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La lite poi cede il ballatoio, due morti a Scampia.

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giovedì, Novembre 21, 2024

Il dolore e la speranza si intrecciano di nuovo a Scampia, periferia dannata di Napoli ancora una volta teatro di morte.

No, stavolta Gomorra non c’entra.

A determinare il dolore per la scomparsa di un uomo di 29 anni e di una donna di 35 è stato il cedimento – per cause ancora da accertare – di un ponte-ballatoio al terzo piano della Vela celeste, uno dei palazzoni anni ’60 divenuti simbolo del degrado in cui versa la periferia a nord di Napoli.

La speranza invece è legata alle condizioni degli altri tredici feriti – sette i minorenni – tra cui due bimbe in prognosi riservata e altre due donne gravi: l’auspicio è che possano cavarsela. Decisive saranno le prossime ore. Accade tutto nella tarda serata di ieri complice – secondo alcune testimonianze al vaglio degli inquirenti – un litigio per futili motivi tra nuclei familiari imparentati tra loro.

Sono circa le 23. In tanti, richiamati dagli schiamazzi, si accalcano sulla scala metallica, già fatiscente, che fa da spartiacque tra le due ali del fabbricato, una sorta di ponte ballatoio. Almeno quindici le persone che insistono sulla struttura che cede sotto il loro peso: si tratta di otto adulti e sette minorenni. Dal terzo piano, è un volo di diversi metri che si rivela fatale per Roberto Abbruzzo, 29 anni, che muore sul colpo. Non ce la fa neanche Margherita Della Ragione, 35 anni, morta all’arrivo in ospedale per arresto cardiaco. Sette le bimbe in codice rosso ricoverate all’ospedale Santobono: la più grande ha 10 anni, le due più piccole solo 2. Due di loro – 7 e 4 anni – vengono ricoverate in prognosi riservata a causa delle lesioni multiple al cranio: sottoposte ad operazione, sono quelle che preoccupano di più. In ospedale finiscono anche sei adulti dai 23 ai 53 anni: due donne in particolare, secondo quanto riferiscono al Cardarelli, sono gravissime. L’edificio viene fatto evacuare, circa 800 persone. Trecento i minori. Per loro si aprono le porte di casa di amici e parenti ma anche di scuole e palestre. Dagli sfollati la richiesta di poter accedere a un alloggio vero e non di fortuna, magari sfruttando le case requisite alla camorra. E nel pomeriggio scatta l’occupazione della vicina università. 

Tutto ciò in attesa che le verifiche tecniche predisposte restituiscano l’agibilità della struttura. La Vela Celeste è una delle ultime rimaste in piedi a Scampia dopo l’abbattimento delle altre Vele deciso per dare una sistemazione più dignitosa ai residenti e cancellare il marchio di ‘Gomorra’ dal quartiere. Appena ad aprile scorso è stato annunciato il piano di rigenerazione urbana dell’amministrazione comunale con i lavori di riqualificazione proprio della Vela Celeste finanziati per circa 18 milioni di euro. I primi lavori, effettuati a inizio anno, hanno riguardato il seminterrato e il piano terra. “Ma non c’è nessuna relazione – rassicura il sindaco Manfredi – tra le attività in corso e il crollo che è avvenuto a quote alte”. Tesi invece portata avanti dagli abitanti: “con quei lavori -dicono- tremava tutto”. Unanime il cordoglio delle istituzioni. Dalla premier Meloni che si dice addolorata alla Presidente dell’Europarlamento Metsola, ai leader dell’opposizione Schlein e Conte, fino alle istituzioni locali: il presidente della Regione De Luca che, in visita all’ospedale Santobono, assicura aiuti alle famiglie e il sindaco Manfredi giunto sul posto in nottata assieme al prefetto Michele di Bari per coordinare i soccorsi. La Camera dei Deputati osserva un minuto di silenzio. La procura di Napoli, intanto, ha aperto una indagine contro ignoti: crollo colposo e omicidio colposo le ipotesi di reato. “Non lasceremo soli gli abitanti di Scampia – assicura il sindaco Manfredi che ricorda l’obiettivo di terminare il progetto Vele entro il 2027 -. Questa grande tragedia deve essere una spinta ulteriore per andare avanti con il progetto di riqualificazione”. Nelle sue parole riecheggiano ancora una volta il dolore per la tragedia di oggi e la speranza per un futuro migliore. Quello cui hanno diritto gli abitanti di Scampia.

Gli sfollati per protesta occupano alcuni locali dell’Università

Decine di persone che erano state sistemate sotto alle tende in prossimità della Vela Celeste a Scampia hanno occupato per protesta alcuni locali della vicina Università Federico II. A farlo sapere sono gli animatori dello storico comitato ‘Vele di Scampia’. Lo stesso che negli anni ha interloquito con le istituzioni per risolvere il problema dei residenti dei palazzoni di Scampia. “Chiediamo soluzioni veloci a questo momento di emergenza e decisioni strutturali per l’annoso problema dei residenti delle Vele. Non possiamo stare per strada. Tra di noi ci sono donne, bambini e invalidi. E per ora stiamo bene dove stiamo”, dice un portavoce del comitato.

Testimoni: il crollo a Scampia durante una lite su ballatoio

Secondo alcuni testimoni, il crollo del ballatoio a Scampia sarebbe avvenuto mentre era in corso un litigio, per futili motivi, tra due nuclei familiari. Non si esclude, ma al momento si tratta solo di un’ipotesi, che il peso concentratosi sul ballatoio possa avere contribuito al cedimento della struttura già fatiscente. Al momento la Procura non si pronuncia sulla circostanza.

Gli sfollati: ‘Vogliamo una sistemazione vera’

“Ci sono qui a Scampia le case che hanno sequestrato alla camorra. Perché non ci ospitano in quelle abitazione?”. Grida uno degli abitanti della Vela Celeste, accampato da stanotte insieme a centinaia di vicini di casa sotto le tende della protezione civile. Sono 50 gli addetti della Protezione in campo per aiutare le persone sgomberate che temono di non poter tornare a dormire nelle proprie case stanotte. “Ci devono dare una sistemazione – dice una donna – non vogliamo andare nelle scuole o in accampamenti, ci devono trovare una sistemazione vera in albergo perché non faremmo file in scuola davanti ai bagni stanotte. Ci vuole una sistemazione vera”. C’è tensione all’esterno della Vela Celeste dove ora è stato montato un tendone della Protezione Civile alle spalle del cancello che chiude l’accesso all’edificio, alla cui protezione ci sono ora decine di agenti di polizia e carabinieri. Situazione difficile su cui lavorano anche due psicologi della protezione civile. “Qui c’è tanta paura e tristezza – spiega li psicologo Ciro Mayol – perché la propria casa è rifugio e luogo di sicurezza dove ti rifugi a fine giornata. Mettere in gioco la casa ti cade la percezione di sicurezza di casa che ti costruisci giorni per giorno”.

Fonte: ANSA.IT

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