Aimez-vous la danse? Eccovi accontentati. In Jewels (New York City Ballet, 1967) di George Balanchine, che torna al Teatro alla Scala in vista del quarantesimo della scomparsa del grande coreografo, troverete tutte le possibilità dinamiche e ritmiche della danza accademica più pura, quella che si emancipa dal post-romanticismo russo. Già, perché Balanchine che parte dalla Georgia per poi sostare sotto ogni cielo, Ballets Russes di Diaghilev inclusi, porta sempre nel cuore la lezione di Petipa, per cinquant’anni direttore dei teatri imperiali russi. Solo un punto di partenza psicologico e venato di sentimenti che varrà sviluppato in una poetica più astratta il cui culmine è forse Apollon Musagète. Il carattere dominante è comunque il rapporto danza-musica, o meglio la danza come visualizzazione del momento musicale. Proposito sempre perseguito ma non sempre realizzabile a eccezione dello stupefacente Concerto Barocco sul Concerto per due violini di Bach. Le coreografie che Balanchine dedica ai vari generi contano almeno 460 titoli.
“Certamente, ho sempre amato i gioielli; dopotutto sono orientale. Vengo dal Caucaso. Amo il colore delle gemme, la bellezza delle pietre ed è stato meraviglioso vedere il lavoro sui costumi così vicino alla qualità delle pietre reali”. Siamo a New York. È negli States infatti che approda l’avventura dell’inquieto georgiano il quale, dopo vari passaggi e difficoltà, fonda il New York City Ballet, la compagnia più famosa del mondo. Diventando tout court Mister G, il padre della danza americana. I “gioielli” che nascono negli States, pur apparentemente astratti, sono legati alle musiche che li supportano: Fauré per Esmeralds; Stravinskij per Rubies, dove non mancano varie allusioni agli umori locali jazz e musical; Diamonds su Čajkovskij, candida grandiosità della Russia Imperiale e del suo Mariinskij.
Eredità scaligera dell’ex direttrice del Ballo Patricia Neary, presente in sala e già stella di Mister B, Jewels esigono una rara perfezione esecutiva che ne limita il numero delle riprese. Tuttavia i nostri danzatori, diretti dal collaudato Paul Connelly con il supporto del piano di Roberto Cominati, appaiono esemplari e pronti a lasciare la scena alle stelle. Che sole, in gruppo, e nei proibitivi pas de deux, tutte verdi per gli smeraldi, rosse per i rubini e candide per i diamanti, rasentano la perfezione. Molte e perfette le proibitive serie di fouettés en tournant et ultra. Troppi per essere nominati e comunque in turnazione, ci limitiamo allo splendore delle stelle Nicoletta Manni e Timofej Andrijashenko, i diamanti della prima rappresentazione.
Il teatro stracolmo – forse attira il pubblico più la danza che l’opera – è in delirio. Tutti con il pensiero a Jacopo Tissi che proprio quel giorno è tornato da Mosca.
Teatro alla Scala – Stagione 2021/22
JEWELS
Esmeralds
Musica di Gabriel Fauré
Rubies
Musica di Igor’ Stravinskij
Pianoforte Roberto Cominati
Diamonds
Musica di Pëtr Il’ič Čajkovskij
Coreografia George Balanchine
© The George Balanchine Trust
Direttore Paul Connelly
Scene Peter Harvey
Costumi Karinska
Milano, 11 marzo 2022
Autore: Elsa Airoldi Fonte: https://www.connessiallopera.it/recensioni/2022/milano-teatro-alla-scala-jewels/