I carabinieri del Nas hanno sequestrato, e oggi dissequestrato per mancato pericolo, su disposizione del Ministro della Salute più di 26 tonnellate di carne bovina macinata cotta e surgelata della Nestlè. Il sequestro serviva per fare delle analisi sulle derrate alimentari e, anche se il ministro Balduzzi aveva invitato alla calma, lo scandalo aveva preso ormai piede. Balduzzi aveva ricordato che i Nas stavano continuando i controlli “per essere sicuri sulle percentuali di carne equina presenti, sulla presenza o meno di steroidi e della tracciabilità di tale carne”.
Gli alimenti sotto inchiesta sono molti: carne macinata, hamburger surgelati, vasetti di sugo, carne in scatola, lasagne al forno, tortellini, cannelloni, ravioli e tutto quanto può contenere carne. Va detto che non solo la Nestlè è coinvolta in questa inchiesta, ma tutte le aziende produttrici di tali prodotti. Solo il test del Dna potrà stabilire se negli alimenti ci sono tracce di carne bovina e, in caso di esito positivo, le aziende verrebbero denunciate per frode commerciale. Il Codacons è pronto alle azioni risarcitorie in favore dei consumatori italiani coinvolti. “Chi ha acquistato confezioni dei prodotti ritirati dal commercio, ha diritto ad un indennizzo, anche in assenza di pericoli per la salute – spiega il presidente Carlo Rienzi – La violazione delle norme sull’etichettatura, infatti, configura un danno per il consumatore, che sceglie in base alle indicazioni che, come è stato dimostrato, erano falsate in quanto non riportavano correttamente il contenuto degli alimenti”. Pericoloso e vergognoso. Il “pastone” è la nuova spada di Damocle che pende sugli animali, le aziende e i consumatori. Esso è “preparato dalle industrie e le multinazionali che trattano la carne come se non fosse un cibo”. A portare carne nei “pastoni” è anche la crisi degli ippodromi e dei maneggi. Un cavallo costa almeno 600 euro al mese, fra fieno, veterinario, maniscalco. Portarlo al bruciatore costa altri 500 euro. E allora tanti mandano il cavallo all’estero, soprattutto nell’Est, e magari finisce nel pastone di qualche industria o ritorna tagliato in quarti.” Quello che emerge fa accapponare la pelle. Il solo pensiero di aver mangiato carne equina non controllata porta a diffidare, ormai, anche del marchio. Una marca nota non la si sceglie solo per la pubblicità ma perché si crede sia anche sinonimo di qualità e correttezza. Scoprire che forse non è così mette in allarme per la salute il consumatore e spinge ad un crollo dei consumi per mancanza di fiducia.