Milano, Borghesia e cultura – Il caso della Grande Brera – Il ruolo della borghesia come sponsor economico della cultura e del welfare.
ASSOEDILIZIA – Property Owners’ Association Milan Italy
La Borghesia sempre meno presente a sostegno della cultura e del welfare
Achille Colombo Clerici risponde alla tesi espressa nel libro di Caterina Bon Valassina
BORGHESIA E GRANDE BRERA: “LE RAGIONI DI UNA RINUNCIA”
Borghesia e Grande Brera. Il rapporto di collaborazione del mecenatismo colto e altoborghese per la riuscita del progetto, oltre 40 anni fa, dei soprintendenti Gisberto Martelli e Franco Russoli, che aveva visto l’impegno di personaggi quali Anna Maria Brizio, Marco Valsecchi, Giulia Maria Crespi, Lamberto Vitali, Gianni Mattioli , Emilio e Maria Jesi, Giacomo Jucker, si è oggi interrotto.
Per l’arroccamento dell’ultima borghesia che ha favorito il familismo e sfavorito l’accesso di nuovi borghesi a un mondo culturale aperto, concorrenziale e non elitario.
Lo scrive – come riporta il Corriere della Sera – Caterina Bon Valsassina, direttrice regionale del Ministero per i Beni Culturali, nel libro ”Il caso Palazzo Citterio”.
Alla critica, espressa in modi urbani, ma non per questo meno pungenti, risponde Achille Colombo Clerici, presidente di Assoedilizia e dell’Istituto Europa Asia, esponente della borghesia chiamata in causa: “Ci sono ben altri motivi alla radice di quanto descritto.”
« Chi si pone come laudator temporis acti deve interrogarsi preliminermente sui mutamenti sociali ed economici intervenuti in questi decenni.
Sotto l’influsso di fattori psicologici, sociali ed anche economici, da cinquant’anni fa ad oggi, si e’ radicalmente modificato il rapporto tra Stato e cittadino e tra questo e la collettivita’ ed e’ conseguentemente mutato l’atteggiamento di disponibilita’ dei milanesi alla liberalita’ in campo culturale e solidaristico.
Tra i principali fattori generatori del cambiamento:
– L’ internazionalizzazione e la globalizzazione (in quanto fenomeni deterritorializzanti che producono delocalizzazione di attivita’ e funzioni, con conseguenti dismissioni in loco) hanno trasformato i capitani di industria, veri principi legati al territorio, alla sua popolazione ed alle loro sorti, in capitani di ventura.
– L’ immagine, sulla quale si basa la nostra civilta’, non e’ piu’ legata alle opere sul territorio, ma e’ legata alla multimedialita’ ed al “brand”.
Solo gli interventi di grande immagine ( Piazza Duomo a Milano, Colosseo a Roma etc. ) continuano ad interessare alcuni soggetti, che ricercano peraltro prevalentemente ricadute pubblicitarie per il proprio marchio.
– Parallelamente la soddisfazione morale sta passando di moda.
Cinquant’anni di consumismo edonistico hanno condotto ad una situazione in cui il denaro e’ assurto al ruolo di principale parametro di successo e di valutazione sociale per la gran parte delle categorie di cittadini.
La liberalita’ e’ antitetica a tale mentalita’.
E cio’ e’ avvertito principalmente nelle nuove generazioni.
– L’escalation fiscale {dal 25,7 % del Pil del 1960, all’attuale 44 % – mentre la pressione reale e’ del 53 %} ha sottratto risorse al privato, canalizzandole verso il welfare pubblico e la gestione pubblica della cultura e della solidarieta’ed ha sostanzialmente ridotti di molto gli spazi di autonomia della liberalita’.
– In questi ultimi tempi si sta registrando anche un fenomeno che imprimera’ una ulteriore accelarazione al processo di disancoramento dei cittadini dalla vita sociale e culturale pubblica.
Stiamo assistendo, infatti, ad una progressiva riduzione dell’autonomia della vita economica delle famiglie: non solo per effetto del fisco.
Sul piano istituzionale stiamo passando gradatamente dal risparmio familiare gestito direttamente dalle famiglie, attraverso investimenti ed attivita’ direttamente controllati e gestiti dalle stesse, al risparmio amministrato attraverso intermediari finanziari.
Se il concetto di borghesia esprimeva un rapporto con la realta’ delle famiglie, questo fattore sposta di molto i termini della questione.
Considerando tutto cio’, c’e’ da chiedersi se possa ancora parlarsi di una borghesia intesa nel senso tradizionale del termine, soprattutto ai fini delle sponsorizzazioni economiche , perche’ ormai senza i soldi non si fa quasi piu’ nulla.
Non e’ questione di elite che fa blocco; e’ piuttosto da dire che fuori da quella “elite”, direi meglio al di fuori di quel milieu, non c’e’ piu’ quella borghesia.
Oggi ogni iniziativa passa attraverso il sostegno, o dell’ istituzione pubblica, o di un patron istituzionale privato-finanziario.
E’ li’ che va ricercato il nuovo ruolo sociale e culturale della cosiddetta borghesia ?
Capitano di ventura permettendo. »