Stephan Ernest Schmidheiny è stato condannato anche in appello a 3 anni e 6 mesi per omicidio colposo per il decesso di Antonio Balestrieri. “La sentenza ci conforta un po’, dopo la delusione del primo grado, le cui richieste dei Pubblici Ministeri sono state in gran parte disattese – è il commento dell’Avv. Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, che auspica – “confidiamo che la Corte di Cassazione possa confermare questa condanna, e quindi rendere giustizia alle vittime e ai loro familiari”. Confermata anche la fondatezza della richiesta di risarcimento del danno dell’ONA quali parte civile assistito dall’Avv. Flora Abate.
Il processo ha evidenziato come l’uso dell’amianto fosse senza cautele, privo di confinamento e con le maestranze ignare e sprovviste di mezzi di protezione. Sia all’interno dello stabilimento che all’esterno c’era amianto in sacchi di juta privi di chiusura ermetica scaricati dalle navi senza che i lavoratori fossero a conoscenza del rischio. Gli operai si ammalavano di asbestosi, perché avevano i polmoni pieni di polvere, che si riempivano di liquido pleurico, quello del mesotelioma. E così, giorno dopo giorno, i necrologi all’ingresso dello stabilimento, e nelle zone circostanti del quartiere Bagnoli, a Pozzuoli e al Vomero. Così uno ad uno, gli operai sono tutti deceduti, e poi anche i loro familiari, perché lavavano le tute, o perché respiravano le polveri dai capelli e dalla pelle. La storia giudiziaria dell’imprenditore svizzero è piuttosto controversa, assolto in Cassazione per prescrizione del reato di disastro ambientale, il 13 febbraio 2012 viene condannato dal tribunale di Torino nel processo Eternit a 16 anni di reclusione per disastro ambientale doloso permanente e per omissione volontaria di cautele antinfortunistiche. I giudici avevano disposto il risarcimento per tremila parti civili. Il 3 giugno 2013 la pena viene “parzialmente riformata” in appello e aumentata a diciotto anni. La Corte dispose anche il risarcimento alla Regione Piemonte di 20 milioni di euro e di 30,9 milioni per il comune di Casale Monferrato. Il 19 novembre 2014 la Corte di Cassazione, però, dichiarò il reato di disastro ambientale prescritto e annullò le condanne e i risarcimenti in favore delle parti civili. In seguito fu incardinato il processo Eternit bis, diviso in 4 tronconi.
Nelle varie udienze è emerso che alcuni lavoratori sarebbero stati addirittura costretti a coprirsi la bocca con i fazzoletti perché all’interno della fabbrica non venivano fornite regolarmente le mascherine. Durante la scorsa udienza gli avvocati della difesa, Astolfo Di Amato e Guido Carlo Alleva, hanno messo in dubbio le diagnosi di vari mesoteliomi e hanno discusso diverse ore per smontare la tesi accusatoria spiegando che non ci sarebbe stata nessuna volontà di veder morire i propri operai, che le conoscenze dell’epoca fossero diverse rispetto a quelle che ci sono oggi e che, per questo, Stephan Ernest Schmidheiny non poteva sapere con certezza che l’amianto fosse cancerogeno. L’associazione ha creato anche una App (http://app.onanotiziarioamianto.it/), per le segnalazioni dei siti contaminati.