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Macron e il disgelo con Meloni: ‘Non lasciamo sola Roma’

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“L’Italia non può essere lasciata sola davanti alla pressione” dei flussi migratori, “con Meloni ci confronteremo, spero di poter cooperare con il suo governo”.

Dopo svariate offensive di ministri francesi e dirigenti del partito di Emmanuel Macron, è lo stesso capo dell’Eliseo a creare le condizioni per abbassare le tensioni nel rapporto fra Parigi e Roma, a livelli di guardia dallo scorso inverno per gli scontri sul dossier migranti.

Lo fa arrivando al summit del Consiglio d’Europa, a Reykjavik, poco dopo Giorgia Meloni, che nei giorni scorsi non si è scomposta davanti ai fendenti arrivati d’Oltralpe, ma di certo non ha nascosto la propria irritazione.

Nel centro congressi con vista sul Mar di Groenlandia, Macron ha salutato la premier prima dell’inizio del summit “in un clima di grande cordialità”, spiegano fonti italiane. Dopo il vertice in Islanda, i due leader si vedranno anche nel fine settimana al G7 di Hiroshima.

Due appuntamenti dedicati soprattutto alla crisi ucraina, in cui c’è grande attesa anche per un nuovo faccia a faccia fra Macron e Meloni, che intanto a margine del vertice si è intrattenuta con il primo ministro britannico Rishi Sunak, il cancelliere tedesco Olaf Scholz e altri capi di Stato e di governo, conversando anche con il cardinale Pietro Parolin e il primo ministro ucraino Denys Shmyhal. “Sono lunghe giornate nelle quali tutti quanti parleremo con tutti. Ma ripeto, è una materia che a me non interessa particolarmente”, taglia corto la premier, che continua a relegare gli attacchi francesi a “questioni di politica interna”. O un “regolamento di conti interni”, come l’ha definito nei giorni scorsi, legato a problemi di consenso del governo di Macron, da cui arrivano ripetuti parallelismi fra la leader di FdI e la sovranista Marine Le Pen. Paragoni fuori luogo: “Le Pen con Meloni non ha nulla a che fare”, si osserva in ambienti vicini alla premier.

“Avremo l’occasione di continuare a confrontarci. Spero di poter cooperare con il governo italiano”, l’auspicio di Macron, che ammette di “non sottovalutare il fatto che l’Italia è un Paese di primo approdo” e auspica “soluzioni comuni” e “solidarietà europea”. Concetti su cui ha spesso insistito Meloni, che ora si attende un cambio di passo dalla Commissione europea con il Consiglio di fine giugno, dagli esiti ancora incerti. Servirà negoziare fra sfumature e interessi non sempre corrispondenti. Un faccia a faccia potrebbe aiutare. L’ultimo, il 23 marzo a Bruxelles, era arrivato dopo le tensioni nate quando un mese prima Macron aveva invitato Volodymyr Zelensky e Olaf Scholz a Parigi, alla vigilia di un Consiglio europeo. Ancora prima, il 17 gennaio, c’era stata una telefonata fra gli inquilini di Palazzo Chigi ed Eliseo resasi necessaria dopo due mesi di fibrillazioni, tra la freddezza transalpina sul nuovo governo di centrodestra e la crisi della Ocean Viking. Uno scenario che è cambiato di poco, come dimostrano le ultime sortite di Parigi di queste settimane, come quella del ministro dell’Interno Gerald Darmanin che ha definito Meloni “incapace di risolvere i problemi migratori”. Per non dire dell’attacco, per certi versi più indigesto per il fronte italiano perché considerato più politico, di Stéphane Séjourné, capo del partito Renaissance e luogotenente di Macron in Europa, che ha bollato la politica sull’immigrazione della premier italiana come “ingiusta, disumana e inefficace”. Episodi che ora si conta di superare con un terzo appuntamento del disgelo fra il presidente francese e la premier. Anche perché, oltre a quello dei migranti, c’è un altro dossier delicato su cui ci sarà da discutere nei prossimi mesi: il nuovo Patto di stabilità, su cui Roma e Parigi hanno interessi stavolta sì convergenti.

ANSA

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