORI DELL’ANTISEPSI.

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giovedì, Novembre 21, 2024

Nei due anni di pandemia, fin dall’inizio e ancora oggi, si continua a sottolineare l’importanza, tra le misure preventive e di autodifesa, dell’igiene personale, della disinfezione del lavaggio delLE mani. Proprio quest’ultima pratica, così semplice, così quotidiana, appare così banale, senza che ci si renda conto di quanto sia importante per la riduzione dei contatti o per la semplice igiene personale, né di quanto questi concetti non fossero poi così scontati in passato.

Nel 1846, nella Clinica Ostetrica dell’Ospedale di Vienna, lavorava un giovane medico ungherese, nativo di Pest, Ignac Semmelweis; egli era ossessionato dall’alto numero dei decessi che avveniva nella clinica dove lavorava, dove molte donne decedevano dopo il parto di quella che da allora era definita “febbre puerperale”, una grave patologia caratterizzata da dolori uterini, febbre alta e sepsi, con un’alta mortalità. All’epoca si trattava di una malattia pressoché sconosciuta, per la quale erano state proposte diverse teorie: gas velenosi presenti nell’aria, ristagno di umori nell’utero dopo il parto, compressione dell’intestino causata dal gonfiore uterino.

La Clinica Ostetrica era stata diretta fino al 1823 dal Dottor Johann Boer e fino a quel periodo la mortalità postpartum non era mai stata più alta del 1%. Dopo di lui la Clinica fu affidata al Dottor Johann Klein, che obbligò i suoi assistenti ad eseguire almeno una decina di autopsie al giorno e in seguito visitare le partorienti; egli inoltre aveva fondato una seconda divisione di maternità, gestita solo dalle ostetriche. Negli anni in cui Semmelweis lavorava a Vienna iniziò a notare che la mortalità nel Padiglione I, dove vi erano medici e studenti, si aggirava intorno al 10%, mentre nel secondo, gestito dalle ostetriche, era di circa il 2%; inoltre praticando decine di autopsie a donne decedute per febbre puerperale, egli registrò dei quadri anatomopatologici sempre uguali.

Nel 1847 un collega e amici del medico ungherese, di nome Jakob Kolletshka, morì e Semmelweis iniziò a studiare la sua cartella clinica, trovando un quadro sintomatologico sovrapponibile a quello delle donne affette da febbre puerperale; inoltre fu colpito dalla scoperta che pochi giorni prima l’amico si era tagliato nel corso di una autopsia: era chiaro che i decessi per febbre puerperale e la morte del collega erano ascrivibili alla stessa patologia e il comun denominatore erano le autopsie.

La malattia veniva trasferita per contatto tra medici e studenti e le partorienti, si trattava di una intuizione rivoluzionaria in una epoca dove la microbiologia e la trasmissibilità dei patogeni erano concetti sconosciuti.

Egli obbligò tutto coloro che entravano nel Padiglione I a lavarsi le mani con una soluzione di ipoclorito di calcio, inoltre obbligò il cambio delle lenzuola tra un parto e l’altro. Dopo l’introduzione di queste pratiche, la mortalità per febbre puerperale scese nel 1848 al 5% e l’anno successivo al 2%.

Per questo motivo Semmelweis venne soprannominato “il salvatore delle madri”, ma come spesso accade, l’ottusità di un’ epoca oscurantista, come quella viennese dell’Ottocento, e il rifiuto della possibilità che la causa di una malattia potesse essere il medico stesso, portò astio, gelosia e diffidenza verso quello che era visto da tutti solo come un medico straniero. Il contratto a Vienna non gli fu rinnovato e tornò in Ungheria, dove continuò ad applicare i suoi metodi di antisepsi: purtroppo l’ostilità della comunità scientifica lo portò alla depressione ed, infine, morì in un manicomio nel 1865, solo un anno dopo la dimostrazione data da Pasteur della contaminazione batterica.

Il riconoscimento arrivò alla fine, ma fu postumo; i lavori di Pasteur e di Joseph Lister sull’antisepsi dimostrarono successivamente la correttezza delle intuzioni del medico ungherese; la città di Budapest tra la fine del secolo e l’inizio del Novecento gli dedicò un monumento tombale, una statua e gli intitolò la Clinica Ostetrica. Qualcuno definì quello patito da Semmelweis il più grande errore umano commesso dalla scienza.

Questa vicenda dimostra la correttezza del metodo scientifico, anche se empirico, nello studio di un fenomeno e che un gesto, come quello di lavarsi le mani, per quanto possa sembrare banale, risulti più importante di quanto possa sembrare. E può salvare delle vite.

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