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Parigi2024, commozione azzurra: Tamberi destino d’oro, ma amaro

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Attendevamo un gran finale della nostra Olimpiade, una di quelle storie che nel 2021 avevano entusiasmato il mondo. Non è detto che non arriverà il colpo grosso conclusivo dell’Italiateam (Oggi è il giorno dell’Italvolley femminile di Velasco), ma al termine dell’ultimo giorno dell’atletica olimpica ci troviamo a raccontare una storia triste, caratterizzata da destini incrociati e contrastanti e ricoperta da un’aura di tristezza. Gimbo Tamberi ha cercato di volare più in alto di tutti, di raggiungere quel traguardo mistico nella sua specialità (la conferma al vertice del podio olimpico, impresa in cui ha fallito persino Sotomayor), ma si è ritrovato con le ali tarpate ancor prima di arrivare allo Stade De France. Da Tokyo ci aveva lasciato l’immagine dell’abbraccio con Jacobs e di quello con Barshim, scene uniche, che non si sono ripetute a Parigi, neanche cambiando i protagonisti. Tant’è che quando McEwen e Kerr si sono ritrovati a contendersi l’oro hanno optato per lo spareggio, non per il titolo condiviso come scelsero i due amici tre anni fa. Queste Olimpiadi si chiudono, per quanto riguarda l’atletica, con la tristezza di un inconsolabile portabandiera che ha comunque onorato il tricolore che gli era stato affidato e che ha portato con orgoglio e grinta sulla Senna lo scorso 26 luglio. “Non me lo merito” diceva Gimbo nel primo post su Instagram con il quale annunciava di aver posticipato il viaggio verso Parigi. Lo ha ripetuto anche ai microfoni Rai ieri sera, “Non me lo meritavo. Ho dato tutto allo sport. Ci ho provato con tutte le mie forze, mi dispiace da morire”. Spesso questi atleti vengono visti come dei supereroi, e altrettanto spesso il destino ci ricorda che restano per sempre umani come noi e possono essere fermati da infortuni cruenti (come quello del 2016) legati alla loro professione, oppure da mali comuni come un calcolo renale, o una tonsillite. Giusto, due medaglie d’oro quasi scontate verrebbe da dire, che ci vengono tolte da questo medagliere per una sfortunata coincidenza temporale che ha colpito prima Jannik Sinner e poi Gimbo Tamberi, i più amati e attesi azzurri del momento.

TAmberi

Tamberi: onorare la bandiera

Diciamolo chiaramente, le speranza di festeggiare un secondo oro di Gianmarco Tamberi si sono spente quando aprendo Instagram il pomeriggio del 4 agosto, ancora euforici per il successo di Paolini/Errani nel tennis e la medaglia di Paltrinieri nei 1500, ad una settimana esatta dalla chiusura dei Giochi abbiamo visto la sua immagine devastata e letto le sue parole colme di preoccupazione. “Incredibile, non può essere vero. Probabile calcolo renale. Sarei dovuto partire oggi per Parigi. Non so come ci arriverò, ma io in quella pedana ci sarò e darò l’anima fino all’ultimo salto”. E’ stato di parola, ha onorato la bandiera azzurra fino alla fine contro ogni avversità e dolore; infatti lui su quella pedana della finale olimpica c’era, al fianco del suo amico Barshim. E pensare che la strada verso Parigi si era fatta ardua e tortuosa ancor prima della cerimonia di apertura, quando era stato costretto a rinunciare ai meeting di Szekesfehervar, Montecarlo e Ancona. Era il 9 luglio, mancava ancora un mese alla finale olimpica, sei giornate in ansia in attesa dei risultati degli esami e poi il post positivo: “Good News! La piccola lesione fasciale si è chiusa completamente e in un paio di giorni dovrei tornare al 100%”, una bella carica di entusiasmo. Invece, è proprio allora che è iniziata la salita, parafrasando Venditti. Lo abbiamo visto quasi euforico, anzi proprio scatenato al fianco di Arianna Errigo con il bandierone in mano sulla Senna, dove ha lasciato la fede nunziale, e con tutti i giochi da vivere avevamo già immaginato al suo gran finale. Invece siamo stati raggelati dall’immagine del campione sdraiato su una barella, con una flebo al polso e una mascherina chirurgica in faccia; calcolo renale, un male comune, superabile, ma che rende complicato fare qualcosa che non è semplice già in condizioni normali come saltare in alto a 2 metri e 38 da terra. Ci ha riservato un attimo di speranza, anzi più di un attimo, dal suo arrivo a Parigi passando per le qualificazioni (non entusiasmanti per la verità, ma non ha mai impressionato in questa fase della gara) fino all’ingresso allo Stade de France per la finale, carico di energia. Quel che si nascondeva dietro al sorriso erano le ore passate in ospedale, al pronto soccorso, subito prima della gara. Ha voluto esserci lo stesso, anche con il calcolo renale non ancora espulso e in preda a lancinanti dolori che non gli hanno permesso di sognare come avrebbe voluto, come avrebbe meritato. Ha voluto esserci per rispetto verso se stesso, verso il grande atleta che è, e anche verso il suoi tifosi ed il suo paese che lo ha elevato ad eroe nazionale fin dalla sera magica degli europei di Roma. Così si rende omaggio al ruolo di portabandiera, non poteva esserci scelta migliore.

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