Prima di trasformare quello di Torino in un “ cielo pieno di stelle”, per dirla al modo dei Coldplay, l’ultimo ostacolo posto davanti agli otto maestri è stato il torneo di Parigi Bercy. Sono state sfide diverse per tutti, chi si è dovuto confrontare con un se stesso non al 100%, chi ha avuto la vita ostacolata dall’organizzazione e chi ha invece dovuto dar tutto se stesso per garantirsi un posto sotto la Mole. Partiamo proprio da questi ultimi: Tsitsipas, Zverev e Rune. Hanno saggiamente gestito le energie raccogliendo i punti necessari nell’ultima mano della stagione, con Rune che ha calato sorprendentemente l’asso nella manica proprio sul finire della partita e ha mandato a vuoto l’all-in di Hurkacz. Se gli eterni rivali, greco e tedesco, avevano la quasi certezza di poter raggiungere Torino senza troppo soffrire, per il danese gli ultimi risultati avevano complicato non poco la situazione, c’era il chiaro rischio di vedere vanificato quanto di buono fatto nella prima parte di stagione, soprattutto sul rosso. La crisi di Holger sembrava non avere fine; tra Wimbledon (inizio luglio) e Basilea (fine ottobre), aveva ottenuto nove sconfitte e una sola vittoria, al primo turno di Pechino. Intanto, a Shangai, Hubert Hurkacz vinceva il Masters 1000 accreditandosi come favorito per scalzare il danese. Arrivato il torneo svizzero Holger si è ripreso e ha raggiunto la finale, a quel punto il destino era nelle sue mani: se nell’ultimo torneo avesse ottenuto lo stesso risultato di Hubert o migliore sarebbe andato lui alle finals. Giunti entrambi ai quarti di finale, le sconfitte con Djokovic e Dimitrov interrompevano i loro cammini e sancivano i verdetti: Rune nei gironi di Torino, per Hubi ci sarà solo un ruolo da riserva.
Parigi Bercy: un disastro organizzativo
Vi ricordate di quando gli orari in continuo divenire del torneo di Roma erano diventati carburante per un carico di polemiche e per pesanti critiche verso l’organizzazione? Beh, vedendo ciò che è successo a Bercy probabilmente bisognerà chiedere umilmente scusa agli imputati degli Internazionali d’Italia che di certo non potevano controllare la pioggia in attesa della copertura sul centrale. Per un torneo indoor come quello di Parigi Bercy il meteo non può di certo essere un ostacolo, ma in ogni caso in Francia non sono riusciti a star lontani dalle polemiche. È vero che ci sono state tante partite prolungantesi al terzo set, ma a rigor di logica, programmare sei match sullo stesso campo non è stata la scelta più vantaggiosa per i giocatori, per gli spettatori e per le televisioni. Far iniziare una partita a 00:30 è una scelta sbagliata nella maggior parte dei casi e nella situazione di Sinner-McDonald tutti i limiti degli incontri notturni sono emersi chiaramente. La Volpe Rossa ha vinto al terzo set, terminando la partita dopo le due di notte e come se non bastasse il programma del giorno successivo lo richiamava in campo circa 14 ore dopo il match point. Jannik, come tutti, ha pensato che fosse uno sforzo fisico difficile da sopportare, ha quindi rinunciato all’ottavo di finale con de Minaur per rifiatare in vista della Finals. Una scelta che avrà i suoi risultati evidenti a Torino, per quanto riguarda Parigi rimane una brutta figura, non di Sinner, ma del torneo.
Tra calcoli e polemiche alla fine vince sempre Djokovic
Questa volta è andato anche contro il suo corpo, senza curarsi della tempesta che intorno a sè infuriava e colpiva i suoi avversari in corsa per le Finals. Novak Djokovic ha vinto il quarantesimo Masters 1000, trovando delle difficoltà che sembra non l’abbiano mai impensierito per davvero. “Ho avuto un virus intestinale, sono stato malissimo; ho trovato comunque le energie per giocare contro un Rublev che mi ha soffocato come un serpente”, è stato lui stesso nel post semifinale a spiegare le sua forma non esaltante delle precedenti partite. Se il terzo set con Rune era prevedibile con il danese che doveva almeno cercare di negare la rivincita al serbo, quello contro Griekspoor è stato inaspettato e forse inspiegabile (con Nole che perde il set da un vantaggio di 4-1). Ecco perchè quindi Djoko ha sconfitto anche se stesso, Rublev ci ha messo certamente del suo con quel doppio fallo sul match point che è costato il sacrificio della sua racchetta, ma con i risultati degli altri la vittoria finale serba era diventato il risultato più logico. Senza Alcaraz, crollato contro Safiullin all’esordio, senza Sinner e senza Medvedev il quarantesimo 1000 è andato incontro a Nole, lasciando per strada le lacrime di Dimitrov sconfitto in finale; chissà se l’ex Baby Fed avrà ancora un’occasione per vincere un Masters.