“Non c’è più davanti a noi un imperatore nudo ma un pagliaccio che, oltre a essere nudo, si crede imperatore”: Ren Zhiqiang ha sfidato apertamente con queste parole il presidente Xi Jinping per il modo in cui ha gestito l’emergenza coronavirus, soprattutto nelle prime fasi in cui si è tentato maldestramente di nascondere la vera entità del disastro in Cina. Zhiqiang è il figlio di un grande immobiliarista statale e fa parte della cosiddetta “nobilità rossa” che sostiene il partito, eppure è una voce fuori dal coro che si è fatta conoscere come “il cannoniere”.
Solo che l’ultimo colpo contro Xi gli è costato carissimo: prima è stato sospeso per “pensieri anticomunisti” e poi è stato messo sotto inchiesta. E guarda caso sono spuntate accuse pesantissime quali corruzione, concussione e appropriazione indebita: la pena da scontare è di 18 anni in carcere, più una multa da 4,2 milioni di Yuan (oltre mezzo milione di euro). Ovviamente Zhiqiang ha fatto perdere le tracce prima che potesse essere arrestato: il tribunale popolare di Pechino lo ha ritenuto colpevole di aver accettato tangenti per 150mila euro e aver sottratto circa 6,5 milioni.