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Parlamentodi Rocco Longo

IQ. 28/04/2013 – Mi piace!

Mi piace il fatto che, finalmente, dopo due mesi esatti il Paese abbia un Governo che sappia governarlo o che, comunque, ne sappia tenere le redini.

Mi piace il fatto che, finalmente, da qualche parte –leggasi dal Presidente Letta- sia arrivato il coraggio di sostenere un’idea forte, per molti aspetti di rottura, certamente non incolore.

Mi piace il fatto che, finalmente, ora il Parlamento non potrà più trincerarsi dietro l’inesistenza dell’esecutivo per giustificare le sue ingiustificabili ed insultanti inerzie.

Mi piace il fatto che, finalmente, Governo e Parlamento potranno avviarsi alla normalità delle loro attività istituzionali e costituzionalmente sancite.

E già queste motivazioni mi parrebbero più che sufficienti per esprimere il mio personale “mi piace” sullo scioglimento della riserva con la quale l’onorevole Letta aveva accettato l’incarico per formare il Governo e, soprattutto, sulla comunicazione della lista dei ministri avvenuta in tempi non rapidissimi ma neanche estenuanti, data con sobrietà, senza alcun indugio sensazionalistico e senza cedimenti retorici ed autocelebrativi.

Tra poche ore giurerà nelle mani del Presidente della Repubblica il Governo con la media anagrafica più bassa di tutta la storia repubblicana, il Governo con la più elevata presenza di ministri donne di tutta la storia repubblicana, il Governo con un Ministro degli Esteri che parla l’arabo, il Governo con un Ministro per l’integrazione di origine africana, il Governo con un Ministro per la Pubblica Istruzione ex Rettore di un’altissima istituzione universitaria italiana, un Governo che si appresta ad imprimere un nuovo corso all’Italia ed al quale ognuno di noi, ogni italiano attento e coscienzioso chiederà conto a tempo debito. Appunto, a tempo debito e non prim’ancora che presti giuramento!

Non ho mai amato né mi sono mai appassionato alle stroncature anticipate, alle espressioni pretestuose e pregiudiziali, alle critiche inconsistenti e peraltro mosse prim’ancora di vedere all’opera qualcosa. Qualcuno!

La condizione di profonda incertezza che ci hanno reso le urne, l’incapacità conclamata della classe politica –ed in primis del Partito Democratico che, ricordiamocelo, comunque e seppur di misura, ha vinto le elezioni- di dare un Governo al Paese in tempi ragionevoli, le paradossali dinamiche che hanno portato alla riconferma al Quirinale del Presidente Napolitano, gli atteggiamenti spesso reciprocamente diffidenti delle tre maggiori forze, i niet, i diktat sovente poggiati sul nulla, le vanaglorie, la supponenza, l’autoreferenzialità, lo scarso coraggio e…chi più ne ha più ne metta ci hanno condotti sin qua.

Troppo facile, detestabilmente superficiale e perfino pericolosa per la tenuta e l’assetto sociale della Nazione la feroce indignazione postuma di chi –oggi e comunque fuori tempo massimo- continua ad appellarsi ad un sedicente senso civico e ad una singolare coerenza dei parlamentari (in specie quelli eletti nelle fila del Partito Democratico) che non dovrebbero votare la fiducia al Governo Letta.

Nessuna ipotesi minimamente sostenibile da una parvenza di pragmatismo politico e di realpolitik che non fosse il tentativo di dar vita ad un Governo politico di coalizione –di ampia coalizione- avrebbe potuto trovare effettiva consistenza, tutto ciò in considerazione dell’impossibilità delle tre maggiori forze di governare da sole e dell’incapacità (o della non volontà) di trovare un accordo credibile fra almeno due di esse.

Richiamare al Colle un ottantottenne che supplisse alle colossali deficienze del ceto politico non poteva non avere delle conseguenze immediate, ed il Governo Letta costituisce sicuramente l’opera prima di una presenza e di un’attenzione del Capo dello Stato ai temi del governo che, d’ora in avanti e seppur senza pregiudicare la netta separazione tra gli organi costituzionali prevista dalla nostra Grundnorm, saranno sicuramente più vistose e meno contenibili che in precedenza.

Quello che sta per vedere la luce non sarà il Governo del Presidente Napolitano, non sarà un Governo di scopo e, mi auguro, non sarà un governo balneare. I commentatori sono già al lavoro per cercare le imperfezioni, le lacune, le fragilità, i punti oscuri di questa nuova compagine, e magari li troveranno pure; nessun uomo sano di mente potrebbe mai pensare che un governo della Nazione sia esattamente e precipuamente espressione di quegli Aristoi che, ormai, esistono soltanto nei manuali di storia greca. Parimenti, e specialmente senza averne ancora visto l’attività, nessuno può sentirsi autorizzato a formulare giudizi negativi o, peggio ancora, bocciature ex ante a meno che non voglia lasciarsi sostenere dalla malafede.

Avremmo potuto avere un governo migliore, è vero. Ed avremmo perfino potuto averne uno peggiore.

Io, italiano meno che medio, dotato di scarso acume e di minima intelligenza, sono moderatamente contento e, direi senza dubbio alcuno, ottimista e speranzoso.

Sapere dell’istituzione ex novo di un Ministero per l’integrazione, vedere finalmente riconosciuti in Patria l’atlantismo e le innegabili competenze in fatto di politica estera di Emma Bonino, e non vado oltre, mi lasciano ben sperare per il futuro del mio Paese.

M’interessa poco che il Governo Letta abbia una più netta coloritura Pdl a scapito di una più blanda presenza di esponenti del Partito Democratico, caratteristica che –a mio dire- sarebbe comunque tutta da dimostrare; men che meno m’interessano le schermaglie e le polemiche, che sanno di vecchio e di ormai non più tollerabile, unicamente protese a voler cercare a tutti i costi il pretesto per dire che il Governo Letta è espressione feroce di un’azione di bassa lega costruita su un compromesso al ribasso. Lascio pure tutte queste inutili discettazioni a chi ha ancora voglia di occuparsi di ciò; io, da par mio, non vedo l’ora di vedere al lavoro il nuovo Governo. E semmai ci sarà da fasciarmi la testa lo farò quando necessario.

Confido che il buon senso, l’amor di Patria, la volontà reale di voler risollevare le sorti dello Stato, lo spirito di servizio e la voglia di mettersi in gioco per “cambiare” potranno effettivamente dare all’Italia un nuovo volto. Certo, non sono così sciocco e sprovveduto dall’aspettarmi mirabilia ma mi aggrappo alla consolante consapevolezza di confidare in un domani migliore grazie ad un Governo “diverso”.

 

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