IQ. 12/06/2013 – Paulette è una nonnina, all’apparenza razzista e maleducata, che non riesce ad arrivare alla fine del mese con 600 euro di pensione. Non sopportando una vita di stenti decide di dedicarsi allo spaccio di cannabis. Bernadette Lafont, interprete di nonna Paulette, dal 6 giugno al cinema, è dispotica e tutt’altro che dolce. Abita in un palazzone alla periferia di Parigi, è vedova da dieci e, dopo aver fatto la pasticcera, si trova a sopravvivere con una pensione minima.
Non sopporta il nipotino perché l’avrebbe voluto “bianco”, chiama il genero di colore “sbuccia-banane” e l’amica un po’ stordita per l’età “Alzheimer”. Lei e il “politicamente corretto” sono agli antipodi. Pieno di humour e scene, difficili e leggere al contempo, il film di Enrico cerca di raccontare la storia delle difficoltà che vivono molti anziani pensionati. Paulette, che fruga tra i resti del mercato per mangiare, è una scena che si vede spesso anche nelle nostre città. A Paulette fanno da spalla le amiche delle partite a carte, le quali, appena capiscono che spacciando si guadagna, diventano socie dell’arzilla anziana. Nel film regna una leggerezza pesante che fa passare il messaggio, come sottolinea anche il regista, che “Le cose vanno meglio quando non ci si ritrova vittima della precarietà e del dolore. Ci si comporta meglio con il prossimo. Il razzismo, la cattiveria, il rifiuto degli altri, sono tutte cose legate al denaro”. Film divertente ma non verosimile, esercizio di regia e sceneggiatura, come si evince da un finale fiabesco e scontato, ma non innovativo né troppo originale. La condizione dell’anziano solo e povero svanisce appena trovato un escamotage. Allora il film non è più una denuncia sociale ma nemmeno riesce ad essere una commedia brillante. Un film simpatico ed ironico che avrebbe dovuto infastidire le coscienze e che, invece, non infastidisce nessuno.