IQ. 16/04/2013 – di Vladimiro Modolo
L’Aquila, 4 anni dopo…
Proprio in questi giorni, 4 anni fa, un’importante città dell’entroterra abruzzese e più di 50 comuni limitrofi, si preparavano a vivere uno dei periodi più difficili e faticosi della loro più recente storia.
Il terremoto che colpì la città di L’Aquila il 6 aprile 2009 alle ore 3:32, rase al suolo interi paesi e praticamente tutto il centro storico del capoluogo abruzzese, causando in tutto più di 300 vittime, 1600 feriti e 65.000 senza tetto.
Quattro anni fa di questi giorni, l’Aquila e dintorni, era un cumulo di macerie e tendopoli, realizzate dalla Protezione Civile per garantire un alloggio di fortuna ai migliaia di sfollati del sisma.
Centinaia di tende e campi attrezzati, sopravvissero diversi mesi prima della consegna delle nuove abitazioni del progetto C.A.S.E. “Complessi Antisismici Sostenibili Ecocompatibili”.
Tuttavia, a 1470 giorni dal sisma, più di 20 mila persone sono ancora fuori dalle abitazioni, cui si aggiungono quasi 6.700 persone con contributo di autonoma sistemazione e addirittura 140 persone ancora sistemate presso alberghi della regione.
Poco e niente di quello che si poteva ricostruire è stato restituito alla popolazione, aggiungendo al dolore, la rabbia e la frustrazione.
Il sindaco, Massimo Cialente parla di “città condannata a morte”, per la mancanza di fondi. “Già sono andati via 3.500 cittadini nell’ultimo anno, soprattutto giovani” ha affermato il primo cittadino aquilano in una recente intervista.
L’Aquila, è a forte rischio di spopolamento dopo che molti cittadini hanno cominciato a lasciare la città per cercare un futuro altrove. Lo stato di desolazione in cui ancora versa il centro storico, alimenta una sensazione “surreale” difficilmente accettabile se si pensa che in Giappone, dopo un sisma ed uno tsunami ben più distruttivo, la ricostruzione è già a buon punto ed un’autostrada è stata ricostruita in soli 6 giorni.
L’impressione è che, dopo i primi mesi in cui L’Aquila fu al centro dell’attenzione mediatica nazionale ed internazionale, la priorità economica dei governi che si sono seguiti sia andata scemando, mentre, come osservato sempre dal sindaco Cialente basterebbe che il Parlamento decidesse di comprare due caccia F-35 in meno per far rinascere il capoluogo abruzzese, cosa che non avviene.
Né fa sorridere una recente stima dei costi complessivi delle 19 new town volute dal governo Berlusconi, le quali, secondo un esponente di “Case matte”, collettivo di cittadini formatosi dopo il terremoto, sarebbero arrivati ad una cifra complessiva di circa 3000 euro al metro quadro a causa di alcuni difetti strutturali degli isolatori sismici istallati nelle case.
Eppure, in questo enorme guazzabuglio, tra burocrazia e sperperi, c’è chi tra gli aquilani non s’è arreso, resistendo allo stato d’abbandono (famosa la manifestazione con le carriole in centro città), chiedendo di partecipare alle consultazioni sulla ricostruzione e rifiutando di attendere il piano case.
Alcuni abitanti di Pescomaggiore, zona colpita dal terremoto in Abruzzo,
invece di aspettare la ‘fortuna’ di un alloggio del Piano Case, a 8 km dal paese e 300 metri più a valle, si sono rimboccati le maniche, realizzando un eco-villaggio auto-costruito, caratterizzato da 7 unita’ abitative in legno e paglia, a basso impatto ambientale per 22 abitanti.
L’iniziativa è stata resa possibile dal gesto di solidarietà di alcuni proprietari hanno messo a disposizione gratuitamente i loro terreni su cui sono state realizzate le case.