L’ottavo pallone d’oro assegnato a Lionel Messi iscrive per sempre il suo nome nel libro di storia del calcio, come se lui stesso non avesse intasato centinaia di pagine a suon di record. Lionel da Rosario, da quando ha preso quel primo aereo che dall’argentina lo ha portato in Europa, a Barcellona, ha accesso una luce nel mondo del pallone che ha illuminato l’intero movimento del football mondiale. Messi ha avuto un impatto nel suo sport talmente imponente che la luna potrebbe essere gelosa, per dirla con una poetica immagine cantata dai Maneskin, perché con Leo il calcio brilla di luce riflessa. Le invenzioni che Messi ha sempre dimostrato sul campo da gioco sono degli immateriali pezzi da museo, perché i suoi gol, i suoi assist o semplicemente il suo controllo di palla sono pure opere d’arte. Con quel bacio alla Coppa del Mondo ha separato la sua figura dall’ombra di Diego Maradona, ha conquistato sotto il cielo di Doha l’unico alloro mancante alla sua collezione, dopodichè ha intrapreso la strada del finale di carriera.
D’altronde con la maglia blaugrana ha sollevato per quattro volte la coppa dalle grande orecchie, l’Europa non era più un territorio di conquista, si è concesso la libertà di abbandonare il vecchio continente solo dopo aver dominato il mondo intero. La finale del 2014 era stata una ferita troppo profonda e se la carriera di Leo fosse un dipinto, la partita persa al Maracanà contro la Germania sarebbe l’equivalente di un taglio su una tela di Da Vinci. È pur vero che la storia del calcio è ricca di Re senza corona, anzi sui Mondiali sembra essere scesa una maledizione per i più grandi di sempre. A civili di vent’anni la finale della Coppa del Mondo ha rotto i sogni a giocatori unici, a partire dal 1954, quando in quello che venne definito il miracolo di Berna l’Ungheria di Puskas venne sconfitta dalla Germania. Due decenni dopo la sconfitta dell’Aranycsapat, nel 74, è stato il turno dell’ arancia meccanica olandese guidata dal calcio totale e soprattutto da Johann Cruijff. Il 1994 ha dato seguito a questa curiosa tradizione e, purtroppo per noi, a piangere davanti alla coppa fu Roberto Baggio nel catino infuocato di Pasadena. Messi sembrava non essere sfuggito a questo destino, e passati vent’anni da USA 94 ecco il gol di Goetze e il mondiale perso in Brasile. La vittoria in Qatar rende giustizia a tutti i suoi più celebri predecessori.
Messi Pallone d’oro, la lista degli sconfitti e il risarcimento a Iniesta
Se da una parte, il pallone d’oro ed il mondiale di Leo, hanno messo il punto esclamativo sulla sua carriera; dall’altra non si possono trascurare le facce deluse degli sconfitti, quelli di oggi e quelli del passato. Pur non essendo presente alla cerimonia, Cristiano Ronaldo è stato da sempre il primo rivale di Messi e l’ottavo pallone d’oro è una sconfitta per il portoghese, che d’altronde potrebbe aggiungersi alla lista dei Re senza mondiale. Il mondiale è stato lo scacco matto che pone fine all’immaginaria partita a scacchi dei campioni, quella che aveva fatto emozionare il mondo alla vigilia del Qatar. Nella notte di Parigi, in cui Beckham ha consegnato il titolo a Messi, sono rimasti ad applaudire, con qualche rammarico, gli eredi di Leo che secondo la teoria dovranno spartirsi i palloni d’oro del prossimo decennio, Bellingham permettendo. Per Erling Haaland e Kylian Mbappé non sarà facile replicare la stagione appena trascorsa, il primo avendo completato il treble con il Manchester City, il secondo con la tripletta nella finale Mondiale persa contro l’Argentina.
Non è tuttavia la prima volta che Lionel fa uno sgarbo ai migliori giocatori dell’anno, ma almeno in parte nella serata di Parigi è stato conferito un piccolo risarcimento ad una nazione che nel 2010 perse il pallone d’oro contro ogni pronostico. Per il calcio fu un anno memorabile, una stagione di successi spagnoli ed italiani: alle Furie Rosse il mondiale, all’Inter il triplete. Eppure al momento delle votazioni vinse ancora Lionel Messi, uno sgarbo non solo a Wesley Sneijder, campione di tutto con i nerazzurri e sconfitto a Johannesburg, ma anche ai suoi stessi compagni di squadra del Barcellona. La finale Spagna-Olanda sarebbe dovuta essere risolutiva anche per il premio individuale di France Football, invece, nonostante Andres Iniesta avesse deciso con un suo gol la partita più importante dell’anno non gli venne conferito il pallone d’oro. Tredici anni dopo la Spagna ha ricevuto una sorta di risarcimento: dalla parte opposta del mondo le ragazze delle Furie Rosse hanno vinto il loro mondiale, in Australia e l’Iniesta del calcio femminile, Aitana Bonmatì, ha raccolto l’eredità della connazionale Alexia Putellas vincendo il pallone d’oro; nell’anno di Leo la Spagna ha avuto il suo giusto premio.
Anche Messi ha il suo gol del secolo
Per celebrare Messi non sarebbe sufficiente un intero libro, ma lo spazio è tiranno e quindi la scelta è caduta sul racconto di un suo capolavoro. Tra le magie di Leo, tra gli infiniti gol, tra i dribbling che ancora oggi illeggibili dai migliori difensori in circolazione (sono caduti tutti sotto il suo tocco, da Gvardiol a Ramos), c’è una combinazione di prodezze che non andrà a confondersi e non sarà dimenticata nella collezione di opere firmate da Lionel. Non ce ne vogliano i vari Ibrahimovic, Rooney, van Persie o Zidane, ma non sarebbe un errore pensare che anche Messi abbia realizzato il suo gol del secolo e non stiamo parlando della citazione a Maradona contro il Getafe. Era il 6 maggio 2015, dalla finale Mondiale di Rio de Janeiro sono passati appena 10 mesi e al Camp Nou, Leo si ritrova ancora una volta marcato da quello stesso difensore del Maracanà. Jerome Boateng, poteva essere considerato il miglior difensore al mondo, una delle firme principali dei successi del Bayern Monaco e un non trascurabile protagonista del titolo mondiale tedesco. Il difensore non è la sola vecchia nemesi che l’argentino trovava sulla sua strada quella sera; con il mondiale brasiliano Manuel Neuer cercò di rivoluzionare il ruolo del portiere, mise da parte spesso la paura di allontanarsi dalla sua porta e non era una rarità vederlo abbandonare la sua area di rigore nei momenti di possesso. Nel 2014 era probabilmente l’estremo difensore più forte al mondo, ma quella sera il “goat” argentino decise di annientare anche lui: in una sola azione distrusse il miglior portiere ed il miglior difensore del precedente mondiale.
In quella che sembrava una innocua azione offensiva, che a rigor di logica si sarebbe conclusa con un solitario cross verso il centro dell’area dove non c’erano maglie blaugrana, Leo cambiò il destino dell’incontro. Messi contro Boateng, il tedesco probabilmente si aspettava un movimento a rientrare, data la sua esperienza non avrebbe mai lasciato aperto lo specchio della porta al sinistro di Lionel. E invece con una finta l’argentino non rientrò ad accentrarsi, cercò il fondo del campo toccando con quel mancino, quel maledetto mancino avrà pensato Jerome. Nessuno ha la velocità di pensiero per immaginare una giocata del genere, figuriamoci per contrastarla; Boateng non ha neanche visto la fine dell’azione perché il gioco di prestigio del dieci lo ha fatto crollare goffamente a terra. Ne lui ne il Camp Nou hanno ancora metabolizzato ciò che Leo ha appena fatto, che siamo già giunti al tocco successivo. Neuer è alto 1 metro e 93, con precisione e tante difficoltà lo si può superare lateralmente, ma a nessuno verrebbe in mente di cercare un cucchiaio ai danni del gigante teutonico, eppure è esattamente quel che successe sotto il cielo di Barcellona. Non sarà passato neanche un secondo da quando Boateng è crollato che un leggero tocco che solleva il pallone a sufficienza per scavalcare Manuel fa scattare la festa del Camp Nou, un gol che diventa l’apoteosi del football. Oggi Leo continua a segnare, continua ad incantare anche con l’Inter Miami e dovrà fare spazio nella stanza dei trofei perché ci sarà l’ottavo pallone d’oro da lucidare e far risplendere all’infinto, il cui simbolo altro non è che un 8 caduto, proprio come Boateng al Camp Nou.