2.4 C
Rome
giovedì, Novembre 21, 2024
HomeRubricaLA STELE DI ROSETTANON APRITE QUELLA TOMBA: LA MALEDIZIONE DI TAMERLANO.

NON APRITE QUELLA TOMBA: LA MALEDIZIONE DI TAMERLANO.

Date:

giovedì, Novembre 21, 2024
Statua equestre di Tamerlano (Tashkent, Uzbekistan)

Quando nel 1941 Stalin ordinò all’antropologo Mikhail M. Gerasimov di riesumare il corpo di Tamerlano, non avrebbe mai immaginato che una antica maledizione posta sulla sua tomba si sarebbe avverata. Infatti, dopo neanche tre giorni, le armate di Hitler invasero l’Unione Sovietica. L’inquietante e nefasta maledizione, che così recitava: “chiunque aprirà questa tomba sguinzaglierà un invasore più terribile di me”, si rivelò drammaticamente esatta, e la sua leggenda si alimentò in modo esponenziale. Una coincidenza, oppure Stalin ha fatto arrabbiare Tamerlano, smuovendo forze sconosciute ed oscure? Fatto sta che quando fu deciso di rimettere il condottiero nella sua tomba, i destini della guerra presero un’altra direzione, rafforzando ulteriormente l’idea che la maledizione fosse reale. E allora, cosa c’è di più irresistibile di un mistero da indagare? Nel corso di questo nuovo articolo per la Rubrica “LA STELE DI ROSETTA”, in esclusiva per IQ, conosceremo meglio la figura di Tamerlano, le caratteristiche del suo mausoleo di Samarcanda, ciò che accadde dopo l’apertura della sua tomba, e come le sorti della Russia nella II guerra mondiale cambiarono dopo la restituzione delle sue spoglie.

TABELLA DEI CONTENUTI

TAMERLANO, IL CONQUISTATORE

SAMARCANDA, LA LEGGENDARIA CAPITALE

TAMERLANO, UN UOMO COLTO E AMANTE DELLE ARTI…

…O UN TIRANNO ASSETATO DI SANGUE?

LA MORTE DI TAMERLANO

IL MAUSOLEO DI TAMERLANO

LA MALEDIZIONE DI TAMERLANO

I RISULTATI DEGLI SCAVI

L’EREDITA’ STORICA DI TAMERLANO

CONCLUSIONI

TAMERLANO, IL CONQUISTATORE

Tīmūr Barlas (in chagatai تیمور, Temür; in persiano تیمور لنگ‎, Timur-e lang o Tīmūr Lang, ossia Timur “lo Zoppo”, conosciuto in Europa come Tamerlano, nacque a Kesh oggi conosciuta come Shahrisabz, (la città verde, 50 km circa a sud di Samarcanda), nell’odierno Uzbekistan l’8 o il 9 aprile del 1336. Affascinato dalle imprese di Gengis Khan, di cui sperava di ripercorrere le orme nonostante non ne fosse un diretto discendente e provenisse da una fascia aristocratica di secondo piano, Tamerlano seppe imporsi eliminando rivali politici sin dalla gioventù, per poi affermarsi, dal 1370 in poi, come grande emiro di Samarcanda.

L’ascesa al potere
La sua ascesa al potere cominciò nella sua regione, la Transoxiana, che fu conquistata tra il 1364 e il 1370 e della quale, dopo aver spodestato il legittimo sovrano, si fece proclamare solennemente khan, erede ideale del grande Gengis khan. Per consolidare il suo potere Tamerlano si sbarazzò rapidamente dei khanati vicini e si lanciò alla conquista del debole Impero persiano, diviso tra diverse dinastie. Tra il 1381 e il 1385 occupò la Persia, l’Azerbaigian, l’Iraq, l’Armenia, la Georgia. Le campagne vittoriose di Tamerlano provocarono la reazione del mongolo Toqtamish, il khan dell’Orda d’oro che regnava sulla Russia meridionale. Discendente di Gengis khan, Toqtamish attaccò ripetutamente i territori di Tamerlano impegnandolo in una difficile campagna nelle steppe asiatiche e nella Russia meridionale. Sconfitto Toqtamish, le truppe di Tamerlano si riversarono in Russia saccheggiandola per un anno.
Nel 1398 Tamerlano conquistò con facilità tutta l’India settentrionale e subito dopo si lanciò verso Occidente scontrandosi con il sultano ottomano Bayazid I. Dopo aver conquistato Aleppo e Damasco, Tamerlano sconfisse il sovrano ottomano ad Ankara in una battaglia campale (luglio 1402), arrestando temporaneamente l’ascesa della potenza ottomana e ritardandone di cinquant’anni la presa di Costantinopoli.

L’Impero Timuride al massimo della sua espansione sotto Tamerlano.

L’impero timuride
Tamerlano riuscì a fondare un vasto impero, detto Impero Timuride, che si estendeva negli odierni Stati dell’Uzbekistan, Turkmenistan, Tagikistan, Kazakistan, Iran, la regione meridionale del Caucaso, Iraq, Kuwait, Afghanistan, gran parte dell’Asia centrale, nonché parti di Russia, India, Pakistan, Siria e Turchia. Lo Stato timuride era una tipica monarchia feudale orientale, con una suddivisione amministrativa ripartita in province. Queste ultime erano gestite da principi ed emiri nominati dai governanti di grado più alto.
Il sovrano si occupava dell’assegnazione dei feudi, nominava un tesoriere e distribuiva, a grandi linee, i bottini di guerra. Inoltre, si curava della gestione delle politiche religiose, prestando cura dei costumi islamici e autorizzando in ogni provincia e città la nomina di magistrati (qadi), giurisperiti (muftī) e supervisori dei bazar (muḥtasib). Esisteva inoltre un giudice precostituito esclusivamente per le questioni di ordine militare. Le figure degli emiri della giustizia avevano inizialmente lo scopo di informare il sovrano sui problemi che intercorrevano tra i soldati e il popolo.

Tamerlano invade la Persia nel 1393.

L’esercito
La forza d’attacco dell’esercito dello stato timuride consisteva in unità di cavalleria pesantemente e leggermente corazzate. La tattica degli elefanti, appresa durante la campagna indiana, affascinò Tamerlano, il quale ricorse all’impiego di questi grandi mammiferi negli scontri con mamelucchi e ottomani. Allo stesso tempo, man mano che procedeva l’espansione, gli ufficiali di Tamerlano ricorsero all’arruolamento dei popoli assoggettati tra le proprie file. Nella gerarchia dell’esercito, a mano a mano che si saliva verso la sommità, anche gli equipaggiamenti erano migliori. L’equipaggiamento base di soldati di classe media prevedeva una tenda, due spade, una picca, una corda, della pelle, un’ascia e altre attrezzature. Durante il regno di Tamerlano, un terzo dell’esercito operativo era obbligato a proteggere i confini e due terzi ad essere immediatamente reperibili per la partecipazione ad eventuali campagne.

SAMARCANDA, LA LEGGENDARIA CAPITALE

Impossibile, a questo punto, non aprire una parentesi sulla città di Samarcanda, un nome evocativo di esotiche suggestioni che ha ispirato anche il titolo di una canzone di Roberto Vecchioni del 1977.

Samarcanda è una delle più antiche città del mondo, che ha prosperato per la sua posizione lungo la Via della seta, la maggiore via commerciale di terra tra Cina ed Europa. Un tempo Samarcanda fu la città più ricca dell’Asia centrale e per la maggior parte della sua storia fece parte del Primo impero persiano. Fondata tra il VII e il V secolo a.C., era già capitale della satrapia della Sogdiana sotto gli Achemenidi di Persia quando Alessandro Magno (nella cultura persiana noto come Iskander Khan) la conquistò nel 329 a.C. Sotto i Sasanidi, Samarcanda rifiorì e diventò una delle città maggiori del loro Impero
La città, il cui etimo significa in lingua sogdiana “fortezza di pietra” (samar, pietra/roccia, e kand, fortezza, come anche in altre città della zona, si trova praticamente al centro dell’Eufrasia (più comunemente chiamata Vecchio Mondo o Continente antico) E’ situata a 702 metri s.l.m. e, nonostante faccia parte dell’Uzbekistan, la maggior parte degli abitanti è di lingua tagica, un dialetto del farsi. Dal 2001 la città figura nella lista dei patrimoni dell’umanità dell’UNESCO sotto il titolo di Samarcanda – Crocevia di culture.

Piazza del Registan a Samarcanda con le tre scuole coraniche (madrase). Foto: Günter Gräfenhain.

Molti autori hanno descritto Samarcanda come un miraggio di cupole azzurre, un luogo da sogno circondato da un’aura leggendaria. Su sollecito delle sue numerose mogli, Tamerlano fu incentivato ad abbellire e fortificare la città al punto di renderla una delle città più splendide dell’Asia. Qui il contrasto fra l’immagine del condottiero mongolo distruttore di decine di grandi città e massacratore di centinaia di migliaia di innocenti da un lato, e il sovrano amante della grandiosità, dell’arte e della bellezza dall’altro, non potrebbe essere più stridente. La città ancora oggi deve la sua fama all’armoniosa disposizione e allo splendore delle tre madrase (le università religiose islamiche) nell’imponente piazza del Registan.

Moschea di Bibi Khanum.

Samarcanda fu un autentico crocevia dove confluivano le carovane provenienti da Oriente e Occidente, cariche di spezie e profumi esotici: dalla Siria giungevano tessitori di sete, armaioli e soffiatori di vetro; dall’India gioiellieri e maestri stuccatori; dall’Asia Minore fabbricanti di armi da fuoco e ingegneri d’artiglieria. nelle sue strade si mischiavano lingue e religioni diverse, dall’islam allo zoroastrismo (l’antica fede originaria dell’Iran preislamico), fino al cristianesimo nestoriano (il movimento sorto nel V secolo per opera del patriarca di Costantinopoli Nestorio). Nei mercati abbondavano prodotti di ogni genere, provenienti dalla Via della Seta: dalla Russia e dalla Mongolia arrivavano pelli e tessuti; dalla Cina, oltre alla seta, giungevano rubini, diamanti, perle e rabarbaro; dall’India, spezie quali la noce moscata, lo zenzero, la cannella e i chiodi di garofano.

Tamerlano disseminò la sua capitale di grandiosi monumenti, tra cui la spettacolare moschea di Bibi Khanum, innalzata in onore dell’omonima principessa di origine mongola, la prediletta tra le sue mogli. Per costruirla, il sovrano fece realizzare 480 colonne di marmo, trasportate da elefanti catturati in India.

TAMERLANO, UN UOMO COLTO E AMANTE DELLE ARTI…

Stando alle fonti storiografiche, Tamerlano poteva agevolmente sostenere una discussione su temi di filosofia, geografia o di storia antica con un erudito del calibro del grande storico Ibn Khaldūn. Il sovrano si esprimeva probabilmente in una variante del turco, tradizionalmente chiamato turco ciagataico. Ibn ‘Arabshāh (scrittore arabo musulmano, autore di una storia delle conquiste di Tamerlano) riferisce che egli conosceva il turco, il mongolo e il persiano, ma non l’arabo. Tuttavia, era il persiano ad essere tenuto in grande considerazione da Tamerlano, in quanto era la lingua non solo della sua corte, ma anche della sua cancelleria. Aveva inoltre forza e resistenza fisica eccezionali, al punto di potere sfidare a duello individuale i propri avversari a oltre quarant’anni di età.

Statua di Ibn Khaldūn all’ingresso della Casbah di Bejaia, Algeria.

Pare che il grande emiro fosse un appassionato degli scacchi, di cui sembra che ne avesse inventata una variante giocata su una scacchiera 10×11. Inoltre, incontrò spesso degli intellettuali e intrattenne diverse conversazioni con loro. A titolo di esempio, a Damasco, mentre era in corso la campagna settentrionale, Tamerlano discettò piacevolmente di geografia e di storia con il celebre intellettuale maghrebino Ibn Khaldūn. Quest’ultimo fornisce un ritratto molto interessante della figura di Tamerlano:

«Il re Timur è tra i re più grandi e potenti. Alcuni gli attribuiscono della scienza, altri lo considerano un rafidita per le sue preferenze sulla discendenza del Profeta, altri ancora lo considerano un mago dedito alla stregoneria. Di fatto non è niente di tutto ciò; è semplicemente un uomo molto intelligente e perspicace, che si presta al dibattito su ciò che conosce così come su ciò che non sa. Ha tra i sessanta e i settant’anni, ha un ginocchio paralizzato perché, come mi ha detto, quando era ragazzo fu colpito da una freccia. Può così camminare per brevi tratti trascinando la gamba. Quando deve percorrere lunghi itinerari degli uomini lo portano a braccia. Gode del favore divino e lo concede a coloro che sceglie tra i suoi servitori.»

…O UN TIRANNO ASSETATO DI SANGUE?

Tuttavia, il giudizio su Tamerlano prende pieghe completamente differenti quando questo è affidato ai discendenti dei popoli da lui soggiogati. Eccone un esempio:

L’invasione di Tamerlano ebbe per la Georgia gli stessi effetti di una immensa, terribile tromba marina. Le fonti georgiane non ne conservano ricordo: tanto grande fu la devastazione che non restò chi potesse scriverne i particolari.

. (Vladimir Saveljevič Vojtinskij, 1885 – 1960)

La leggenda ha forse esagerato gli eccessi di Tamerlano; tuttavia, è innegabile che questi regnò con il terrore. La Persia sembrava definitivamente sommersa, cancellata per sempre dalla Storia.

(Mohammad Reza Pahlavi, 1919 – 1980)

Il giudizio del politico indiano Jawaharlal Nehru (1889 – 1964) è, se vogliamo, ancora più tagliente:

Jawaharlal Nehru.

Era un grande generale, ma era un vero selvaggio. […] Ovunque andasse, spargeva desolazione, pestilenza e miseria totale. Il suo più grande piacere era innalzare enormi piramidi di teschi.

Gli ottomani gli resero omaggio, così come l’Egitto e l’Orda d’Oro. Ma la sua abilità si limitava alla sua capacità come capo militare, che era notevole. Alcune delle sue campagne nelle nevi della Siberia furono straordinarie. Ma in fondo era un nomade barbaro, e non costruì alcuna organizzazione, né lasciò dietro di sé uomini competenti come aveva fatto Gengis per continuare l’impero. Così l’impero di Tamerlano finì con lui e lasciò solo una memoria di massacri e di desolazione.

Tamerlano […] fu una delle peggiori afflizioni che si abbatté sull’India. Si rabbrividisce se si pensa alla scia di orrore che lasciò dietro di lui ovunque andasse.

È indubbio che la strategia dello sterminio fu una costante tattica adottata da Tamerlano, tanto che fu definito “signore del terrore”. Il rifiuto delle città assediate di arrendersi o un semplice moto di rivolta dopo la resa, provocava massacri accompagnati da raccapriccianti piramidi di teste mozzate e devastazioni totali dei sistemi di irrigazione e delle campagne. Oltre allo scopo terroristico-militare di questi eccidi, vi era anche indubbiamente l’odio atavico che i nomadi delle steppe (turan) avevano verso le civiltà dei popoli coltivatori e urbanizzati (iran) delle regioni meridionali. Le stragi delle popolazioni (stimate da alcuni studi demografici fino a 17 milioni di vittime fra civili e militari, circa il 5% della popolazione mondiale allora esistente) hanno un confronto solo con le precedenti invasioni dei mongoli di Gengis Khan. Tamerlano fu infine responsabile della quasi totale scomparsa della Chiesa d’Oriente, che prima raggruppava molti fedeli a sé e che all’inizio del XV secolo appariva esclusivamente confinata in un’area geografica chiamata “triangolo assiro”.

LA MORTE DI TAMERLANO

Vasily Vasilyevich Vereshchagin. Porte di Timur, 1872.

Nel 1404, definendo usurpatori i nuovi sovrani cinesi, Tamerlano non fece più mistero del suo sogno di restaurare nella sua interezza l’impero mongolo, compresa la parte costituita dalla Cina di Kublai. Radunato il suo seguito, si convinse ad attraversare le catene montuose che separavano Samarcanda dalla Cina in pieno inverno. La speranza era quella di attraversare il Syr Darya sul ghiaccio solido, cosa che avvenne il 27 dicembre 1404, per poi raggiungere la destinazione in primavera. Arrivato a Farab, radunò un numeroso esercito, ma al contempo contrasse una malattia, forse una polmonite, che minò la sua già fragile salute da ultrasettantenne. Pare che, nonostante lo stato di malattia, l’emiro non avesse mutato le proprie abitudini e che avesse continuato a mangiare e a bere in maniera sconsiderata per un uomo della sua età.

Come appariva quasi inevitabile, il 19 febbraio 1405 Tamerlano spirò a Farab, oggi parte del Kazakistan. Imbalsamato e chiuso in un sarcofago d’ebano, i suoi uomini (che ovviamente non raggiunsero la Cina) lo riportarono a Samarcanda, tumulandolo nel mausoleo che egli aveva fatto erigere per sé e per la sua famiglia, il Ghur-i-Mir.

IL MAUSOLEO DI TAMERLANO

Ghur-i-Mir significa in persiano “tomba del re“. Il complesso contiene le tombe di Tamerlano, dei suoi figli Shah Rukh e Miran Shah e dei nipoti Ulug Beg e Muhammad Sultan. Viene onorato anche Mir Sayyid Baraka, maestro di Tamerlano. Il mausoleo occupa un posto fondamentale nella storia della architettura islamica e in particolare per lo stile azero dell’architettura, inoltre fu precursore e modello per le posteriori grandi tombe dell’architettura Moghul, tra cui la tomba di Humayun a Delhi ed il Taj Mahal ad Agra.

La parte più antica del complesso venne costruita verso la fine del XIV secolo, e di questa rimangono solo pochi resti, tra cui il portale d’ingresso e una parte di uno dei quattro minareti. La costruzione del mausoleo vero e proprio ebbe inizio nel 1403, in seguito alla morte improvvisa di Muhammad Sultan, nipote preferito da Tamerlano ed erede designato. Il mausoleo non era quindi inizialmente destinato al grande condottiero che, invece, aveva fatto costruire per sé una tomba di minori dimensioni a Shahrisabz, vicino al palazzo dell’Aq Saray, ma quando questi morì nel 1405 – durante la sua campagna per la conquista della Cina – tutti i passi di montagna che conducevano a Shahrisabz erano inagibili per la neve, e il condottiero dovette esser seppellito qui.

Esternamente il Ghur-i-Mir si presenta come un edificio ad una cupola. È noto per la semplicità della costruzione e al contempo solenne monumentalità: si presenta come un edificio ottagono coronato da una cupola azzurra scanalata. La decorazione esterna della muratura consiste di piastrelle blu, bianche e azzurre disposte secondo motivi geometrici, insieme ad epigrafi poste su una base in mattoni di terracotta. La cupola (15 metri di diametro e 12,5 di altezza) è anch’essa di colore blu brillante, decorata da stelle e punti bianchi.

Internamente il mausoleo appare come una vasta ed alta sala dotata di nicchie profonde sui lati e variamente decorata. La porzione inferiore delle murature è composta da lastre di onice, montate come a formare un’unica fascia. Ognuna di queste lastre è finemente decorata con pitture. Al sopra dei pannelli si trova una cornice sporgente in marmo. Ampie porzioni delle murature sono decorate con intonaci dipinti; gli archi e l’interno della cupola sono invece trattati con altorilievi di cartapesta, dorati o dipinti.

Il sarcofago in giada di Tamerlano.

Le lapidi decorate a intarsio presenti nella stanza interna del mausoleo indicano l’attuale ubicazione delle tombe, in una cripta posta direttamente al di sotto della camera principale. Sotto il regno di Ulug Beg un blocco di giada color verde scuro venne piazzato sopra la tomba di Tamerlano. In precedenza, questa pietra era stata oggetto di venerazione all’interno del palazzo dell’imperatore cinese e, a seguire, trono di Kabek Khan (un discendente di Gengis Khan) nel Karshi.

LA MALEDIZIONE DI TAMERLANO

E arriviamo finalmente alla maledizione. La tradizione vuole che la tomba di Tamerlano fosse legata ad una maledizione che avrebbe colpito chiunque avesse cercato di violarla.

Ritratto di Nādir Shāh in un dipinto d’epoca.

Nādir Shāh, la prima vittima
Uno dei personaggi più illustri sul quale si è abbattuta la maledizione è stato il persiano Nadir Shah, conquistatore e fondatore della dinastia degli Afsharidi. Shah idolatrava sia Gengis Khan che Tamerlano e sognava di costruire un impero alla loro altezza. La sua ossessione lo portò nel 1740 a tentare di aprire la leggendaria tomba di Tamerlano, ma, non riuscendo a farlo in loco, decise di spostare il sarcofago di giada. Durante il trasporto il coperchio si spezzò in due. Ciò fu interpretato come un cattivo presagio: in seguito a questo avvenimento, infatti, nel regno di Nadir ci fu un improvviso imperversare di rivolte e violenze contro la sua sovranità. Turbato da questi avvenimenti, che coincidevano con la tentata esumazione del conquistatore mongolo, su suggerimento dei suoi consiglieri Nadir ordinò subito di far rientrare la tomba di Tamerlano a Samarcanda. Nonostante la bara fosse tornata al suo posto, il sovrano persiano non si salvò dalle pugnalate inflitte dal suo stesso capo delle guardie e morì vittima di una congiura il 20 giugno del 1747.

Iosif Stalin, 1879-1953.

Ci prova Stalin
Ma è la violazione messa in atto dai sovietici durante la Seconda guerra mondiale che conferì alla tomba di Tamerlano la funesta fama di cui gode ancora oggi. La decisione di riesumare Timur e i suoi discendenti venne presa nel 1941. Si dice che sia stato Stalin in persona a spedire gli archeologi in Uzbekistan.
Non sappiamo esattamente perché venne presa questa decisione. Secondo alcune versioni, l’operazione fu ordinata dopo che nei pressi del mausoleo era iniziata la costruzione di un albergo e nel mausoleo erano state scoperte delle infiltrazioni di acqua.

Ufficialmente gli scavi dovevano essere avviati in occasione del 500° anniversario della nascita del poeta uzbeko Ali-Shir Nava’i (noto anche come Niẓām al-Dīn ʿAlīshēr Herawī) che visse nello stato dei Timuridi e fu in stretti rapporti con alcuni nipoti e discendenti di Tamerlano. Gli scienziati volevano scoprire dei fatti nuovi e speravano di poter trovare dei nuovi reperti da presentare all’opinione pubblica.

Mikhail M. Gerasimov, 1907-1970.

Fu così che nel 1941 Stalin ordinò all’antropologo Mikhail M. Gerasimov di recarsi in Uzbekistan (allora facente parte dell’Unione Sovietica) per riesumare il corpo di Tamerlano. La squadra formata da Gerasimov, V. Ia. Zezenkova e Lev V. Oshanin, una volta giunta sul posto nel mese di giugno venne però avvertita da un gruppo di tre anziani di non aprire la bara di Tamerlano per nessuna ragione altrimenti, entro tre giorni dalla profanazione, il male si sarebbe abbattuto su di loro e sulla loro terra.
Fu ciò che Malik Kajumov, l’operatore che doveva filmare tutto il processo, rivelò in un’intervista. Kajumov portò gli anziani dai dirigenti della spedizione, ai quali venne mostrato un libro del XVII secolo dove, in arabo, era scritto:

“Chiunque aprirà questa tomba, sguinzaglierà lo spirito della guerra. Ci saranno fiumi di sangue e orrori mai visti”.

L’apertura della tomba di Tamerlano, 1941.

La tomba viene aperta
L’avvertimento venne ignorato dagli studiosi, che lo considerarono una mera superstizione. Gli scavi, quindi, continuarono e il 20 giugno 1941 la tomba del condottiero mongolo venne aperta. Il corpo venne immediatamente spedito a Mosca dove iniziarono a studiarne i resti.
Ma è all’interno della tomba che venne rinvenuta una seconda iscrizione che recitava una più nefasta ed inquietante maledizione:

“chiunque aprirà questa tomba sguinzaglierà un invasore più terribile di me.”

22 giugno 1941, le truppe tedesche varcano la frontiera dell’Unione Sovietica.

Il 22 giugno 1941, esattamente entro tre giorni come aveva profetizzato il trio di anziani, Hitler senza alcuna dichiarazione di guerra invase l’Unione Sovietica. L’Operazione Barbarossa, questo il nome in codice dell’invasione mise in atto l’obiettivo ideologico della Germania nazista di conquistare l’Unione Sovietica occidentale per ripopolarla di tedeschi. Il Generalplan Ost mirava a utilizzare parte del popolo conquistato come forza lavoro a beneficio dell’impegno bellico dell’Asse, mentre quest’ultimo acquisiva le riserve di petrolio del Caucaso e le risorse agricole di vari territori sovietici. L’obiettivo finale includeva l’eventuale sterminio, la schiavitù, la germanizzazione e deportazione di massa in Siberia dei popoli slavi e l’espansione del Lebensraum (spazio vitale) della Germania.

Le principali direttrici d’attacco dell’Operazione Barbarossa.

Operativamente, le forze tedesche ottennero vittorie significative e conseguirono successi tattici uno dopo l’altro, occupando alcune delle aree economiche più importanti dell’Unione Sovietica (principalmente in Ucraina) e infliggendo pesanti perdite. In meno di sei mesi le truppe tedesche avanzarono di quasi 1.000 chilometri fino all’area della capitale sovietica.

Secondo la leggenda, la maledizione di Tamerlano venne riferita a Stalin, il quale, dopo le numerose sconfitte inflitte dai tedeschi, forse anch’egli turbato dalle terribili conseguenze del suo atto come già accadde a Nadir Shah, avrebbe ordinato che il corpo di Tamerlano venisse riportato a Samarcanda. Di Stalin si diceva che fosse diventato misticheggiante e pronto a tutto, pur di invertire il corso della guerra. I resti del condottiero mongolo rientrarono nella sua mitica tomba di giada il 20 dicembre 1941 dove fu nuovamente sepolto rispettando tutti i rituali islamici.

Un combattente sovietico sventola la bandiera rossa davanti a Stalingrado nel febbraio 1943.

E incredibilmente…
Per quanto possa sembrare inverosimile, proprio in quei giorni a Stalingrado era in corso la grande battaglia che segnò la svolta decisiva: le truppe sovietiche passarono alla controffensiva. Non molto tempo dopo i tedeschi si arresero a Stalingrado segnando con quella sconfitta il declino dell’occupazione germanica in Russia. L’avanzata tedesca era stata fermata ma il prezzo pagato fu comunque altissimo. Si stima che la sola battaglia di Stalingrado costò la vita a più di un milione di russi tra soldati e civili ed è considerata uno degli episodi più cruenti e sanguinosi della Seconda Guerra Mondiale.

I RISULTATI DEGLI SCAVI

Maledizione o no, gli scavi della squadra scientifica sovietica diedero comunque i loro frutti. “Oggi sono continuati i lavori al Mausoleo Gur-e Amir. Antropologi e chimici hanno scrupolosamente analizzato i resti di Timur. In particolare, sulla testa gli scienziati hanno scoperto dei resti dei capelli, accertando così la possibilità di una ricostruzione facciale abbastanza precisa”, scriveva il quotidiano Izvestija il 21 giugno 1941. Al di là dei ritratti coevi, i quali sicuramente riescono a fornire un’immagine estetica più o meno affidabile dell’emiro, è stata l’esumazione l’operazione attraverso la quale è stato possibile ricostruirne in maniera fedele l’aspetto fisico.

Il capo della spedizione, Mikhail M. Gerasimov scoprì che – malgrado la statura di un metro e settanta dello scheletro (quindi, un mongolo insolitamente alto, un gigante, soprattutto per la sua epoca) – le caratteristiche facciali si conformavano a fattezze mongoloidi. L’esumazione consentì di accertare che il sovrano defunto era zoppo per una ferita alla gamba destra, oltre a un’affezione cronica al gomito che ne aveva invalidato l’uso del braccio destro. Sebbene sia scomparso a 68 anni (al tempo, un’età più che venerabile), i suoi resti dimostravano che fino alla morte aveva goduto di ottima salute e che possedeva un’eccezionale forza fisica.

Il volto di Tamerlano, ricostruito da Mikhail Gerasimov.

La ricostruzione del volto di Tamerlano
Dopo aver studiato lo scheletro e il cranio di Timur, Mikhail Gerasimov, che oltre ad essere antropologo era anche scultore, creò una descrizione dettagliata del grande comandante e riuscì persino a eseguire una ricostruzione facciale. Secondo l’antropologo, i lineamenti di Tamerlano erano tipicamente mongoli, aveva capelli rossi, i baffi che attorniavano le labbra e una barba a cuneo.

L’EREDITA’ STORICA DI TAMERLANO

Monumentale statua in bronzo di Tamerlano assiso sul trono. Samarcanda, Uzbekistan
Foto: E. Strigl / Age Fotostock

Sebbene al giorno d’oggi sia poco conosciuto, Tamerlano lasciò un’impronta notevole nella storia. Egli segnò al tempo stesso il culmine e il declino delle grandi invasioni dei cavalieri nomadi in Asia ed in Europa. Il lascito del “Rinascimento” di Tamerlano comprende alcuni capolavori architettonici a Samarcanda (come abbiamo già visto) e a Kesh che hanno pochi confronti. Nella sua terra d’origine, oggi la Repubblica dell’Uzbekistan, dopo la liberazione dalla dominazione sovietica che era contraria al culto delle nazionalità, Tamerlano (ricordato come Amīr Timur) è oggetto di venerazione come “padre della patria” e considerato il fondatore di uno dei più vasti imperi della storia, un genio militare il cui merito fu di aver accorpato gran parte della galassia di Stati grandi e piccoli retti da sovrani nominali di discendenza gengiskhanide e da emiri che governavano in loro nome.

La sua travagliata biografia ha avuto comunque un successo straordinario sia nelle letterature orientali sia in quelle occidentali. Tamerlano finì, infatti, per influenzare la costruzione di opere come Il Principe di Niccolò Machiavelli. Si devono infatti a un mercante senese, Beltramo Mignanelli (che fu testimone diretto dell’assedio, della presa e dell’incendio di Damasco nel gennaio del 1401 da parte di Tamerlano), le prime notizie in Italia su Tamerlano, con delle lettere che finirono col far parte dell’opera di Poggio Bracciolini, cui sembra si sia ispirato appunto Machiavelli.

CONCLUSIONI

Immagine artistica di Tamerlano.

Sembra quindi naturale che ad un personaggio di tale levatura storica vengano attribuite storie fantastiche. Il contesto orientale in cui le vicende si sono svolte, poi, si prestava magnificamente alla loro elaborazione. Come per la maledizione della Tomba di Tutankhamon, alla quale abbiamo già dedicato un articolo, anche in questo caso si parla di inquietanti iscrizioni che avevano lo scopo di spaventare chiunque avesse avuto intenzione di depredare il corpo del defunto. Ciò che è accaduto a Nadir Shah, per quanto incredibile, può essere contestualizzato negli eventi di allora, un tempo in cui le congiure di palazzo e gli assassini politici erano all’ordine del giorno.

Allo stesso modo, l’invasione dell’Unione Sovietica tre giorni dopo l’esumazione del corpo di Tamerlano si può ascrivere ad una sfortunata coincidenza: infatti, l’Operazione Barbarossa fu pianificata dall’Alto Comando Tedesco già dal luglio del 1940. È assurdo solo pensare che un complesso dispiegamento di uomini e mezzi, la coordinazione di 3.500.000 uomini, 3.300 carri armati e 2.770 aerei possa essere stata messa in atto dall’oggi al domani. Allo stesso modo, è da considerare una pura coincidenza il ribaltamento delle sorti belliche a favore dell’Unione Sovietica dopo il ricollocamento del corpo di Tamerlano nella sua tomba. Infatti, il rovesciamento di fronte fu la logica conseguenza della tattica dell’Armata Rossa, che assorbì i colpi più forti della Wehrmacht e la condusse in una guerra di logoramento per la quale i tedeschi (che erano inizialmente fiduciosi di un rapido crollo del nemico) erano impreparati. Pertanto, furono solo la resilienza, resistenza e tenacia del popolo russo a porre i presupposti per il fallimento strategico dell’Operazione Barbarossa che rovesciò le sorti della Germania nazista. Con una guerra aperta su più fronti, le forze della Wehrmacht non poterono più attaccare lungo l’intero fronte orientale e le successive operazioni per riprendere l’iniziativa e penetrare in profondità nel territorio sovietico – come l’Operazione Blu nel 1942 e la battaglia di Kursk nel 1943 – alla fine fallirono, il che portò la Wehrmacht alla ritirata e al tracollo finale.

Quindi, cosa dire? Forze oscure dominano e influenzano gli eventi umani, oppure siamo noi stessi a determinare il nostro destino? Si potrebbe fare una prova, riaprendo un’altra volta la Tomba di Tamerlano. Qualche volontario?

Vessillo dello Stato timuride, secondo l’Atlante Catalano.

Articoli Recenti

Sport, Fair Play Menarini: svelati i partecipanti al talk show ‘I campioni si raccontano’.

Il percorso del 28° Premio Internazionale Fair Play Menarini non si ferma. Dopo la meravigliosa cerimonia di premiazione dello scorso 4 luglio, la manifestazione dedicata ai...

Italtennis, ritorno alla vita: Campionesse del mondo.

Alla Martin Carpena Arena di Malaga risuonano ancora le note di Modugno. Volare, nel blu dipinto di blu, questa volta a far spiccare il...

La Dottoressa Maria Laura Sadolfo e l’innovativo Progetto “365 Parola d’ordine Benessere” per la scuola e la famiglia.

Oggi per la nostra rubrica ideata e curata dal nostro Direttore Editoriale Professoressa Angela Bernardo in collaborazione con l'autorevole medico legale Mariagrazia Celestino abbiamo...

L’indagine, 1 paziente su 3 ritiene difficile uscire dalla depressione.

Oltre la metà delle persone affette da depressione (58%) considera difficile formulare la diagnosi della patologia e per 1 paziente su 3 è una...

Un ragazzo nel Bolognese aggredisce un capotreno e gli fa saltare due denti.

Ancora una violenta aggressione a un capotreno nello svolgimento del suo lavoro. Aver chiesto a un ragazzo di esibire un biglietto su un treno regionale...

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.