Strasburgo ha deciso di non accettare il ricorso con il quale l’Italia aveva chiesto il riesame della Corte europea dei diritti umani che ad agosto aveva bocciato la legge 40 sulla procreazione assistita. Con questa decisione la Corte ha di fatto spalancato le porte alla procreazione medicalmente assistita, nonché alle diagnosi preimpianto alle coppie affette o portatrici sane di malattie genetiche
. A renderlo noto Filomena Gallo dell’associazione Luca Coscioni e Nicolò Paoletti, difensore della coppia Costa Pavan da cui era partito il ricorso. Tutto è nato, infatti, da una coppia, Rosetta Costa e Walter Pavan, i quali hanno scoperto nel 2006, anno di nascita della figlia, di essere portatori sani di fibrosi cistica. Così la piccola è nata malata. La donna, nuovamente incinta, quando ha scoperto che anche stavolta il feto era affetto dalla malattia ha abortito ed ora vuole un figlio sano ma questo può confermarlo solo lo screening. La soluzione sarebbe solo la fecondazione in vitro ma in Italia non è permessa in quanto la legge 40 la prevede solo in caso di sterilità o nel caso in cui il maschio sia ammalato di Aids o epatite B o C. La coppia ha presentato ricorso accusando l’Italia di violare il loro diritto alla vita privata e familiare sancendo una discriminazione rispetto alle altre coppie. Questa disparità di trattamento ha portato nel 2011 quattro mila coppie italiane all’estero per coronare il loro sogno. Di queste la metà sono andate per la fecondazione eterologa, che prevede il ricorso ad un donatore esterno alla coppia e che è vietata nel nostro Paese e le altre per attuare quello che da noi la grande confusione sulla Legge 40 ha vietato. “Il rigetto della difesa del Governo della legge 40 – sottolineano Filomena Gallo e Nicolò Paoletti,- conferma l’orientamento delle Corti Internazionali che avevano già condannato l’Italia con decisione all’unanimità e della Corte inter americana dei diritti dell’uomo che lo scorso dicembre ha stabilito che l’accesso alla fecondazione assistita rientra tra i diritti umani meritevoli di tutela”. La sentenza ha eliminato una penosa discriminazione nell’accesso alle cure. La Corte di Strasburgo ha voluto rimarcare come è nel diritto di ogni persona sapere se il proprio figlio è sano e che per fare questo non si può vietare in alcun modo il ricorso alla fecondazione in vitro per coloro che sono sani anche perché si verrebbe a creare una disparità non giustificata dalla legge. L’Italia e il Parlamento nuovamente richiamati dall’Europa non potranno più far finta di nulla.