Scompaiono tra le quinte specchi lucenti, mobili d’epoca, grandi tappeti arrotolati, divani, tappeti, poltrone. Insomma, gli arredi ottocenteschi di una lussuosa casa parigina. Marie Duplessis, l’eroina che ha stimolato tanta creatività (nella danza, Frederick Ashton per la coppia Fonteyn-Nureyev, nel melodramma il Verdi di Traviata) e ora riposa, eterna meta di pellegrinaggio, nella tomba inondata di fiori a Montmartre. La sua casa è messa all’asta. Il balletto apre e chiude sulla stessa scena.
La Dame aux camélias, titolo introdotto nel repertorio scaligero da Alessandra Ferri nel marzo 2007, è un cult di John Neumeier, lo statunitense che ha scelto l’Europa divenendo per decenni anima del balletto di Francoforte e poi di Amburgo. Il coreografo che ha “osato” tradurre in danza persino La passione secondo Matteo di Bach, e, niente meno che in quel di Salisburgo, anche il Requiem di Mozart. La sua Kameliendame, nata nel 1978 per Stoccarda, ha girato il mondo e ne esiste anche versione filmica. Ma alla Scala prima di allora non c’era mai stata. Come del resto non c’era mai stato lui, entrato al Piermarini solo nel 2003 con una Serata Ravel. Il suo ritorno coincideva con l’uscita di scena dell’étoile Alessandra Ferri, che in seguito opterà per gli States. Fu la stessa Ferri allora a raccontare la nuova acquisizione scaligera: ho ricordi bellissimi ma quello di Marguerite è il più suggestivo di tutti, con lei Bolle e Murru, i due Armand, entrambi coinvolti dalla complessità psicologica del lavoro.
Il genere coreografico è un narrativo rivisitato e venato di rimandi. L’affresco non sente il tempo e vola via sulle ali di una miscellanea chopiniana scelta dal coreografo. Cammina sul filo di una storia d’amore e morte che continua a commuovere. Il titolo, godibile, poetico e introspettivo, staglia i protagonisti in una struggente luce surreale. Forse è un po’ ridondante di idee. Neumeier infatti amplifica lo spunto di Dumas accostandogli spunti del romanzo coevo Manon Lescaut di Prevost. Il romanzo nel romanzo diventa il Leitmotiv di un balletto nel balletto dominato da giochi di specchi e rimpianti che, sullo sfondo del tout Paris, fonde e confonde le coppie Margherite-Armand e Manon-Des Grieux. Con relative passioni, distacchi, amori, timori, vita e agonia. Il tutto trattato con la tecnica del flash back: Armand passa davanti alla casa di Marguerite e ricorda. Affascinante e funzionale la scelta di Chopin. Il poeta della musica attivo a Parigi negli stessi anni e ambienti della Duplessis. Dal magma di richiami si stagliano per sapienza forza evocativa i magnifici pas de deux di Marguerute-Armand, vero fulcro drammatico dell’azione.
Bellissimi e di sapore viscontiano le scene e i costuni di Jürgen Rose. Coreografia e regia sono dello stesso Neumeier (ma riprese da Victor Hughes). Sul podio Simon Hewett, al piano la brava Vanessa Benelli Mosell. Ottimo il Ballo scaligero impegnato in una coreografia di grande complessità. Citiamo (prevista un’alternanza di cast) Gabriele Corrado, Chiara Fiandra, Christian Fagetti, Virna Toppi, Navrin Turnbull, Martina Arduino, Nicola Del Freo, Caterina Bianchi, Marco Agostino, Marcello Spaccarotella. Tutti magnifici solisti istruiti da par suo dal direttore del Ballo Manuel Legris, e controllati alla fine dallo stesso Neumeier.
Strepitosa la coppia princeps, l’étoile Nicoletta Manni e il leggendario Roberto Bolle. Tecnica assoluta, linee da manuale, carisma e capacità di rendere ansie, amori e morti. Di grande impatto tecnico e teatrale Roberto Bolle, una divinità spesso da noi maltrattata che tuttavia con il passare del tempo e la possibilità e il desiderio di stupire con la tecnica, si può finalmente definire artista di notevole sensibilità e presa psicologica. Ferma restando la classe di una tecnica elegante e misurata.
Elsa Airoldi
Fonte: connessiallopera.it