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LE CITTA’ DELL’APOCALISSE – EFESO

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mercoledì, Febbraio 5, 2025

Ciò che tu vedi, scrivilo in un libro, e invialo alle sette Chiese, di Efeso, Smirne, Pergamo, Tiatira, Sardi, Filadelfia e Laodicea

Giovanni, Apocalisse 1:11

Le sette Chiese dell’Apocalisse sono sette comunità diocesane situate in Asia minore, nell’attuale Turchia; secondo l’Apocalisse erano le sette comunità cristiane greche più numerose e antiche, ospitate in altrettante città che erano importanti, quindi, per il cristianesimo delle origini, soprattutto per il loro ruolo di crocevia commerciali tra le varie regioni dell’Impero Romano, che ne facilitarono la diffusione. E’ pertanto appropriato, per estensione, parlare di “Città dell’Apocalisse“, in quanto citate nell’omonimo scritto.

In questa serie di articoli che si svilupperà in più parti, ognuna dedicata ad una o più delle città menzionate nell’Apocalisse, andremo a vedere nel dettaglio cosa esse hanno rappresentato nell’antichità, inquadrandole quindi nel corretto contesto storico. Andremo a vedere quali testimonianze archeologiche ci hanno lasciato. Alcune sono molto evidenti e spettacolari, come ad Efeso, mentre altre, purtroppo, non hanno retto alla tempestosa navigazione attraverso il tempo.

Dopo l’uccisione a Roma di San Paolo – che proprio nel teatro di Efeso fu duramente contestato dai venditori di statuine di Artemide – a capo della chiesa di Efeso fu San Giovanni a cui Cristo aveva affidato la madre. L’apostolo fu preso, torturato ed esiliato a Patmo dove, secondo la tradizione scrisse l’Apocalisse.
All’angelo e alla comunità cristiana di Efeso, la sua prediletta, Giovanni indirizza la prima delle lettere alle Sette Chiese dell’Asia, da lui fondate.

Ed è proprio con Efeso, la prima città nominata da San Giovanni che cominceremo la serie delle Città dell’Apocalisse. Efeso ha una storia molto ricca ed è stata una città di notevole importanza nell’antichità. Era considerata una delle città più significative del mondo antico ed era considerata una città santa in quanto dedicata alla dea Artemide.

Oggi Efeso è famosa per il suo vasto e spettacolare parco archeologico che testimonia il passaggio di molte civiltà diverse nel corso della sua storia. La Biblioteca di Celso è forse il suo monumento più iconico ed impressionante, soprattutto quando la sera le sue numerose nicchie sono illuminate dalla luce calda di riflettori sapientemente posizionati per un risultato di notevole suggestione. Ma anche le vie colonnate e pavimentate di marmo che costeggiano le straordinarie Domus terrazzate i cui affreschi ricordano in maniera impressionante quelli di Pompei, sia per stile e per grado di conservazione. I templi, i monumenti funebri, le terme: tutto ci parla di una città fiorente e ricca, il cui più famoso santuario, quello di Artemide, era un colosso grande quattro volte il Partenone!

Ma non è tutto: è di questi giorni la notizia che recenti studi hanno gettato nuova luce sul misterioso cranio ritrovato quasi un secolo fa proprio ad Efeso, nel cosiddetto “Ottagono”, ed attribuito alla sorella di Cleopatra, Arsinoe IV.

Direi, allora, di andare a conoscere meglio tale straordinaria città in questo nuovo articolo della Rubrica “La Stele di Rosetta”, in esclusiva per IQ. Buona lettura.

INDICE DEI CONTENUTI

EFESO

UN SITO SPETTACOLARE

EFESO OGGI

EFESO

Efeso (latino: Ephesus), oggi uno dei più grandi siti archeologici d’Europa, fu una delle più grandi città ioniche in Anatolia, situata in Lidia alla foce del fiume Caistro, sulla costa dell’odierna Turchia. In turco viene chiamata Efes ed è una delle città più antiche e affascinanti della costa occidentale turca. La sua maestosità è stata riconosciuta già in tempi remoti, in quanto fu una delle principali città dell’antichità e una delle dodici città della Lega Ionica. Efeso è stata la terza città più potente del mondo antico dopo Roma e Alessandria d’Egitto. Fu famosa soprattutto per la sua grandezza, la sua cultura, e il suo ruolo importante nel mondo antico. Efeso sorge a pochi chilometri dalla costa Egea ma in passato era bagnata dal mare. La sua posizione era decisamente strategica e oggi Efeso città si erge maestosa a metà strada tra le città di Selçuk e Kuşadasi, a circa 80 chilometri da Izmir.

La posizione di Efeso in Turchia.

LE ORIGINI

Dagli scritti degli Ittiti del XIV sec. a.C. emerge il regno di Akhhiyava, fondato nella zona di Mileto, con l’importante città Apasas, che secondo alcuni era l’antico nome di Efeso. Secondo Strabone invece il nome Efeso deriverebbe da quello di una regina delle Amazzoni, Efesia, le quali sarebbero le fondatrici della città. Sia il nome Efeso che l’insediamento originario risalgono all’epoca pre-greca. Le più antiche testimonianze della presenza di persone nell’area della successiva città di Efeso risalgono alla tarda età del rame, intorno al 5000 a.C. Sempre Strabone riferisce che Efeso fu fondata dagli Ioni guidati sulle coste dell’Anatolia da Androclo, figlio del leggendario re di Atene, Codro. I reperti minoici e micenei rinvenuti a Efeso, tra gli altri, attestano un intenso commercio con Creta e la Grecia micenea.

CRESO

Creso, particolare di un quadro di Claude Vignon.

Morto il fondatore Efeso fu governata dai suoi discendenti fino all’avvento sul trono lidio di Creso, mantenendo ottimi rapporti con la dinastia dei Mermnadi che in questo periodo regnava sulla Lidia. Il primo sovrano con cui la polis entrò in contatto fu Gige il quale però non riuscì a difendere l’Artemision, principale tempio della città, dall’aggressione dei Cimmeri. Nel 652 Ligdami, re dei Cimmeri, attaccò infatti Efeso e diede alle fiamme il santuario della Dea, venerata come “Grande Madre” e le cui caratteristiche erano simili a quelle della Dea greca.

Ristabilito l’ordine i Lidi, per controllare meglio la cittadinanza, favorirono l’insediamento nella polis di tiranni loro simpatizzanti. Sotto uno di questi, Pindaro, la città richiamò l’interesse di Creso il quale inviò un’ambasceria a chiedere la sottomissione di Efeso, ma la richiesta fu rifiutata da Pindaro il quale suggerì agli abitanti di porsi sotto la protezione di Artemide. Erodoto racconta che gli Efesini, per sottrarsi alla conquista, affidarono la polis alla dea e la collegarono il tempio, distante da essa sette stadi, alle mura cittadine con una fune. Creso, timoroso di commettere un sacrilegio, si piegò al volere della dea, non sottomettendo la città e stipulando con essa dei patti che le garantirono una posizione privilegiata rimanendo anche porto reale.

Creso non usò violenza sugli abitanti, anzi li aiutò nella ricostruzione del tempio e in una delle colonne utilizzate fece incidere il suo nome. Il ricco re progettò e finanziò con generosità la costruzione dell’Artemision di Efeso, menzionato, in un epigramma di Antipatro di Sidone, fra le sette meraviglie del mondo antico.

EFESO E LA CONQUISTA PERSIANA

Ciro il Grande.

Nel 547 a.C. circa i Medi, stanziati ai confini sud-orientali della Lidia, furono conquistati dai Persiani e Creso si preparò all’inevitabile campagna militare contro Ciro il Grande di Persia alleandosi con Amasis II d’Egitto, Nabonido di Babilonia e Sparta. I due eserciti si scontrarono presso il fiume Halys, nell’Anatolia centrale, in una battaglia rivelatasi inconcludente. Sopraggiunto ormai l’inverno, Creso, secondo consuetudine, ritirò il proprio esercito, ma fu sorpreso dalla manovra di Ciro, il quale, contravvenendo viceversa all’uso, lo attaccò presso Sardi (capitale della Lidia), sconfiggendolo e imprigionandolo. Fu così che il suo regno cadde nelle mani dei Persiani.

Estensione dell’Impero Persiano.

La guerra dei Persiani si estese alle città ioniche ed Efeso finì nelle loro mani. I persiani utilizzarono il porto e le navi di Efeso e imposero tasse gravose. Le città ioniche, stanche del dominio persiano, si coalizzarono e rivolsero le armi contro i Persiani. A questa lotta però non sembra partecipare Efeso che gode in questo periodo di una moderata indipendenza, almeno nella gestione degli affari interni tanto da introdurre l’ostracismo proprio a favore del partito filopersiano. Questo atteggiamento permise di conservare gli essenziali benefici commerciali e di mantenere alta la reputazione dell’Artemision che non subì alcuna spoliazione: Serse, crudele devastatore di santuari ellenici, si astenne infatti dal distruggere il tempio.

EFESO E I GRECI

Busto di Cimone a Larnaca (Cipro).

La liberazione dal dominio persiano si pose con forza alla fine delle guerre persiane. Gli Ateniesi accolsero l’invito degli Ioni e si presentarono come liberatori: il generale ateniese Cimone assunse così il comando della spedizione e nel 470 liberò le poleis della costa, tra cui anche Efeso e che entrarono a far parte della lega delio-attica dove era tenuta al pagamento di un tributo in denaro.

Con il passare del tempo le città manifestarono insofferenza verso Atene e ciò permise ai Persiani di riguadagnare il controllo sulla regione e determinò lo scoppio della cosiddetta ‘guerra ionica’: il satrapo persiano di Lidia e Caria Tissaferne incitò gli Efesini a ribellarsi contro gli Ateniesi affermando che la sua azione era condotta dietro richiesta della stessa dea efesina. Nel 410 lo stratego ateniese Trasillo tentò di recuperare Efeso attaccandola con una flotta, ma subì una pesante sconfitta davanti alla polis che era divenuta una delle principali basi militari persiane.

Michael Burghers, “Lisandro, ammiraglio spartano”. Senza data. 

Dopo la sconfitta di Atene, i Lacedemoni inviarono subito una flotta sotto il comando di Lisandro ad Efeso, prescelta per la sua posizione strategica come principale base di appoggio della squadra navale peloponnesiaca in Asia Minore. Questo determinò il ritiro dei Persiani, mentre Lisandro si dedicò alla fortificazione della cittadina che assunse l’aspetto di una vera e propria base militare; con l’appoggio anche delle influenti famiglie efesine, Lisandro uscì vincitore dal conflitto e insediò in città un governo oligarchico che rimase al potere almeno fino al 396.

Ripreso il controllo di Efeso, i Persiani vi insediarono il tiranno Syrface. Il suo regime autoritario condusse alla nascita di un partito filo-macedone, poiché la Macedonia appariva agli Efesini come l’unica potenza in grado di fornire loro l’aiuto necessario per recuperare l’autonomia.

EFESO E I MACEDONI

Solo dopo essere uscito vittorioso a Cheronea nel 338 e aver stipulato con i Greci un patto a Corinto, Filippo II si dedicò ai preparativi per la campagna militare in Asia. Gli abitanti di Efeso si ribellarono subito e scacciarono Syrface, ristabilirono la democrazia e, in segno di riconoscenza nei confronti di Filippo, eressero una statua nel tempio.

Statua di Filippo il Macedone a Skopje in Macedonia.

Tuttavia, approfittando del ritiro dei generali macedoni dopo la morte improvvisa di Filippo, gli oligarchici ripresero forza, scacciarono i democratici e favorirono il ritorno al governo della cittadina del tiranno Syrface e di suo figlio. Il despota strinse un patto con Memnone di Rodi il quale, giunto ad Efeso, con i suoi mercenari operò il saccheggio dell’Artemision e l’abbattimento della statua di Filippo.

Alessandro Magno ritratto come il dio Elio.

Nella guerra contro i Persiani Alessandro Magno entrò in Efeso e fu accolto come un dio, dopo la sua morte Efeso nel 313 a.C. cadde sotto il dominio di Kyldop in nome dei Macedoni.

EFESO E I ROMANI

Gli scontri e le lotte di potere si estesero a tutta l’Anatolia per diversi anni e si alternarono a periodi brevi d’indipendenza, periodi di dominio di Pergamo, della repubblica romana, del regno del Ponto, e con la sconfitta ad opera dei Romani di Mitridate VI del Ponto, Efeso fu definitivamente sotto Roma.

Colonna corinzia dedicata a Sesto Apuleio, figlio di Ottavia, fratellastro dell’imperatore Augusto e proconsole dell’Asia, Claros, Ionia, Turchia.

Marco Antonio dopo la battaglia di Filippi venne ad Efeso dove fu accolto con feste dionisiache da lui gradite. Quando i suoi rapporti con Ottaviano cominciarono a peggiorare Antonio mandò il suo esercito in Cilicia e con Cleopatra tornò ad Efeso, le sue navi si unirono a quelle di Cleopatra e ci fu la battaglia di Azio che sancì la vittoria di Ottaviano e la nascita dell’impero romano.

Già nel 29 a.C. il proconsole Sextus Appuleius provvide alla pavimentazione stradale, mentre Ottaviano finanziò la costruzione di due acquedotti. Durante il regno di Ottaviano Augusto, Efeso divenne la capitale della provincia romana nell’Asia Minore, sede del prefetto romano e si trasformò in una metropoli centro di commerci con più di 200 000 abitanti (le rovine rimaste oggi sono quasi tutte del tempo di Augusto). L’imperatore Adriano venne ad Efeso due volte, la seconda nel 129, e si occupò del dragaggio del porto.

IL CRISTIANESIMO

Già nella prima metà del I secolo si era diffusa la nuova religione cristiana e Paolo di Tarso fu ad Efeso nel 53. I commercianti che vendevano statuette di Artemide, istigati da un orefice di nome Demetrio, manifestarono contro San Paolo che aveva criticato la realizzazione delle statuette della dea, al grido di “grande è la Diana degli Efesini!” (Atti, 18:23-21:16). Dopo questo episodio, San Paolo partì per la Macedonia, in seguito tornò nella Ionia ma si stabilì a Mileto.

Possibile identikit di Paolo di Tarso realizzato da un nucleo della polizia scientifica tedesca nel febbraio 2008.

Dopo l’uccisione a Roma di San Paolo capo della chiesa di Efeso fu San Giovanni a cui Cristo aveva affidato la madre.
All’angelo e alla comunità cristiana di Efeso, Giovanni indirizza la prima delle lettere alle Sette Chiese dell’Asia, da lui fondate.
San Giovanni fu preso, torturato ed esiliato a Patmo dove, secondo la tradizione scrisse l’Apocalisse. Sempre secondo la tradizione tornò poi ad Efeso, morì e fu sepolto, secondo quanto disposto nel suo testamento, nel luogo dove si trova la chiesa a lui dedicata. Le più accreditate tesi sulla storia delle Scritture concordano nell’identificare in Efeso il luogo in cui fu scritto il Vangelo secondo Giovanni, tra il 90 e il 100 d.C.

I GOTI E LA DISTRUZIONE DEL TEMPIO DI ARTEMIDE

Nell’anno 262 una flotta di 200 navi di Goti partita dalla Crimea passò il Bosforo e raggiunse e invase Efeso dove distrusse bruciandolo il tempio di Artemide. Il tempio, considerato una delle Sette meraviglie del mondo antico, fu ricostruito dagli Efesini. Fu, quindi, distrutto ancora una volta e definitivamente nel 401 per ordine di san Giovanni Crisostomo, arcivescovo di Costantinopoli.

IL CONCILIO DI EFESO

Nel 431 si tenne il Concilio di Efeso, su disposizione dell’imperatore Teodosio II, per sedare due fazioni contrastanti: la prima sosteneva che Maria fosse, oltre che Madre di Cristo (Cristòtokos), anche Madre di Dio (Theotòkos), professando la duplice natura di Gesù, umana e divina; l’altra invece era convinta che Maria fosse madre solo di Gesù uomo. Al concilio parteciparono duecento vescovi.

Charles-Antoine Bridan, Condanna di Nestorio al Concilio di Efeso nel 431, Bassorilievo, 1787, coro della cattedrale di Notre-Dame di Chartres.

Nei verbali del concilio si scrive che Giovanni prese con sé Maria e venne ad Efeso e si stabilì per un periodo a Museion, che era proprio nel posto dove è la chiesa della Madonna. San Giovanni nonostante l’età avanzata viaggiò in tutta l’Anatolia per diffondere il cristianesimo, mentre cresceva l’ostilità contro i Cristiani.

IL MEDIOEVO E IL DECLINO

Efeso rimase la città più importante dell’Impero Romano d’Oriente in Asia dopo Costantinopoli nei secoli V e VI. L’imperatore Arcadio alzò il livello della strada tra il teatro e il porto. La basilica di San Giovanni fu costruita durante il regno dell’imperatore Giustiniano I nel VI secolo.

Il Colosso di Barletta, raffigurante Eraclio il Grande, V secolo.

Gli scavi effettuati nel 2022 indicano che ampie parti della città furono distrutte nel 614/615 da un conflitto militare, durante il regno di Eraclio il Grande, molto probabilmente durante la guerra sasanide, che diede inizio a un drastico declino della popolazione e del tenore di vita della città.

L’importanza della città come centro commerciale diminuì ulteriormente, poiché il porto, oggi a 5 chilometri nell’entroterra, fu lentamente insabbiato dal fiume (oggi Küçük Menderes), nonostante i ripetuti dragaggi effettuati nel corso della storia della città. La perdita del porto fece sì che Efeso perdesse l’accesso al Mar Egeo, importante per il commercio. La gente iniziò a lasciare la pianura della città per le colline circostanti. Le rovine dei templi furono usate come mattoni per costruire nuove case. Le sculture di marmo venivano ridotte in polvere per ottenere la calce per l’intonaco.

Nel VI secolo sulla collina di Ayasuluk fu costruita una basilica dedicata a San Giovanni e la popolazione di Efeso cominciò a trasferirsi sulle pendici della collina perché il porto aveva perduto la sua importanza ed Efeso stava declinando, mentre la collina aumentava di popolazione e d’importanza, favorita anche dalla costruzione della chiesa al posto della basilica costruita precedentemente dall’imperatore Giustiniano.

Il castello di Ayasuluk e la Basilica di San Giovanni.

I saccheggi degli arabi, prima nel 654-655 da parte del califfo Muawiyah I e poi nel 700 e nel 716, accelerarono ulteriormente il declino.
Quando i Turchi Selgiuchidi conquistarono Efeso nel 1090, era un piccolo villaggio. I Bizantini ripresero il controllo nel 1097 e cambiarono il nome della città in Hagios Theologos. Mantennero il controllo della regione fino al 1308. I crociati di passaggio si stupirono che ci fosse solo un piccolo villaggio, chiamato Ayasuluk, laddove si aspettavano una città vivace con un grande porto. Anche il tempio di Artemide era stato completamente dimenticato dalla popolazione locale.

Sotto il dominio ottomano, la città venne abbandonata definitivamente e, con il passare del tempo, fu dimenticata del tutto.

GLI SCAVI

La costruzione della ferrovia da Istanbul a Baghdad con la stazione di Ayasuluk fu l’occasione per cui si intrapresero i primi scavi nel 1869 alla ricerca del tempio di Artemide, scavi che furono abbandonati, poi ripresi più volte da varie missioni di archeologi europei e in particolare da John Turtle Wood.

John Turtle Wood nel 1870.

Scavi condotti in campagne del 1904-1905 nel basamento del tempio, in uno strato precedente al 560 a.C., hanno portato alla luce il più importante documento monetario, consistente in un cospicuo gruppo di monete globulari in elettro (lega di oro e argento, a basso contenuto d’oro), recanti striature o tipi su una sola faccia, mentre l’altra (il rovescio) è segnata da un punzone. Siamo probabilmente nel 640-630 a.C., ma l’ipotesi non è da tutti condivisa.

UN SITO SPETTACOLARE

Il tempo ha conservato molte tracce del prestigioso passato di Efeso, e visitare questa città permette di comprendere meglio la storia antica. I suoi monumenti principali, come la piazza di Domiziano, il grande teatro, il tempio di Adriano e la biblioteca di Celso, rendono la visita alla città davvero indimenticabile.
Andiamo, allora, a vedere nel dettaglio i più importanti monumenti di Efeso, la prima delle Città dell’Apocalisse, partendo dall’ingresso sud, cioè dalla parte superiore del sito.

LE MURA

La città ellenistica e romana si stendeva sulle due colline, il Pìon (Panayir-Daǧ) e il Coresso (Bulbul-Daǧ). Si conservano ancora tratti di mura, fatte costruire da Lisimaco, edificate a un’altezza di circa 6 m e una larghezza di 2 m, in grossi blocchi e intervallate con torri quadrangolari, e con diverse porte. Invece il totale delle mura è lungo 8 Km. e circonda tutta la città.

La torre di fronte al porto è a due piani ed è chiamata “la prigione di San Paolo”. Le strade fuori delle mura erano fiancheggiate da sepolcri.

Efeso, Porta di Magnesia. Foto aerea notturna (da SOKOLICEK 2009a, p. 326 -Copyright ÖAI).

Con la pax romana di Augusto che durò dal I al III sec. non vi fu più bisogno di difendersi e le mura furono trascurate, mentre durante il periodo bizantino Efeso divenne povera e spopolata per cui la cinta muraria venne ristretta.

Delle mura si conoscono due porte, quella detta di Magnesia, nell’insellatura fra le due colline, da cui usciva la strada verso la valle del Meandro, e quella sotto le pendici settentrionali del Pìon, per la quale si andava al santuario di Artemide: gli avanzi che oggi si vedono di quest’ultima appartengono peraltro al restauro bizantino.

L’AGORA’ CIVILE O SUPERIORE

L’immenso spazio costituito dall’Agorà Superiore.

Quest’agorà, rispetto a quella “commerciale” più antica, si caratterizza come centro direzionale politico della città. Si interruppe la costruzione di un tempio di Dioniso già avviata da Antonio per realizzare questa piazza rettangolare, con un arco di ingresso a quattro fornici e, sul fronte esterno, un grande ninfeo, la “mostra d’acqua”, nel punto dell’arrivo in città del fiume Marnas, costruito da Sestilio Pollione.

Sul lato nord si pose una basilica di forma stretta e lunga accompagnata dal bouleuterion, dal Prytaneion e da altri edifici. Si tratta di una piazza di 160 x 58 m. con l’asse lungo orientato a sud-ovest. La sistemazione risale all’epoca di Augusto: il lato nord prevedeva una lunga stoà-basilikè, una basilica, un edificio a tre navate dedicato tra il 4 e il 14 a.C. ad Artemide, Augusto e Tiberio da parte di un ricco evergete locale, C. Sextilius Pollio.

Un’altra immagine dell’Agorà superiore.

A nord di questa basilica vi era un temenos (equivalente dell’aedes romano, uno spazio sacro), con due tempietti dedicati a Roma e Cesare inserito tra due tipici edifici greci: un Pritaneo e un Bouleuterion (un edificio che ospitava il consiglio della città greca).

Nella piazza fu costruito un tempietto dedicato al culto di Augusto dando perciò alla piazza l’aspetto di un vero Sebasteion (tempio usato nelle colonie romane per glorificare e divinizzare gli imperatori romani). In epoca antonina il culto dell’imperatore sarà trasferito nel tempio suburbano di Artemide.

IL BOULEUTERION

Il Bouleuterion.

Il Bouleuterion (o Odeon) è un edificio semicircolare, simile ad un teatro, ma di dimensioni nettamente inferiori, che si erge a nord dell’agorà civile. Come in Afrodisia, il Bouleuterion, che poteva accogliere fino a 1500 persone, aveva una funzione polivalente. Da una parte, era la sede del consiglio cittadino, dall’altra, era una sorta di piccolo teatro per rappresentazioni musicali. Il Bouleuterion di Efeso aveva una cavea di con un diametro di 47 metri ed era coperto da un tetto in legno.

IL PRITANEO

Il Pritaneo.

Ad ovest del bouleuterion sorgeva il pritaneo – o Prytaneion -, cioè l’edificio pubblico dove in origine era ospitato il primo magistrato e dove era custodito il focolare sacro della città e potevano esservi accolti ospiti di particolare riguardo o cittadini benemeriti. Il Prytaneion era la sede del senato cittadino, ed Hestia Boulaia (corrispondente a Vesta) era la divinità protettrice della boulè, cioè del senato.
Qui si svolgevano, oltre alle riunioni del senato, anche cerimonie, udienze, banchetti. Subito dopo era una piccola cavea teatrale interpretabile come odeion. Questi monumenti furono spogliati nel III secolo da una ricca dama cristiana (nota da epigrafi), Scolastica (Scholastikia), che usò i materiali per la costruzione di un impianto termale sulla Via dei Cureti.

IL TEMPIO DI DOMIZIANO

Il Tempio di Domiziano, dedicato al padre Vespasiano.

Ad ovest dell’Agorà civile, appena entrati nella via dei Cureti, si possono vedere le rovine del tempio di Domiziano, detto anche tempio dei Sebastoi, un complesso sacro dedicato alla dinastia Flavia. I resti più significativi di questo complesso sono due colonne su cui poggia un architrave che sostiene un altro paio di colonne scolpite come cariatidi e unite da un fregio. Le due sculture sono state identificate con Attis e Iside. La vastità delle fondamenta di questo tempio ci dà la misura di quelle che dovevano essere le sue proporzioni.
Era posto sulle pendici del Bülbül Daǧ, ed era periptero octastilo con cella tetrastila e altare adorno di rilievi.

IL MONUMENTO DI MEMMIO

Il monumento di Memmio.

Si tratta di una fontana e di un heroon dedicato a C. Memmius: personaggio di illustre famiglia, nipote di Silla e figlio di un altro C. Memmius che era stato propretore di Bitinia nel 57 a.C. e protettore di Catullo e Lucrezio.

Ricostruzione del monumento di Memmio.

Rivolgendosi a un artista greco, Avianus Evander, Memmius padre fece erigere questo monumento al figlio morto prematuramente fra 49 e 46 a.C..

Si tratta di un’alta struttura a pianta quadrata, decorata nella parte alta da rilievi raffiguranti divinità e personificazioni e personaggi del ciclo troiano visti come mitici progenitori, nonché le immagini del padre e del nonno del defunto.

Della struttura originale resta ben poco, aveva 4 facciate e nel IV sec. d.c. vi fu aggiunta una fontana di piazza.

LA VIA DEI CURETI

L’elegante Via dei Cureti che collegava l’Agorà Superiore all’Agorà Civile.

I Cureti erano divinità minori dell’antica religione greca. Si tratta di un lungo viale lastricato che parte dall’Agorà civile e termina nella piazza delimitata dalla Biblioteca di Celso e dalla Porta di Mazzeo e Mitridate. Anticamente era fiancheggiato da portici pavimentati con delicati mosaici. Uno di questi mosaici, molto impolverato, è ancora visibile prima di arrivare alle case terrazzate. Questa via, in discesa, oltre ad essere di per sé molto scenografica, offre splendide viste della Biblioteca di Celso. Lungo la via si ergono le rovine di alcuni degli edifici più importanti del sito. Scendendo dall’Agorà civile lungo la Via dei Cureti, pochi metri dopo il monumento di Memmio si attraversa la cosiddetta porta di Ercole.

IL NINFEO DI TRAIANO

Il Ninfeo di Traiano. Si può notare come le colonne, rimesse insieme, rendano la struttura più piccola di come sarebbe dovuta essere in origine.

Si sono fatti scavi nelle terme di Scholastikia e nelle vie che le uniscono al Pritaneo, mettendo in luce un ninfeo nei pressi eretto in onore di Traiano e restaurato al tempo di Teodosio con facciata decorata. Questo ninfeo fu fatto costruire da Aristione, un nobile di Efeso. Aveva una pianta ad U e una facciata larga 17 metri ed alta più di 9. Nella zona centrale insisteva una grande vasca chiusa su tre lati da un’imponente struttura a due piani con colonne ed edicole dove erano collocate varie statue. Il ninfeo comprendeva l’imponente statua dell’imperatore e la scritta che recita: “L’ho conquistato tutto, ora il mondo è ai miei piedi“.

La fontana è stata rimessa insieme con molta buona volontà e perizia ma, mancando molti pezzi, la scala ne risulta rimpicciolita: un tempo infatti essa inquadrava la statua colosso dell’imperatore, di cui resta solamente un enorme piede marmoreo che poggia sul pianeta Terra o, perlomeno, su una sfera perfettamente tonda.

LE TERME DI SCOLASTICA

Le Terme di Scolastica.

Si tratta del più grande complesso termale di Efeso. Vi si accede da una strada perpendicolare a via dei Cureti, prima di arrivare al Tempio di Adriano. Composte da tre piani, le terme furono costruite da Publio Quintilio Valente Vario nel II secolo e, successivamente, furono fatte restaurare da una nobile di nome Scolastica, da qui il nome. Situate vicino alle terme c’erano le latrine pubbliche.

Le latrine pubbliche.

Il costume di offrire opere pubbliche a proprie spese fu un uso prettamente romano che aveva il fine di glorificare la propria gens o familia.

L’usanza di origine repubblicana e molto incentivata da Augusto si diffuse anche nelle colonie.
Tuttavia la ricca matrona Scholastikia (Scolastica), come abbiamo già detto sopra, usò i marmi e gli ornamenti nonché le statue del Prytaneion, la sede del senato cittadino, e dell’odeion, spogliati nel III secolo dalla ricca dama cristiana, per la costruzione di un impianto termale sulla Via dei Cureti. Si calcola che potesse ospitare un centinaio di visitatori. Dalle terme si gode di una bella vista della Biblioteca di Celso.

IL TEMPIO DI ADRIANO

Il Tempio di Adriano.

Tutta la via tra l’agorà e la porta di Magnesia è stata oggetto di scavi recenti che hanno messo in luce vari monumenti, e si è iniziata l’esplorazione dei quartieri di abitazioni sulle pendici del Panacir Daǧ. Un tempio dedicato ad Adriano con pronao a due colonne fra due pilastri è riccamente decorato e sull’intercolunnio centrale la trabeazione si incurva ad arco.
Fu dedicato nel 138 d.c. da Publio Quintilio all’imperatore Adriano, venuto a visitare la città di Atene nel 128 d.c. È un piccolo tempio situato in Via dei Cureti La facciata del tempio ha 4 colonne corinzie che sostengono un arco al cui centro è scolpita in rilievo Tyche Dea della vittoria mentre le colonne laterali sono quadrate.

La raffigurazione della Dea Tyche.

È un tempio prostilo (colonne solo sulla facciata), con 4 basi che precedono la piccola cella, sostenenti due colonne e due pilastri in stile corinzio.

I piedistalli con le iscrizioni di fronte al tempio sono invece le basi delle statue degli Imperatori dal 293 al 305 d.c.: Diocleziano, Massimiano e Costantino 1, e Galerio. Però gli originali non sono stati trovati.

La trabeazione del tempio contiene un busto della dea Tyche. All’interno del tempio c’è una ricca decorazione e nella lunetta sopra la porta, una figura umana, probabilmente Medusa, è scolpita con ornamenti di foglie d’acanto. Qui sotto, alcuni particolari del Tempio di Adriano.

Su entrambi i lati della porta vi sono scene raffigurante la fondazione di Efeso: Androclo che colpisce un orso, Dioniso in un corteo cerimoniale con le Amazzoni. La quarta scena ritrae due figure maschili, di cui una è Apollo; poi Athena Dea della luna; una figura femminile, Androclo (mitico fondatore di Efeso), Eracle, la moglie e il figlio di Teodosio e la Dea Athena.

In un altro blocco, probabilmente restaurato in epoca tarda, si raffigurano immagini di divinità e personaggi della famiglia imperiale dell’imperatore Teodosio I. Le figure che osserviamo sono copie mentre gli originali sono conservati nel Museo di Efeso.

LE CASE TERRAZZATE

Le elegantissime Domus terrazzate.

Ma ciò che fa di Efeso qualcosa di eccezio­nale, paragonabile a Pompei, sono le bellissime Domus Terrazzate, che si possono vedere percorrendo tutta la Via dei Cureti. Questi isolati sono particolarmente ampi e mirabilmente collegati fra loro, visto le planimetrie irregolari a causa della conformazione del terreno. Qui sorgevano le residenze nobiliari più belle ed eleganti della città, che si affacciavano sui palazzi più belli di Efeso. Infatti, molte di esse sono terrazzate e custodiscono affreschi e mosaici perfettamente conservati. Furono erette in epoca augustea, con pianta analoga a quel­le di Pompei, ovvero una serie di stanze poste in quadrato ed affacciantisi su un peristilio, cioè un cortile porticato interno.

Si tratta di sette residenze abitate da persone locali di alto rango. Ricche di affreschi con personaggi mitologici e di mosaici, quali: il leone, la testa della Medusa (nella domus n.3) e Tritone e Nereide (nella domus n. 2, visibile attraverso un vetro). La più grande ed articolata è la domus n. 6 che dà direttamente sulla via dei Cureti, dotata di un grande cortile a peristilio e di varie stanze. Per uscire da questo complesso residenziale si scende attraverso una scala esterna dalla quale si ha una bella vista di insieme della via dei Marmi.

LA BIBLIOTECA DI CELSO

A sinistra, la splendida facciata della Biblioteca di Celso. A destra, la Porta di Mazeo e Mitridate.

Vero e proprio simbolo di Efeso, la Biblioteca di Celso è senza dubbio il monumento antico meglio conservato della Turchia ed uno dei monumenti più affascinanti del mondo. Questa biblioteca è un esempio straordinario di architettura romana ed è una delle strutture più impressionanti dell’antichità.

Situata presso l’agorà commerciale, vicina alla Porta di Mazeo e Mitridate, Venne donata alla città dal console Caio Giulio Aquila Polemeano nel 114 per onorare la memoria del padre, Caio Giulio Celso Polemeano, senatore e magistrato del tempio di Traiano.
Nonostante fosse nato come biblioteca pubblica, l’edificio, come da epigrafi, fu completato nel 135 dagli eredi, come monumento sepolcrale.

Ricostruzione della facciata della Biblioteca di Celso.

Già all’epoca fu un evento strano e particolare: non era facile trovare un luogo di cultura e dedizione, adibito anche a monumento funebre. Poiché la sepoltura è entro le mura, sembra evidente che si intendesse conferire a Celso un culto di tipo eroico
Esso sorgeva su una piccola piazzetta interna, comunicante con l’agorà a mezzo di una porta innalzata negli anni 4-3 a.C. da tali Mazeo e Mitridate in onore di Augusto, di Livia, di Agrippa e di Giulia.

La sua raffinatissima facciata è stata mirabilmente ricostruita da archeologi austriaci che ne recuperarono accuratamente e pazientemente ogni parte, statue comprese.

Sapientia.

Era preceduta da una gradinata, aveva tre porte in basso e tre finestre al piano superiore: tra le porte erano nicchie precedute da coppie di colonne in avancorpo e contenenti statue allegoriche delle virtù del personaggio onorato: Sapientia (Saggezza), Arete (Virtù), Ennoia (Intelligenza), Episteme (Conoscenza). Le finestre erano inquadrate da edicole sostenute pure esse da colonne.

Essa consta di due ordini, molto movimentata da sporgenze e rientranze, con nicchie, edicole, statue di divinità e personificazioni.

Una movimentata decorazione architettonica dunque, caratteristica del periodo in cui fu ideata e costruita, il primo decennio del regno di Adriano, e resa ancor più preziosa dagli ornati delle lesene, delle cornici, della trabeazione.

Analoga la decorazione architettonica nell’interno: la vasta sala di lettura aveva alle pareti, su due ordini, ballatoi e scaffali per i “volumina“.
Infatti, con le sue circa 12.000 pergamene, i cui rotoli erano collocati nelle numerose nicchie nelle pareti, era la terza biblioteca più grande del mondo, dopo quella di Alessandria d’Egitto e Pergamo. Sfortunatamente di questi preziosissimi rotoli di papiro sono stati salvati pochissimi pezzi poiché vennero bruciati nel 262, quando i Goti saccheggiarono la città.

Il frontone di sinistra.

Dinanzi alle pareti, nelle quali si aprivano le nicchie per gli armadi dei volumi, su tre ordini sovrapposti, correva un colonnato a due piani, che le nascondeva completamente: al di sopra del colonnato girava un ballatoio scoperto. Nel mezzo della parete di fondo si incurvava un’abside vuota, in corrispondenza della camera-cripta.

L’interno della Biblioteca.

La sala era quadrangolare ed aperta verso est, con una parete doppia tutto intorno che isolava l’interno della sala proteggendola dall’umidità e che formava un corridoio.

Da questo si accedeva da un lato al suddetto ballatoio scoperto, dall’altro alla camera sotterranea contenente la tomba a sarcofago di Celso Polemeano.

Sulla parete di fondo, un’alta esedra ospitava la statua di Atena, sotto cui era stata posta la camera funeraria di Celso, col suo magnifico sarcofago a ghirlande.

I giganteschi portali che inquadrano le grandi porte sono lavorati a veri riquadri di marmi a listelli sporgenti, concavi e convessi, con lesene laterali variamente scolpite. Le porte erano tre, due con tettoia piatta, mentre al piano superiore le tettoie ai lati erano stondate e a la terza al centro aveva invece tettoia triangolare, ed erano incorniciate da otto colonne al piano inferiore e otto al piano superiore.

LA PORTA DI MAZEO E MITRIDATE

La Porta di Mazeo e Mitridate si erge nella piazza della Biblioteca di Celso sulla destra rispetto alla Biblioteca. Si tratta della porta che dà accesso all’Agorà inferiore o Agorà commerciale. Deve il nome ai due liberti di Augusto che la costruirono nel 3 a.C. Questo ingresso, oltre a costruire la cerniera tra il quartiere marittimo e quello più interno, poneva l’accento sull’area ur­bana a sud-est, oggetto di un intenso programma di riorganizzazione ur­banistica in età augustea.

Le quattro nicchie, ricavate entro i fornici late­rali, due per ogni parete esterna. Non si sa se esse fossero, o meno, desti­nate a contenere statue. L’alzato dell’arco, le cui pareti rimangono parzialmente in sito per un’altezza di ca. m. 3,50, risulta impostato su pilastri angolari di soste­gno; di essi, alcuni sono funzionali al sostentamento degli archi, altri, di dimensioni maggiori e desinenti in capitelli ionici, supportano un archi­trave a tre fasce.

La Porta di Mazeo e Mitridate.

Al di sopra dell’architrave svetta un alto attico, di ca. m. 2,2, destinato con ogni probabilità ad ospitare imagines di personaggi, in onore dei quali la costruzione era stata innalzata, come si deduce dall’esistenza, sopra di esso, d’incassi per grappe di fissaggio.
Tali imagines avranno certamente riguardato statue-ritratto di perso­naggi della famiglia imperiale Iulia; gli stessi, ed anche altri probabil­mente, che vengono menzionati nell’iscrizione dedicatoria, apposta sul lato dell’attico prospiciente l’ingresso meridionale, dalla quale si ap­prende anche la datazione del complesso, risalente ad età augustea. Alla medesima età augustea, ed in particolare ad Augusto in persona, sono chiaramente allusivi, inoltre, due elementi figurativi, che completano l’ar­redo figurato.

L’AGORA’ INFERIORE

L’agorà inferiore.

Detta anche Agorà commerciale o Tetragonos, fu costruita alla fine del I secolo a.C. sotto Augusto su una antecedente Agorà ellenistica. Questa piazza, di impianto ellenistico, rappresentava il vero centro della città, un quadrato con m. 160 di lato e con una clessidra al cen­tro. Era circondata di colonnati e dedicato al mercato tessile e alimentare. Si presentava come una grande piazza ricca di monumenti e decori a partir dall’età di Augusto ma anche a merito degli evergeti locali. In età neroniana fu costruita una via porticata che conduceva al vicino teatro.

Accanto al porticato della piazza si trovano importanti edifici come la Biblioteca di Celso e l’Altare degli Antonini, un monumento dalla forma simile all’Altare di Zeus di Pergamo ma di dimensioni ridotte. Il monumento, dedicato a Marco Aurelio e Lucio Vero con bassorilievi raffiguranti episodi delle Guerre Partiche e scena di apoteosi di Lucio Vero. Vi sono, inoltre, l’Odeon costruito da P. Vedio Antonino (II sec. d.c.), la basilica, ricostruita in età augustea, una fontana (II- IV sec.), e un tempio dedicato a Domiziano.

Bassorilievo proveniente dall’Altare degli Antonini. Il particolare rappresenta l’apoteosi dell’imperatore. Museo di Efeso.

Tutto intorno correva un corridoio a due navate sovrapposte, cioè a due piani, sui cui tre lati si affacciavano le botteghe. Il lato orientale aveva colonne di ordine dorico. Due gli accessi principali: uno sul lato ovest, a doppio colonnato ionico; uno sul lato sud, con un altro corridoio a triplice passaggio.

La piazza divenne sempre più preziosa a causa dei successivi interventi imperiali, come il tempio di Adriano e quello di Traiano, oltre ad una lussuosa edilizia residenziale, nonché il propylon (una costruzione davanti al corridoio d’ingresso) che divenne sempre più articolato e prezioso fino a costituire, come suo massimo esempio, edificata ortogonalmente all’ingresso della piazza.

LA VIA DI MARMO

Questa elegante e maestosa strada costeggiava interamente l’Agorà Inferiore ed era il luogo di più alta frequentazione della città. Oggi si conserva la sua bellissima pavimentazione in marmo e i resti delle statue e delle colonne sul suo fianco che dovevano sostenere un porticato dove si aprivano negozi e botteghe.

IL TEATRO GRANDE

Il Teatro Grande. Qui sembra sia stato duramente contestato San Paolo.

Situato nella parte orientale della città, tra l’agorà commerciale e le terme del teatro, l’impianto originale è ellenistico ma ha subito interventi successivi. Come in ogni teatro greco era ricavato in una conca naturale del terreno e la cavea era maggiore del semicerchio ed è appoggiata a un’altura. La cavea fu ulteriormente ingrandita durante il periodo di Claudio e Nerone fece costruire i primi due ordini di una nuova della frons scaenae. La cavea viene completata con Traiano, la scena con Antonino Pio. Aveva una capienza di 24.000 spettatori.

La scena aveva, come in ogni teatro greco, un aspetto particolarmente complesso e strutturato, si che pur essendo crollata, è stato possibile ricostruirla in base ai numerosi elementi rinvenuti.

Una suggestiva veduta aerea del Teatro Grande.

Benché ampiamente trasformato dai Romani, conservò del più antico la forma della cavea, che supera il semicerchio. Fu invece soggetta a maggiori cambiamenti, la scena, dapprincipio con un proscenio basso, con tre porte, e pilastri con mezze colonne doriche tra queste, e da un muro di fondo più alto. Prevalse poi la visione romana ricevette con i tre ordini sovrapposti, i primi due del tempo di Nerone, il più alto a inizio III secolo.

La contestazione verso San Paolo

Cristoforo Roncalli, detto il Pomarancio – San Paolo predica a Efeso (dipinto sec. XVI).

Questa immensa opera d’arte, che è oggi l’edificio tra i meglio conservati della città, non è importante solo dal punto di vista artistico, ma anche religioso. Ad Efeso il culto pagano e cristiano si scontrarono portando controversia ed il dilemma tra lo scegliere la Dea Artemide e Gesù. Il teatro è celebre per l’episodio narrato negli Atti degli Apostoli in cui San Paolo venne duramente contestato dai venditori di statuine di Artemide al grido di “grande è la Diana degli Efesini!”. Da questo scaturì anche la carcerazione di San Paolo, in quella che oggi si chiama la “Prigione di San Paolo” e il conseguente esilio.

LA VIA ARCADIANA

La Via Arcadiana.

Dal teatro, in direzione del porto, partiva un’ampia strada porticata, la cui ultima sistemazione risale all’imperatore romano d’Oriente Arcadio. Era la Via Arcadiana, che si snodava tra i maggiori edifici della città, fiancheggiata da un duplice porticato e chiusa ai due estremi da due porte.

L’imperatore Arcadio.

Fu detta Arkadiané per i restauri del tempio di Arcadio, muoveva dal portico tramite una porta monumentale con colonne ioniche. Da essa ci s’immetteva nell’agorà commerciale, circondata nel III sec. da portici a due navate con botteghe e magazzini, dopo la quale, risalendo la seconda importante arteria, la via dei Cureti, che procedeva tra sepolcri, terme, templi, edifici pubblici e quar­tieri di abitazione. Da qui si poteva raggiungere l’agorà civile, dove era il teatro, un ginnasio-terme e il teatro ellenistico (ricostruito nel I-III sec. d.c.), per poi lasciare nuovamente il centro, uscendo dalla porta di Magnesia.

L’OTTAGONO E IL CRANIO MISTERIOSO

Tra i monumenti che si affacciavano sull’embolos che immetteva nell’Agorà c’erano due particolari edifici di particolare interesse: uno a pianta ottagonale, l’altro esagonale, ambedue monumenti funerari.

Il primo costituisce l’esempio orientale dei monumenti funerari a edicola che si attesteranno anche in Italia nella tarda repubblica e nella prima età imperiale. È detto l’Ottagono, perché su uno zoccolo si elevava un corpo centrale costituito da un porticato con otto colonne corinzie disposte attorno a un nucleo centrale pure ottagonale, sormontato, come elemento terminale da una cuspide piramidale.

Rovine dell’ottagono di Efeso Foto: Österreichische Akademie der Wissenschaften / ÖAI

Il monumento funerario, non a caso eretto accanto all’heroon dell’ecista (condottiero scelto da un gruppo di cittadini per guidarli alla colonizzazione di una terra), ha una datazione che va dal 50 al 20 circa a.C.

La sorella di Cleopatra?
È proprio di questi giorni la notizia che un teschio scoperto nel 1929 tra le rovine di Efeso, in Turchia, il quale ha mantenuto un alone di mistero per quasi cent’anni, ha forse svelato la sua identità, o non identità. Infatti, si è a lungo creduto che potesse appartenere alla sorella di Cleopatra, la famosa ultima regina della dinastia tolemaica. Ora, finalmente, il segreto della sua identità è stato svelato grazie a nuove analisi antropologiche.

Josef Keil.

Nel 1929 un’équipe guidata dall’archeologo austriaco Josef Keil trovò un misterioso sarcofago pieno d’acqua mentre esplorava le rovine dell’ottagono di Efeso, che fungeva da camera funeraria.
Nonostante l’assenza di corredo funebre, all’interno del sarcofago furono rinvenuti i resti di uno scheletro, dal quale fu prelevato il cranio per poterlo analizzare in Germania, più precisamente all’Università di Vienna.

Nel 1953, attraverso le prime analisi, gli esperti ritennero che, per la posizione della tomba e le caratteristiche fisiche dell’individuo, si potesse trattare dei resti di una giovane donna di circa vent’anni, che poteva appartenere all’alta aristocrazia dell’antichità.

Arsinoe IV.


In effetti, proprio nella città di Efeso venne tragicamente uccisa (e presumibilmente anche sepolta) la sorella dei sovrani Cleopatra e Tolomeo XIII, nota come Arsinoe IV, anche se la posizione della sua tomba, come quella della sorella, rimane sconosciuta.
Inoltre, si sospetta che l’ottagono di Efeso sia stato progettato sullo stesso modello del faro di Alessandria, un edificio costruito in Egitto durante l’epoca tolemaica.
Successivamente, nel 1982, il resto dello scheletro fu recuperato a Efeso per ulteriori analisi.

Un’équipe multidisciplinare guidata dall’antropologo Gerhard Weber dell’Università di Vienna, composta da genetisti, specialisti della datazione, ortodontisti e archeologi, ha effettuato un’analisi scientifica del cranio utilizzando le moderne tecnologie.
In particolare, la sua immagine è stata digitalizzata con la tomografia computerizzata, e uno studio genetico è stato effettuato su campioni prelevati dalla base del cranio, dalla dentatura e da altre ossa come il femore.

Questi test hanno contribuito a determinare diversi fatti su questo individuo. Da un lato, i resti scheletrici risalgono a un periodo compreso tra il 36 e il 205 a.C., un periodo che coincide con la data di morte di Arsinoe, assassinata nel 41 a.C. Dall’altro, però, l’età alla morte di questo individuo era compresa tra gli undici e i quattordici anni. Infine, i ricercatori sono stati sorpresi di scoprire, attraverso studi genetici, la presenza del cromosoma Y, distintivo del sesso maschile. Così, la teoria della scoperta della famosa sorella di Cleopatra è stata tristemente scartata.

Il teschio viene scansionato nel laboratorio Micro-CT di Vienna con una risoluzione di 80 micrometri
Foto: Università di Vienna / Gerhard Weber.

Chi c’era dunque nella tomba dell’ottagono di Efeso? I risultati di questo studio pubblicato sulla rivista Scientific Reports, pur essendo interessanti e rivelatori, aprono anche nuove domande che richiederanno ulteriori ricerche.
La sua identità resta ancora da scoprire, ma grazie allo studio sappiamo che si trattava di un individuo molto giovane, probabilmente di origine romana, e che soffriva di qualche patologia o disturbo della crescita: il suo cranio aveva una forma asimmetrica e la mascella superiore era poco sviluppata, caratteristica di sindromi genetiche come per esempio la Treacher Collins. (Fonte: Storica National Geographic)

IL TEMPIO DI ARTEMIDE

Le impressionanti dimensioni del Tempio di Artemide, in questa ricostruzione ipotetica. Come sappiamo, di tale struttura non è rimasta che una sola colonna, assemblata approssimativamente.

A circa tre chilometri dall’antica città di Efeso si trovano i resti di quello che era l’Artemisio, il famoso Tempio di Artemide. Per le sue enormi dimensioni e la ricchezza delle decorazioni, fu considerato una delle sette meraviglie del mondo antico, ma ne rimangono oggi solo minimi resti. Lungo 115 metri e largo 55 metri era, come tutti i templi della Turchia, di ordine ionico. Inizialmente era dedicato a Cibele, divinità poi assimilata dai greci con Artemide, figlia di Zeus e sorella di Apollo.
La sua costruzione sarebbe durata 120 anni, secondo alcuni storici 220.
Verso la metà del sec. VI a.C., il conquistatore Creso finanziò in larga parte la costruzione del primo grande Artemisio, costringendo gli Efesini al pagamento di un tributo.

Il culto di Artemide

Statua del tipo dell’Artemide di Efeso. La testa, le mani e i piedi sono un restauro moderno di Giuseppe Valadier.


Efeso fu famosa e ricca soprattutto per il culto e il santuario di Artemide, corrispondente a Diana nel suolo italico e a Roma.

La “Diana di Versailles”.

Le più antiche rappresentazioni di Artemide in età arcaica la ritraggono come “Potnia Theron” (La Signora delle belve): una dea alata che tiene in mano un cervo e un leopardo, oppure un leone e un leopardo.
Poi venne ritratta come vergine cacciatrice, con una gonna corta sopra al ginocchio, un seno scoperto, gli stivali da caccia, la faretra con le frecce d’argento e un arco. Spesso è ritratta mentre sta scoccando una freccia e insieme a lei vi sono o un cane o un cervo.

Vi sono rappresentazioni di Artemide vista anche come Dea delle danze delle fanciulle, e in questo caso tiene in mano una lira, oppure come Dea della luce mentre stringe in mano due torce accese e fiammeggianti. Solo più tardi Artemide porta la corona lunare, anche se da sempre fu la Dea Luna.

Ad Efeso Artemide fu adorata soprattutto come Dea della fertilità, come madre Natura che nutre tutte le creature senzienti. Vergine, proteggeva le gravidanze e veniva invocata dalle partorienti. Va precisato che la verginità di Artemide era di colei che non è sottomessa all’uomo, non di colei che si astiene.

I Carii furono adoratori di quella Artemide Caria, che nel suolo romano divenne Diana Caria, un tempo associata ai Misteri del Noce sacro.

Le sue sacerdotesse furono maghe e guaritrici, e come simbolo avevano il frutto del noce, che tanto somigliava nell’aspetto al cervello umano. Poiché le sacerdotesse danzavano intorno al noce sacro, e poiché presso Benevento, nel suolo italico, resisté a lungo il culto di Diana Caria, nacque la leggenda delle streghe e del Sabba.

L’antica Artemide fu Dea della luna, della caccia e degli inferi, pertanto del cielo, della terra e dell’aldilà. Poi prevalse ad Efeso il suo aspetto di Madre Terra, di Madre Natura, la plurimammellata, colei che nutre col suo latte tutti gli esseri viventi.
È singola­re come il culto di questa Grande Madre sa­rebbe stato qui soppiantato, forse non del tutto casualmente, da quello di un’altra Ver­gine, la Madonna, come vedremo in seguito.

Il Tempio
La sua storia è abbastanza complessa e caratterizzata da una serie di ricostruzioni nel corso dei secoli. La versione più famosa del tempio fu completata intorno al 550 a.C., ma la sua origine è molto più antica. Il primo santuario dedicato ad Artemide sembra risalire all’VIII secolo a.C., quando i Greci di Efeso costruirono un semplice tempio in suo onore.
Nel corso del tempo però quel piccolo tempio fu rimodellato e rivisitato attraverso lavori, più volte. La prima sotto commissione del re Creso di Lidia fu completata nel 550 a.C. e fu progettata dall’architetto cretese Chersiphron e da suo figlio Metagenes.

Era un grande tempio marmoreo, ionico, diptero (due file di colonne sui lati lunghi, ma con tre file di colonne sulla fronte). Per le sue enormi dimensioni e la ricchezza delle decorazioni, fu considerato, come abbiamo detto, una delle sette meraviglie del mondo antico.
Alcune delle colonne erano decorate a rilievo nella parte inferiore e di essere sostenute da dadi quadrangolari pure scolpiti: ne restano frammenti, ora nel British Museum, con figure gradienti di sacerdoti, sacerdotesse, offerenti.

Il rilievo di un rocchio di colonna (columna caelata) del tempio tardo-classico, rinvenuto nei primi scavi ottocenteschi e conservato presso il British Museum di Londra

Scavi condotti in campagne del 1904-1905 nel basamento del tempio, in uno strato precedente al 560 a.C., hanno portato alla luce il più importante documento monetario, un tesoro di monete globulari in elettro (lega di oro e argento, a basso contenuto d’oro), recanti striature o tipi su di una sola faccia, mentre sull’altra vi è un punzone (640-630 a.C.).
Il tempio era di marmo bianco e rilucente d’oro, così alto che fu detto “alto come le nuvole”, e vi posero la gigantesca statua di Artemide.

Era grande quattro volte il Partenone, ricco di sculture di Prassitele e di pitture di Parrasio e di Apelle.
La statua della Dea era di legno d’ebano secondo Plinio o di cedro secondo Vitruvio.

Venne dunque distrutto da un incendio doloso nel 356 a.C. – secondo la leggenda, la notte stessa in cui nacque Alessandro Magno (21 luglio) – ad opera di Erostrato, un pastore che motivò il suo gesto deliberato con la sola intenzione di “passare alla storia”.

Erostrato si accinge a dare fuoco al Tempio di Artemide.

La storia appare poco credibile, perché per incendiare un tempio di quella portata occorreva un nutrito gruppo di persone munite di molta legna e fascine, e per giunta senza alcuna sorveglianza del tempio, che sicuramente era custodito da sacerdotesse e custodi, considerato anche il valore delle offerte che sicuramente conteneva. Molto più probabile che sia avvenuto durante la III Guerra Sacra tra le varie città greche, ma che la data sia stata spostata per farla coincidere con la nascita di Alessandro Magno. Questi stesso offrì di finanziare la ricostruzione del tempio, ma gli abitanti della città rifiutarono gentilmente l’offerta, sostenendo che non si addiceva a un dio costruire un tempio per un altro dio.

Il nuovo edificio, completato nel 323 a.C., di m 111 × 51, venne sopraelevato su un’alta piattaforma a livello notevolmente maggiore del precedente, pur mantenendo le identiche caratteristiche dell’altro, con le colonne con la parte inferiore scolpita: tali colonne in numero di sedici occupavano le due prime file della facciata, mentre venti dadi scolpiti sostenevano le colonne tra le ante e avanti ad esse. Tali elementi architettonici scolpiti, nel numero complessivo di trentasei, sono ricordati da Plinio.

Un’altra ricostruzione del gigantesco Tempio di Artemide.

Con Augusto Efeso conobbe molte opere pubbliche, Augusto fece infatti restaurare e abbellire l’Artemisio, nel cui recinto sorge uno dei primi centri di culto imperiale. Il grande tempio di Artemide fu ricostruito ma poi fu nuovamente distrutto dai Goti, nel 262 d.c. Ricostruito ancora una volta fu chiuso a seguito dell’editto di Teodosio che vietava i culti pagani.

Ma ciò non bastava perché nel 401 venne infine distrutto dai cristiani guidati da Giovanni Crisostomo. Sono ridotte a una singola colonna le testimonianze di quello che fu il più celebre monumento di Efeso.

Secondo Pausania il più grande edificio del mondo antico, il Tempio di Artemide, una delle Sette meraviglie del mondo, venne raso definitivamente al suolo nel 401 per ordine di Giovanni Crisostomo, arcivescovo di Costantinopoli, che ne fece abbattere pietra su pietra, affinché nessuno potesse mai più osarne la ricostruzione.

Infatti già all’epoca il potere religioso spadroneggiava su quello civile. Artemide a Diana furono odiatissime dai cristiani perché i suoi seguaci opposero strenua opposizione alla conversione.

La scoperta dei resti del tempio avvenne nel 1860 per opera di John Turtle Wood in una spedizione finanziata dal British Museum.

Ciò che tristemente rimane di una delle Sette Meraviglie del Mondo Antico. Si noti la colonna assemblata con frammenti diversi.

Purtroppo, oggi del Tempio di Artemide rimane ben poco: del celebrato santuario non resta che uno spiazzo costellato di ruderi ed una colonna rifatta mettendo assieme frammenti spezzati e risollevata, a simboleggiare l’intera struttura. Tuttavia, la fama del tempio come una delle Sette Meraviglie del Mondo Antico continua a ispirare fascino e curiosità tra visitatori, storici e archeologi.

Gli scavi archeologici nel sito hanno rivelato diverse importanti testimonianze, tra cui frammenti delle colonne e delle sculture, ora conservati in vari musei, come il Museo Archeologico di Efeso e il British Museum a Londra, che ospita anche una ricostruzione della famosa statua della dea Artemide. Qui sotto, un video che ricostruisce in 3D lo spettacolare Tempio.

LA BASILICA DEL CONCILIO

Di tale edificio rimangono alcune colon­ne del portico antistante e qualche tratto di muro. In origine era forse un magazzino por­tuale, poi forse una specie di seminario per i sacerdoti pagani; infine la consacrazione alla Vergine.

Che sia questo l’edificio in cui si svolse il Concilio del 431 è ormai una certezza. L’edificio romano originale è del II sec. e misura 260 m. per 30 m., a tre navate con absidi ella parte terminale.
In questo concilio (riunione di tutti i vescovi) fu sancito contro Nestorio, che Maria poteva chiamarsi “Theotòkos” (Madre di Dio) perché pur essendoci in Cristo due nature (umana e divina) vi era l’unità della persona (il Figlio di Dio); perciò Maria pur avendo generato solo il Gesù-uomo, essendo Egli anche il Figlio di Dio, poteva essere chiamata “Madre di Dio”.

La Basilica di Maria Madre di Dio, detta anche Basilica del Concilio.

Tuttavia, il vero nome è Basilica di Maria Madre di Dio, così chiamata per commemorare la morte di Maria che, secondo la leggenda, avvenne proprio ad Efeso.
In base alle testimonianze che oggi possediamo, possiamo affermare che la chiesa di Efeso in cui si è svolto il concilio ecumenico del 431 è senz’altro la più antica chiesa dedicata a Maria.

BASILICA DI SAN GIOVANNI

Veduta aerea della Basilica di San Giovanni.

Secondo alcune fonti, l’apostolo Giovanni soggiornò ad Efeso; secondo altre fonti con lui avrebbe dovuto esserci anche Maria; tale ipotesi, non accertata, è negata da altri. Comunque sul sito a Efeso, fu costruita una basilica nel VI secolo, sotto l’imperatore Giustiniano, della quale oggi rimangono solo tracce.

Pianta della Basilica giustinianea.

La prima basilica era stata eretta nel IV secolo sul luogo dove, secondo la tradizione, sarebbe stato sepolto l’apostolo. Ma l’edificio di cui oggi possiamo visitare le imponenti testimonianze è quello bizantino. Sull’altura vicina fu eretta una roc­caforte a cui la stessa basilica, cinta da mura difensive, fu collegata mediante il prolunga­mento delle stesse mura.
Caduta in mano dei Turchi Selgiuchidi nel 1090, ripresa dai Bizantini, riconquistata dai Turchi nel 1308. La nuova Efeso vide una fio­ritura islamica. La basilica fu trasformata in moschea. Però, verso la fine di quel secolo, un terremoto demolì il complesso. Quello che oggi vediamo è il frutto di scavi archeologici e di restauri svoltisi a partire dagli anni Venti del nostro secolo.

La tomba di San Giovanni Apostolo nella Basilica di San Giovanni, Efeso.

Sono stati ricostruiti alcuni tratti murari e risollevate e ricomposte colonne. Sono state ridisegnate le tre navate e il transetto, in mo­do da fornire al visitatore un’idea abbastanza precisa di come fosse la basilica, che era a forma di croce, con sei cupole, lunga 110 metri e larga 40. Di fronte all’abside della navata centrale è evidenziato un quadrato con quattro colonne agli angoli: è il luogo del presunto sepolcro dell’apostolo. La basilica aveva come modello la chiesa dei SS Apostoli a Gerusalemme.

CASA DI MARIA

Uno dei luoghi più importanti di Efeso e di tutta la Turchia è la Casa di Maria. Situata sulle colline circostanti, a circa cinque chilometri dall’antica Efeso, questa casa in pietra è luogo di pellegrinaggio per i cristiani ed è considerata sacra dai musulmani. Infatti, secondo la tradizione, qui visse e morì Maria. In effetti, le scritture ci narrano che Gesù sulla croce affidò la madre all’apostolo Giovanni, che la portò ad Efeso fino alla sua morte, avvenuta a 101 anni.

La Casa di Maria.

Oggi si può vedere la piccola cappella costruita nell’Ottocento, ma è ancora possibile ammirare la linea rossa che demarca il confine con le fondamenta originali.
Pur in presenza di una tradizione anti­chissima, la riscoperta della casa di Maria è recente, risale a poco più di un secolo fa. La sua casa si trovava su una montagna a circa sette chilometri da Efeso. Un pianoro boscoso, con rocce a picco sul mare. Oggi Meryem Ana Evi, cioè la Casa di Madre Maria, è un luogo di pellegrinaggio e di culto, per i cristiani ma anche per i mussulmani. È un romito rifu­gio che avvince il cuore di struggente dolcez­za. Il piccolo edificio è stato restaurato e rico­struito. È costituito da un paio di ambienti.

All’interno c’è un altare e sopra, in una nic­chia, una statua di Meryem Ana; alle pareti qualche quadro devozionale, un recente frammento di affresco in stile antico, ex voto. Anche all’esterno una statua della Vergine. Nei pressi, un negozietto di ricordini devozionali gestito dalle suore. E le statuine della Madonna, piccole copie di quella venerate in loco, tengono le braccia ab­bassate sui fianchi ma sporgenti in avanti, con le palme aperte. Più o meno l’atteggia­mento che aveva l’antica divinità qui venera­ta, la vergine polimastide Artemide…

È singolare che il cardinale Angelo Roncalli, futuro papa Giovanni XXIII, per anni nunzio apostolico in Turchia, non sia mai salito sul Bùlbùl-dag, Colle dell’Usignolo, dove si trova la venerata meta, anche se, appena divenuto papa, fece accen­dere un cero nella cappella-santuario. Più compartecipi invece i successori, Paolo VI, qui giunto in pellegrinaggio il 26 luglio 1967, e Giovanni Paolo II, che vi celebrò messa il 30 novembre 1979, come pure Benedetto XVI, il quale a fine novembre 2006 intraprese in Turchia un viaggio per il dialogo e per la pace.

LA CAVERNA DEI SETTE DORMIENTI

Nei pressi di Efeso si trova una caverna, detta dei sette dormienti, al centro di una vicenda leggendaria comune sia alla tradizione cristiana che a quella musulmana, citata sia nella Legenda Aurea che nella diciottesima sūra del Corano, la “sūra della caverna”.
La vicenda leggendaria dei Sette dormienti è narrata principalmente nella Legenda Aurea di Jacopo da Varazze, che riprese le notizie fornite da Gregorio di Tours e da Paolo Diacono nella sua Historia Longobardorum.

La Grotta dei Sette Dormienti ad Efeso.

Si narra che durante la persecuzione cristiana dell’imperatore Decio (250 circa) sette giovani cristiani di Efeso furono chiamati davanti ad un tribunale a causa della loro fede. Essi, rifiutando di sacrificare alle divinità pagane, furono condannati ma momentaneamente rilasciati. Per evitare nuovamente l’arresto si nascosero in una grotta sul monte Celion, dalla quale uno di essi, Malco, vestito da mendicante, andava e veniva per procurare il cibo. Scoperti, vennero murati vivi nella grotta stessa. I sette giovani si addormentarono nella loro prigione nell’attesa della morte.

Furono risvegliati da un gruppo di muratori che, sfondata la parete, volevano costruire un ovile. Erano passati duecento anni: Malco, tornato ad Efeso, scoprì con stupore che il Cristianesimo non solo era ormai tollerato, ma era divenuto persino la religione dell’Impero. Il giovane, scambiato dapprima per pazzo, venne poi creduto quando il vescovo e i cittadini salirono alla grotta avvalorando il racconto.
I sette giovani costituirono viva testimonianza della resurrezione dei corpi; perirono lo stesso giorno del loro risveglio e furono in seguito sepolti, per ordine dell’imperatore Teodosio II, in una tomba ricoperta di pietre dorate (secondo la Legenda Aurea essi apparvero in sogno all’imperatore chiedendo di restare nella caverna sino alla resurrezione finale).

I sette dormienti nella Legenda Aurea (1497)

La leggenda dei Sette Dormienti di Efeso è una storia affascinante che presenta una versione sia cristiana che musulmana. Questi sette uomini sono considerati santi in entrambe le tradizioni religiose, e la loro storia riflette il tema della fuga dalle persecuzioni religiose e il ritorno miracoloso alla vita. Nella versione cristiana distribuiscono i loro beni ai poveri prima di ritirarsi nella grotta, mentre nella versione musulmana cercano rifugio per sfuggire a una società corrotta. Il risveglio dopo secoli rappresenta un evento straordinario che simboleggia la protezione divina. È interessante vedere come le diverse culture abbiano interpretato questa storia.

SAN GIOVANNI AD EFESO

Abbiamo già visto come dopo l’uccisione a Roma di San Paolo capo della chiesa di Efeso fu San Giovanni a cui Cristo aveva affidato la madre. Nei verbali del concilio di Efeso del 431 si scrive che Giovanni prese con sé Maria e venne ad Efeso e si stabilì per un periodo a Museion che era proprio nel posto dove è la chiesa della Madonna.

San Giovanni Evangelista. Splendida icona proveniente dalle porte reali dell’iconostasi centrale della cattedrale di Kazan a San Pietroburgo 1804-1809.

All’angelo e alla comunità cristiana di Efeso, Giovanni indirizza la prima delle lettere alle Sette Chiese dell’Asia, da lui fondate. S. Giovanni, nonostante l’età avanzata, viaggiò in tutta l’Anatolia per diffondere il cristianesimo, mentre cresceva l’ostilità contro i Cristiani, per la loro efferatezza verso i pagani e i loro culti. Infatti nel 392, a seguito dei Decreti teodosiani, il patriarca di Costantinopoli Giovanni Crisostomo (un criminale assassino poi fatto Santo) aveva lanciato una spedizione per demolire i templi e far uccidere gli idolatri. Ipazia, la celebre scienziata alessandrina, fu una delle vittime di tanta scellerata violenza, descritta in un nostro precedente articolo (“Ipazia: anatomia di un omicidio”)

Le persecuzioni dei cristiani nel mondo greco orientale furono terribili. Ben 30000 seguaci della Dea Artemide vennero crocefissi perché restii alla conversione.

Per reazione San Giovanni fu preso, torturato ed esiliato a Patmos dove, secondo la tradizione scrisse l’Apocalisse. In essa leggiamo (1:11): “Ciò che tu vedi, scrivilo in un libro, e invialo alle sette Chiese, di Efeso, Smirne, Pergamo, Tiatira, Sardi, Filadelfia e Laodicea“. Sempre secondo la tradizione tornò poi ad Efeso, scrisse il Vangelo. Le più accreditate tesi sulla storia delle Scritture concordano nell’identificare in Efeso il luogo in cui fu scritto il Vangelo secondo Giovanni, tra il 90 e il 100 d.C.

EFESO OGGI

La suggestiva illuminazione della Biblioteca di Celso e della Porta di Mazeo e Mitridate.

Efeso rappresenta uno dei siti archeologici più belli della Turchia. Un viaggio nelle meraviglie del passato assolutamente da non perdere. Nel 2015, l’UNESCO ha incluso Efeso nell’elenco dei luoghi Patrimonio dell’Umanità (qui la scheda ufficiale). Da tener presente che è uno dei siti archeologici più affollati della Turchia, in quanto è visitato da migliaia e migliaia di persone ogni giorno. Una sorta di città fantasma che non spaventa, anzi che con la sua infinita bellezza disarma tutti i viaggiatori. Qui sotto, un video con una panoramica dell’intero sito archeologico.

Nel prossimo episodio andremo a vedere la seconda delle Città dell’Apocalisse: Smirne.

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