Più di 23mila aziende italiane sono ‘vulnerabili’ all’export e 4.600 all’import.
Lo si legge nel Rapporto sulla competitività dei settori produttivi, presentato stamattina dall’Istat alla Camera di Commercio di Genova.
Secondo Istat, un’impresa è vulnerabile alla domanda estera (all’export) se le sue esportazioni sono concentrate geograficamente (in pochi mercati di sbocco), merceologicamente (in pochi prodotti) e spiegano una quota rilevante del suo fatturato. Mentre lo è all’offerta estera (all’import) se le sue importazioni sono concentrate geograficamente (da pochi mercati di origine), merceologicamente (su pochi prodotti), spiegano una quota rilevante dei suoi costi intermedi e comprendono prodotti ‘Foreign dependent’, cioè scarsi e poco sostituibili.
Nel 2022 le aziende italiane vulnerabili all’export erano lo 0,5% del totale, ma impiegavano oltre 415 mila di addetti (il 2,3%) e generavano il 3,5% del valore aggiunto e il 16,5% dell’export totali. Erano vulnerabili soprattutto alla domanda statunitense (quasi 3.300 unità) e tedesca (oltre 2.800). Le imprese vulnerabili verso gli Stati Uniti esportavano in tale mercato prevalentemente prodotti farmaceutici, prodotti meccanici (turboreattori e turbopropulsori), gioielleria, generi alimentari (vini e oli) e mobili. Quelle alla domanda tedesca parti di autoveicoli, beni energetici (gas), materiale elettrico (fili e cavi), prodotti in metallo (quali viti e bulloni) e lavori in alluminio (barre e profilati).
Quanto alle aziende vulnerabili all’import, nel 2022 erano circa 4.600 (0,1% del totale), ma avevano dimensioni medie maggiori (oltre quadruple) e una produttività del lavoro doppia rispetto alla media del sistema, con circa 400mila addetti, il 5,7% del valore aggiunto generato e, soprattutto, il 23,8% delle importazioni complessive. In particolare, erano vulnerabili all’importazione dalla Germania (quasi 900 unità) e in generale verso i mercati Ue, mentre per i paesi extra Ue lo erano nei confronti della Cina (circa 800 unità). Quanto ai prodotti fortemente dipendenti dall’estero (perché scarsi e difficilmente sostituibili per il sistema produttivo italiano), i nostri principali mercati di approvvigionamento nel 2022 erano Germania, Francia, Spagna, Paesi Bassi e Cina.
Fonte: ansa.it