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L’Italia spende il 40% in meno sulla Sanità rispetto agli altri paesi dell’Unione Europea.

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Il Gap sul finanziamento della spesa sanitaria italiana e quello degli altri paesi europei ha raggiunto il 40% . E’ quanto emerge del XVI Rapporto del Crea ( Centro per la Ricerca Economica Applicata in Sanità) dell’Università Tor Vergata di Roma, presentato oggi. Nel 2020 il finanziamento alla sanità rispetto al 2019 è aumentato del 5%, questo investimento tuttavia non è sufficiente a colmare le difficoltà del sistema e la crescita dell’investimento in ogni caso è inferiore dell’1,5% rispetto alla media dell’Unione.I paesi dell’Unione tra il 2012 e il 2019 sono cresciuti in quanto ad investimenti sanitari del 3,3% mentre l’Italia ha registrato una crescita dello 0,8% annuo. Secondo il rapporto importante tuttavia deve considerarsi “il finanziamento integrativo di 2 miliardi di euro previsto per gli anni 2022-2024 si innesterà sul finanziamento 2021”, che è pari a circa 122 miliardi di euro – e quindi stando allo studio- “il finanziamento aggiuntivo per far fronte alla pandemia appare, quindi, definitivamente inglobato nel Fondo per la Sanità, modificando nettamente il trend storico”.

Lo studio ci dice anche che l’Italia è il Paese dell’ Unione che fa meno ricorso ai ricoveri in rapporto alla popolazione anche se mediamente le degenze durano di più. Il fenomeno è dovuto, sia pure con differenze tra le varie regioni, al crescente calo dei posti letto. Il covid ovviamente ha reso drammatica questa situazione: “ se i letti di Terapia intensiva, prima della pandemia, risultavano occupati sotto il 50%, risultava invece elevatissima l’occupazione dei posti letto delle Pneumologie e nei reparti di Malattie infettive, oltre che nelle Medicine interne, ovvero nei reparti maggiormente chiamati in causa dal Covid”. Il problema tuttavia è rappresentato soprattutto in alcune regioni dalla carenza degli organici.

Il rapporto denuncia anche i costi della sanità sulle famiglie soprattutto per le meno abbienti che soffrono “un crescente impatto dei consumi sanitari sui loro bilanci”. “Seppure con lievi segnali di miglioramento, l’impoverimento continua a colpire- spiega la ricerca- oltre 410.000 famiglie, la catastroficità (spese rilevanti rispetto ai budget familiari) oltre 630.000 ed il disagio economico per cause sanitarie oltre un milione”. Il dato evidenzia come sia divenuto più difficile tutelare le fasce fragili della popolazione e la cosa sembra essere particolarmente grave nel sud dove si verificano in maniera crescente casi di rinuncia alle cure sanitarie. Secondo la ricerca le speranze per il futuro non sono ottimistiche: “Per il prossimo anno ci si aspetta quindi un ulteriore peggioramento degli indicatori di equità, soprattutto di quello del disagio economico, a causa del fenomeno delle rinunce e/o di un possibile maggior ricorso da parte dei ‘meno abbienti’ a strutture specialistiche private, dovuto alla sospensione delle attività non urgenti nelle strutture pubbliche”.

Il PNRR potrebbe contribuire ad “ aggirare la debolezza del nostro sistema sanitario in particolare se si riuscirà a razionalizzare la progettazione e la valutazione degli interventi fondamentali per “ evitare che le risorse vadano sprecate”. L’Occasione dunque può essere importante ma il cattivo utilizzo di questo strumento potrebbe risultare particolarmente grave: “ Il PNNR è un’ occasione irripetibile, il cui esito ( come sperabile) sarà quello di rilanciare il Paese; ma potrebbe anche essere “ disastroso qualora le scelte di investimento fossero quelle sbagliate”.

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