Il Presidente dell’ Inps Pasquale Tridico ha illustrato, in audizione alla Commissione Lavoro della Camera, la sua proposta per riformare le normative pensionistiche basate su” quota 100″. Per Tridico la soluzione per rendere il sistema sostenibile sarebbe quella di prevedere la possibilità di accedere alla pensione a 63/64, con una retribuzione pensionistica pari alla quota contributiva maturata in quella data per poi attendere i 67 anni per la pensione completa retributiva.
Questa riforma, per il presidente dell’ Inps, implicherebbe un aggravio di circa 2, 5 miliardi per i primi tre anni per poi consentire un risparmio dal 2028. Per far funzionare il sistema i lavoratori dovrebbero avere come requisiti minimi 20 anni di contributi e aver maturato alla data della pensione una quota di contributi di importo pari o superiore a 1,2 volte l’assegno sociale. Tridico assicura che una riforma così strutturata sarebbe ” sostenibile dal punto di vista finanziario”. Il Presidente dell’ Inps inoltre ha spiegato come si potrebbero ” “prevedere anche meccanismi di staffetta generazionale, anche in relazione a contratti part time”. Mentre la misura deve essere comunque intesa come “incompatibile” con altri redditi o indennizzi. La simulazione Inps indica che utilizzando questo sistema si verificherebbe a partire dal 2022 il pensionamento di 50.000 lavoratori in più, che salirebbero a 66mila nel 2023 e a 87000 nel 2024. L’argomento vede l’attenzione del governo che già questa settimana dovrà anticipare alcuni provvedimenti al riguardo da inserire nella prossima manovra. La proposta di Tridico non convince del tutto i sindacati. Fortemente critica la Cgil che considera le cifre del Presidente dell’ Inps sovrastimate. La Cisl invece ritiene la riforma avanzata da Tridico un passo in avanti, ma considera fondamentale consentire un sistema pensionistico flessibile a partire dai 62 anni e insieme alla Uil ritiene importante che il governo adotti provvedimenti per sterilizzare gli effetti della crisi economica dovuta alla pandemia.