Il raid vandalico di sabato sera contro la statua di Indro Montanelli, nei giardini a lui intitolati in via Palestro, è stato rivendicato nel pomeriggio di domenica da Rete Studenti Milano e LuMe (Laboratorio universitario Metropolitano) attraverso un video pubblicato sui social. «Chiediamo, ad alta voce e con convinzione, l’abbattimento della statua a suo nome» hanno dichiarato i collettivi nel filmato. In precedenza la Procura di Milano aveva aperto un’inchiesta per l’imbrattamento della statua; gli investigatori della Digos, coordinati dal pm Alberto Nobili, stanno acquisendo i filmati delle telecamere di sicurezza.
Nel video di 40 secondi si vedono alcuni ragazzi arrivare in bicicletta all’interno del parco e due di loro, stesse scarpe e pantaloni ma giacca di due colori diversi, lanciano i barattoli di vernice contro la statua, per poi scrivere con una bomboletta spray «Razzista, stupratore». «Con questo gesto vogliamo inoltre ricordare che, come ci hanno insegnato e continuano a insegnarci movimenti globali come Non Una Di Meno e Black Lives Matter, tutte le lotte sono la stessa lotta, in un meccanismo intersezionale di trasformazione del presente e del futuro. Se il mondo che vogliamo tarda ad arrivare, lo cambieremo», si legge nel comunicato firmato da Rete Studenti Milano e LuMe.
Il raid vandalico, intanto, ha suscitato un coro unanime di condanne dalla politica. A cominciare da quella del presidente della Regione, Attilio Fontana, vittima, a sua volta, di una serie di messaggi e scritte minacciosi. «L’odio, la cattiveria e l’astio sono sempre più dominanti sul confronto civile e democratico — ha attaccato il governatore —. C’é da preoccuparsi seriamente». E stamattina, con un post su Facebook, ha rincarato la dose: «Sono sotto scorta da qualche settimana a causa dell’odio politico che ha attaccato la Lombardia — ha scritto —, quello sciacallaggio che ha cercato di infangare la mia giunta proprio nel momento in cui il fronte della pandemia richiedeva più attenzione». «Riscontro un clima irrazionale — ha aggiunto —, pericoloso per la nostra democrazia, qualcosa nel Paese rischia di naufragare: la ragione».