“La difficile arte del banchiere” di Luigi Einaudi Ediz. Laterza – presentazione alla Banca d’Italia di Milano – marzo 2017 – IEA informa
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Nel 2016 il Pil dell’Italia registra ancora un -7% rispetto al 2007, l’anno precedente la più devastante crisi del dopoguerra, il peggior risultato tra i principali Paesi europei. L’insufficiente ripresa dell’economia reale ha, tra le conseguenze, il fatto che le banche – le quali finanziano al 90% le piccole medie imprese, ossatura del sistema produttivo nazionale – hanno talvolta difficoltà a svolgere al meglio il loro compito: che è l’arte di conciliare le opposte esigenze di chi presta denaro e di chi lo riceve.
“La difficile arte del banchiere” di Luigi Einaudi, libro ripubblicato da Laterza su iniziativa dell’Associazione Bancaria Italiana e dell’istituto Luigi Einaudi per gli studi bancari, finanziari e assicurativi per rendere onore al grande economista e, nel contempo, richiamarne i valori di riferimento, è stato presentato nella sede della Banca d’Italia di Milano da Antonio Patuelli, presidente dell’Associazione Bancaria Italiana; da Luciano Fontana, Direttore del Corriere della Sera; da Salvatore Rossi, direttore generale della Banca d’Italia. Il saluto introduttivo è stato di Giuseppe Sopranzetti, direttore della sede milanese dello stesso istituto.
Il volume raccoglie alcuni articoli – meglio sarebbe definirli saggi – pubblicati da Einaudi sul Corriere della Sera, dal 1913 al 1924 e l’iniziativa risponde alla volontà delle banche italiane di “onorare il debito di stima e di riconoscenza per quanto Luigi Einaudi ha fatto per al crescita morale, culturale, civile e istituzionale dell’Italia”.
Einaudi ha fatto parte della triade di tre Luigi famosi: Luigi Luzzatti, Luigi Albertini e Luigi Einaudi. Tutti provenivano dall’ambiente del Credito Popolare. Quando Albertini dal Credito Popolare era passato al Corriere della Sera, di cui diventerà direttore storico, aveva chiamato Luigi Einaudi a collaborare alla pagina di economia.
Dopo il commissariamento della Banca d’Italia nel ’44, Luigi Einaudi venne nominato da Bonomi Governatore il 5 gennaio 1945, quando l’Italia era ancora divisa in due ed era un campo di battaglia. Non fu un caso se, in un momento tanto difficile e decisivo, per questo ruolo di altissima responsabilità la scelta cadde su Einaudi: era infatti un economista noto per il suo rigore morale, per i ragionamenti limpidi e lineari, per il linguaggio chiaro e comprensibile al largo pubblico. I suoi articoli raccolti in questo volume, pubblicati sul “Corriere della Sera” tra il 1913 e il 1924, riflettono il momento di difficoltà eccezionali del primo dopoguerra, il fallimento della Banca di Sconto, la crisi del Banco di Roma e di altri istituti.
Questi scritti risultano di un’attualità sorprendente e costituiscono ancora oggi un modello di educazione economica applicata all’analisi e alla discussione delle vicende dell’economia nel momento in cui esse accadono. Leggerli significa scoprire le origini degli atteggiamenti oggi consolidati nella prassi della vigilanza, del controllo e della supervisione dei mercati finanziari. La prospettiva che ritroveremo in ogni pagina è quella in favore della collettività e dell’interesse generale.
Le risposte di Einaudi, articolate e chiarissime, ribadiscono in vari modi il principio che la tutela del valore etico ed economico del risparmio impone allo Stato l’obbligo di non “dare alcuna garanzia, neppure morale, a pro di private imprese. Ogni banca, ogni industria, deve correre le alee inerenti alla sua vita. Se lo Stato garantisse le private iniziative contro le perdite, quale spaventevole abisso si spalancherebbe dinanzi al paese! Ne discenderebbe il venir meno di ogni stimolo a far bene, l’abbandono di quella necessaria prudenza che ogni imprenditore o banchiere adotta quando sa che rischia del suo. Addossare al contribuente le perdite di un dissesto bancario è azione moralmente riprovevole ed economicamente errata. Lo Stato è tenuto sempre a servire gli interessi pubblici, mai quelli privati perché cosi facendo finirebbe per danneggiare lo stesso bene pubblico”.
Affermano inoltre che obiettivo unico del buon banchiere è di impiegare correttamente i denari del depositante: ogni altro obiettivo è estraneo alla buona cultura della banca.