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MA QUAL E’ LO SPIRITO OLIMPICO?

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I mesi di luglio e agosto saranno certamente caratterizzati dal più importante evento agonistico dell’anno: le Olimpiadi di Paris 2024, che si inaugurano proprio oggi, a 100 anni esatti dall’ultima volta che la capitale francese ha ospitato l’evento, con una sfarzosa cerimonia d’apertura che per la prima volta non avverrà in uno stadio, bensì in un percorso di 6 km lungo la Senna. Giochi caratterizzati dall’assenza della Federazione Russa per i noti fatti bellici: infatti il CIO ha sospeso i Comitati Olimpici di Russia e Bielorussia per aver violato la tregua olimpica. Gli atleti russi e bielorussi gareggeranno, quindi, come “Atleti Individuali Neutrali” (AIN) senza identificazione nazionale. Tutto ciò in ottemperanza ad uno “spirito olimpico” che si dovrebbe richiamare ai valori eterni ed imperituri della Grecia classica. Ma è proprio così?

La Senna, grande protagonista della cerimonia d’apertura dei Giochi.

Olimpia idealizzata
Il mondo contemporaneo ha una certa visione idealizzata di Olimpia propria della nostra epoca; una visione che fa un tale stereotipo della “Sacralità” dei giochi antichi, da annullare, dietro la facciata ideologica, la realtà storica di Olimpia antica. L’alone di leggenda che avvolge i Giochi olimpici antichi risale ad una trasfigurazione ingenua e all’oscuro dei fatti del precedente storico delle moderne Olimpiadi. Si disegna, pertanto, un quadro storicamente falso, dove si filtra unicamente dell’antica Olimpia tutto ciò che si vorrebbe propagandare come fulgido esempio oppure, semplicemente, si proiettano a ritroso sull’antichità le personali opinioni in tema di concezioni, finalità e valori sportivi olimpici.

James Thorpe.

Il falso concetto di dilettante
Un classico esempio è il concetto di dilettante. Questo concetto è inconfutabilmente sorto soltanto nella seconda metà dell’800 (e non ci credeva nemmeno De Coubertin…) ed era completamente sconosciuto al mondo antico. Secondo questa insostenibile leggenda, la partecipazione alle antiche Olimpiadi era riservata ai dilettanti puri. Nulla di più falso: gli atleti di allora gareggiavano animati da ambizioni di potere e denaro. Allora, perché questo concetto? Ciò che si cercava nel periodo aureo delle Olimpiadi (VI e V secolo a.C.) era in realtà lo sportivo dilettante dell’età vittoriana, il gentiluomo che praticava lo sport come riempitivo del tempo libero e che rifiutava con sdegno di farsi pagare per una vittoria: il concetto di dilettantismo fu, quindi, l’espressione di un’ideologia classista sul cui altare fu immolato James Thorpe alle Olimpiadi di Stoccolma del 1912. C’è da dire, tuttavia che al giorno d’oggi, eccette pochissime discipline (come il pugilato), non vige più il principio del dilettantismo. Quasi tutti sono atleti professionisti, i cui inquadramenti variano a seconda degli Stati.

Ma quale fair play!
E ancora: prendiamo i concetti di “correttezza sportiva”, “intesa fra i popoli” e “pace olimpica” (EKECHEIRIA – ᾿Εκεχειρία): non ve n’è che non rientri tra gli obiettivi ideali – comunque onorevoli e degni di sostegno, e ci mancherebbe! – dell’ideologia olimpica moderna, ma sarebbe gravemente antistorico e argomentativamente disonesto richiamarsi qui al “modello” antico. Dell’etica sportiva del “fair play” l’antichità conosceva, al massimo, solo i rudimenti, in ogni caso insufficienti, se esistevano personaggi come Leontisco di Messana, detto “lo Spaccadita”, o il pugilatore Cleomene d’Astipalea, squalificato per comportamento “scorretto” (uccise l’avversario).

Città del Messico del 1968, i vincitori dei 200 metri piani,Tommie Smith e John Carlos si presentano sul podio con il pugno alzato e guantato di nero in segno di protesta contro il razzismo.

L’intromissione della politica nei Giochi Olimpici
Un dibattito molto in auge in questi anni è quello che riguarda la mescolanza, che si pretende inappropriata e disdicevole, fra sport olimpico e politica: i meno sprovveduti sanno che questa mescolanza la praticavano anche gli antichi Greci, assiduamente e molto naturalmente, e gli andava benissimo così! Molti storici e filologi classici si sono impegnati nel ridimensionamento dei Giochi Olimpici. Studiosi come R. Muth e I. Weiler hanno cercato di rendere accessibile al grande pubblico la giusta collocazione storica degli antichi Giochi. Ciò che è divenuto un dato di fatto in campo scientifico non è ancora arrivato agli strati più popolari perché ideologia e scarsa preparazione di molti opinionisti formano una barriera quasi invalicabile. Nella vera Olimpia si verificavano atti di corruzione e traffici loschi, si lottava aspramente per la vittoria, che veniva mercanteggiata per motivi politici, e non veniva nascosta la gioia maligna per la sconfitta degli avversari. E il dato significativo è che i Greci non tentavano minimamente di occultare queste ombre sulle gare olimpiche.

Olimpia, dunque, specchio dell’antica Ellade nel bene come nel male; un luogo in cui si manifestavano da un lato l’ambivalenza del concetto di concorrenza, dall’altro la spiccata tendenza all’egoistico particolarismo. “Solidarietà” ed “inclusione” sono parole magiche del nostro tempo, tanto evocate quanto abusate. Per i Greci, esse non avevano alcun valore: nemmeno ad Olimpia.

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