« Milano alla sfida “Citta’ Globale”» QN Quotidiano Net Il Giorno del 17 gennaio 2016 di Achille Colombo Clerici
Quella che stiamo vivendo e’ la civilta’ della conoscenza. Lo anticipava piu’ di dieci anni fa Shimon Peres parlando metaforicamente di “guerre” combattute per il dominio della conoscenza, la vera leva del potere.
La conoscenza viaggia sulle ali di internet, della digitalizzazione, della immaterialita’, della cibernetica.
Ma la via del progresso, alla stessa legato, trova la sua strozzatura quando si cala sul territorio e si scontra con i suoi condizionamenti.
“Ses ailes de geant l’empechent de marcher” usiamo la metafora che Baudelaire suggestivamente evocava.
Questa strozzatura si fa vieppiu’ grave quando si accompagna ad una frammentazione delle istituzioni che aderiscono al territorio stesso.
Non siamo piu’ in presenza, come sosteneva Carlo Cattaneo, di una capacita’ di competere da parte del territorio, legata alle sue specificita’.
Pensiamo semplicemente al rapporto obbligato al giorno d’oggi con la finanza mondiale.
La resilienza del sistema istituzionale-sociale-economico ai fini della competitivita’ sul piano internazionale passa necessariamente anche attraverso un processo di adeguamento culturale e morfologico del vecchio impianto istituzionale: e cio’ e’ tanto piu’ impellente quanto piu’ ci si trovi dinnanzi ad una realta’ metropolitana che si configuri come global city, qual e’ quella milanese.
I dati quantitativi e qualitativi sono a tutti noti. Citiamo a titolo esemplificativo: in un raggio di soli cinquanta chilometri ricchezza di popolazione (8,5 milioni di persone), di produzione (un quarto del valore aggiunto dell’industria italiana), di proiezione internazionale (esportazioni pari al 30% del pil), di collegamenti (aeroporti, autostrade, metropolitana, treni regionali, nazionali e ad alta velocità), di infrastrutture tecnologiche, di luoghi del sapere (9 università, 200.000 studenti, 285 centri di ricerca). Un insieme, di cui la Città Metropolitana è motore, e che la pone tra i vertici in Europa.
Bene ha fatto Pierfranco Faletti a richiamare, nel dibattito elettorale sulla futura gestione amministrativa di Milano, il tema della citta’ metropolitana che rappresenta il vero nodo gordiano della politica per Milano.
Non e’ solo un problema di razionalizzazione di un apparato istituzionale che vede, su un territorio pari a quello della citta’ di Roma, la compresenza di oltre 100 sindaci, di 3.000 consiglieri comunali, di 15.000 dirigenti municipali.
Un problema di spending review, ma anche una babele di capita e di sententiae.
Pensiamo poi agli intoppi negli snodi operativi.
Nella pianificazione territoriale, un comune ricorre al criterio della perequazione urbanistica, l’altro no. PIM e CIMEP costituiscono la testimonianza che in questo campo l’unitarieta’ di azione era un’esigenza avvertita da decenni.
Nella fiscalita’ locale, un regime differente per ogni comune. Nell’organizzazione dei servizi, dei trasporti, della nettezza urbana, dello smaltimento, del teleriscaldamento ( solo per fare qualche esempio) la predominanza del fai da te. Nel campo della cultura, una politica diversa ad ogni pie’ sospinto.
Ma, quel che piu’ e’ grave, come puo’ immaginarsi nel sindaco di Milano una capacita’ di interlocuzione con i grandi sistemi funzionali mondiali legati alla scienza, alla tecnologia, alla finanza, ( una necessita’, ove si voglia pensare ai grandi progetti per il futuro e non al menu giornaliero ) quando deve tener a bada per prima cosa il ginepraio che ha in casa ?
Ed il primo progetto sul futuro della citta’ evoca la piu’ ampia questione del ruolo di Milano in questo contesto storico: il vero obiettivo che dovra’ essere centrato dal nuovo sindaco.