IQ – 19/02/2013 di Stefania Paradiso
Uno dei regali più belli nel giorno in cui Massimo Troisi avrebbe compiuto 60 anni glielo hanno fatto i suoi ex compagni di classe che si sono rivisti dopo 35 anni per ricordare tutti insieme quel compagno speciale, inquieto ma sicuramente indimenticabile. Roberto Benigni aveva ragione quando scriveva: “Non so cosa teneva dint’a capa, intelligente, generoso e scaltro… Per lui non vale il detto che è del Papa: morto un Troisi non se ne fa un altro. Morto Troisi muore la segreta arte di quella dolce tarantella…”.
Sono passati 19 anni da quando Massimo Troisi non c’è più. L’attore non ci fa più compagnia con la sua comicità e la sua ironia che, miste alla timidezza e ad uno sguardo velato di tristezza, è uno degli artisti più rappresentativi del nostro paese. La scomparsa prematura e i piccoli capolavori che ci ha lasciato lo hanno reso indimenticabile. Oggi avrebbe compiuto 60 anni se nel 1994, all’età di 41 anni, un infarto non avesse dato il clpo letale ad un cuore già malato e affaticato dodici ore dopo la fine delle riprese de “Il Postino”. Massimo Troisi è stato un attore, regista e sceneggiatore italiano. Mentre studia per conseguire il diploma di geometra scrive alcune poesie in dialetto ispirate a Pasolini, il suo autore preferito, e inizia a recitare, dal 1969, nel teatro parrocchiale della Chiesa di Sant’Anna insieme ad alcuni amici d’infanzia (tra cui Lello Arena, Nico Mucci, Enzo De Caro). Nel 1972 gli viene diagnosticata un’anomalia cardiaca che lo obbliga, nel 1976, a recarsi negli Stati Uniti per un intervento alla valvola mitralica. Dopo aver recitato alcuni spettacoli in stile pulcinellesco con alcuni suoi compagni, Massimo fonda il gruppo “I Saraceni”, poi La Smorfia, insieme a Enzo De Caro e Lello Arena. Dopo alcuni spettacoli il gruppo ha un rapido successo che gli consente di approdare prima al cabaret romano La Chanson e ad altri spettacoli comici in tutta Italia, poi alla trasmissione radiofonica Cordialmente insieme ed infine in televisione, dove il trio partecipa ad alcuni programmi tra i quali Non stop (1977), La sberla (1978) e Luna Park (1979). L’ultimo spettacolo teatrale del trio è Così è (se vi piace), citazione del Così è (se vi pare) di Luigi Pirandello. Dopo aver lasciato la Smorfia, Troisi decide di intraprendere la carriera cinematografica. Ricomincio da tre è il film nel quale debutta come attore, sceneggiatore e regista. Il film viene acclamato dalla critica e Troisi ottiene due Nastri d’Argento per il miglior regista esordiente e per il miglior soggetto e due David di Donatello per il miglior film e per il miglior attore. La seconda tappa della carriera cinematografica è del 1983, con Scusate il ritardo, nel quale il protagonista è simile nei caratteri al Gaetano del film precedente, ma più timido e impacciato. Altro grande successo di pubblico (ma non di critica) lo ottiene nel 1984 con Non ci resta che piangere, unico film a fianco di Roberto Benigni, da lui molto lontano per lingua e gestualità. Il film – basato su una trama elementare – è ricco di citazioni storiche e rimane comunque nell’immaginario collettivo per le invenzioni e le gag di Troisi e Benigni. Nel 1987 è attore e regista di Le vie del Signore sono finite, ambientato durante il periodo fascista; interpreta il ruolo di Camillo Pianese, un invalido “psicosomatico”. Il film vince il Nastro d’Argento alla migliore sceneggiatura. Nel triennio seguente collabora come attore con Ettore Scola e con Marcello Mastroianni in tre film. L’ultima regia di Troisi è quella di Pensavo fosse amore, invece era un calesse, del 1991, di cui è anche sceneggiatore e protagonista con Francesca Neri e Marco Messeri. All’inizio del 1994 Troisi, recatosi ancora una volta negli Stati Uniti per dei controlli cardiaci, apprende che deve sottoporsi con urgenza a un nuovo intervento chirurgico, ma decide iniziare le riprese del suo nuovo film: Il postino (1994), girato a Procida e Salina e diretto da Michael Radford, liberamente tratto dal romanzo Il postino di Neruda di Antonio Skármeta, che tratta dell’amicizia tra un umile portalettere e Pablo Neruda (Philippe Noiret) durante l’esilio del poeta cileno in Italia. Troisi riesce a terminare le riprese del film con enorme fatica e con il cuore stremato, facendosi sostituire in alcune scene da una controfigura. Troisi muore nel sonno il 4 giugno 1994 e lascia un vuoto incolmabile nella cinematografia italiana. In una intervista di Gigi Marzullo alla domanda “Come si fa a rimanere semplici dopo avere avuto tanto successo?”, Troisi risponde “Ci si nasce. Il successo è solo una cassa amplificatrice. Se eri imbecille prima di avere successo diventi imbecillissimo, se eri umano diventi umanissimo. Il successo è la lente d’ingrandimento per capire com’eri prima”. “Comm’aggio accuminciato? Ecco… io ero ‘nu guaglione… ero andato a vedere un grande film. Si trattava di Roma città aperta, chillo grande lavoro di Rossellini. Me n’ero uscito da o’cinema con tutte quelle immagini dint’a capa e tutte quante le emozioni dentro. Mi sono fermato ‘nu mumento e m’aggio ditto… “Massimo, da grande tu devi fà ‘o geometra”. Una comicità schietta, spontanea, verace che è inimitabile. Ed è proprio per questo che è anche insostituibile. Un regalo al nostro cinema che emoziona, commuove e rallegra ogni volta che rivediamo gli sketch e i film. Perché è vero che lui non c’ è più ma è anche vero che ha lasciato un regalo immenso: immagini e un’arte che nessuno potrà più toglierci.