Sono quattro gli omicidi attribuiti a Francesco Giannella, il trentenne a capo della banda che ha seminato terrore e sangue a Manfredonia. Omicidi compiuti tutti per futili motivi.
Gelosia, smania di potere, onnipotenza: questi alcuni dei tratti emersi circa la sua personalità e le responsabilità contenuti nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere per cinque persone e in istituti di pena per due minorenni, emessa dai giudici Elena Carusillo e Patrizia Famà. Le indagini, condotte dagli agenti della Squadra mobile di Foggia e del commissariato di Manfredonia, con l’ausilio dei carabinieri, hanno fatto venir fuori scene raccapriccianti nel quale giovani incensurati e figli di gente perbene, ammazzano per sfizio. Nella band anche due minorenni che ridevano e prendevano in giro le vittime. Un’altra band che rimarrà nella nostra memoria mediatica. Si sovraffolleranno immagini nitide e meno di dichiarazioni, smentite, accuse e poi le confessioni, ma quello che resterà impresso saranno gli omicidi fatti, apparentemente, senza motivazione. Verrebbe da dire tanto, troppo. Però è anche vero che siamo uno Stato di diritto. Il carcere è un istituto di rieducazione e non una sede punitiva. Chi delinque deve poi fare un percorso riabilitativo e provare a guarire per avere diritto ad una nuova possibilità. Da qualsiasi angolazione si guardi è difficile non far prevaricare le emozioni per le due vittime. Ma esiste anche la pietas (nel senso latino di umana compassione) anche per i criminali. Vittime della follia, del dolore, della mente.