Negli ultimi anni il ritornello di Venditti avrà risuonato spesso nella testa dei tifosi romanisti, “Certi amori non finiscono”. Da De Rossi a Ranieri passando per l’infelice parentesi chiamata Ivan Juric tentando di chiudere definitivamente a chiave il cassetto con i ricordi di Josè Mourinho, quelli di una festa vissuta e di una rubata. Tirana e Budapest, da ricordare insieme come sliding door di questo decennio giallorosso che arriverà a metà con un nuovo allenatore, scelto da Claudio Ranieri. Senza ripercorrere ulteriormente gli avvenimenti che hanno portato a questo ciclico e realistico dejavu, concentriamoci solo sull’immediato passato della Roma, ma soprattuto sul futuro a medio termine. L’esonero di Juric è arrivato troppo tardi, chiaro e assodato, forse non sarebbe neanche dovuta iniziare l’esperienza del croato a Trigoria che in poco più di un mese è riscito ad attirare su di se le colpe di ongi problema della Roma e di Roma, buche comprese, ma quelle della difesa. L’ostinazione fa presto a trasformarsi in esasperata caparbietà, un atteggiamento che non sempre diventa un pregio; spesso il mare che trova la forza di riprovarci dopo essersi infranto sugli scogli finisce per causare dei danni, è quel che è successo a Juric con il suo dogma della difesa a tre, con l’esaltazione di Ndicka (Hummels sarà il più contento dell’esonero) e l’ossessione nello schierare Angeliño fuori ruolo. Esasperazione, appunto, la sua nel rafforzare i concetti fondanti del suo non gioco, ma anche quella di una delle tifoserie più calde e affezionate d’Italia che non ne poteva più di assistere ogni domenica e ogni giovedì allo stesso copione sportivamente raccapricciante e deprimente. La fuga dallo stadio di curva e tribune nel corso della ripresa con il Bologna è il colpo finale, forse per i romanisti ancor più doloroso di Elfsborg, Verona e Firenze. Juric riceve i fischi dall’inizio quasi fino alla fine, ma dopo il novantesimo sono ben pochi perchè poche sono le persone rimaste all’Olimpico. Scoraggiati, i romanisti hanno letto l’atteso comunicato sulla via del ritorno verso casa, imbottigliati nel canonico traffico del post partita, continuando a chiedersi quale allenatore folle possa lanciarsi nel pantano romanista mettendo a rischio carriera, reputazione e credibilità per affondare insieme ad una nave apparentemente destinata ad un sicuro naufragio.
Ranieri per Amore
Per amore si compiono gesti folli. “Sono tornato perché è la Roma. Un’altra società non l’avrei mai presa, ma la Roma se chiama io devo rispondere sì” quanto sono attuali le parole del 2019, quando Claudio Ranieri venne chiamato a salvare la sua Roma dopo l’esonero di Di Francesco. Una scelta di cuore, di dovere e lealtà verso la maglia che è sempre stata parte di sé e della sua carriera: è tempo del Ranieri-Ter. Oggi più di allora quella di Sor Claudio è una dichiarazione di amore eterno: nel 2009 arrivò dopo le dimissioni di Spalletti con l’obiettivo di vincere, ci andò vicinissimo. Nel 2019 fu una scelta dettata dall’emergenza, ma il ricordo del suo miracolo inglese era ancora fresco. Il terzo è il ritorno più inatteso, poiché arriva a quattro mesi dal ritiro e forse nel momento più difficile della storia recente della Roma. Il paragone di Di Canio con la stagione del 2004 (i giallorossi evitarono la retrocessione all’ultima giornata) fa rabbrividire, ma i numeri spaventano: quattro allenatori (Prandelli, Voller, Delneri, Conti) come nell’anno solare 2024 (Mourinho, De Rossi, Juric, Ranieri), 13 punti nelle prime undici gare come in questa stagione. Ad un contesto infelice si aggiunge il nervosismo che si è scatenato contro società e bandiere contemporanee non più riconosciute come tali (Pellegrini, Cristante, Mancini); c’erano solo tre persone in grado di salvare la faccia ai Friedkin nei confronti della tifoseria, De Rossi, Totti e lo stesso Ranieri, ma vista la sua esperienza in panchina solo quest’ultimo sembra in grado di reggere anche il test del campo unendo l’affetto dell’Olimpico ai risultati. Non sarà un nuovo avvio facile: Napoli, Tottenham e Atalanta uno dopo l’altro con meno allenamenti (la squadra ha ripreso solo ieri a lavorare a Trigoria) e le due avversarie del campionato in formato lotta scudetto. Una situazione che poteva spaventare qualunque allenatore, ma l’amore di Claudio per la Roma non guarda in faccia ai risultati, non guarda in faccia alle contestazioni e non è vincolato da interessi personali perché, come disse Renato Rascel dopo la retrocessione del 1951, “La Roma non si discute, si ama”.
Roma, Ranieri non ti lascerà mai sola: 50 anni di romanismo
Non è l’unico motto giallorosso che Claudio Ranieri può impersonare nei confronti della Roma. Mai sola mai cantano, recentemente con meno coinvolgimento, i tifosi prima delle note di Venditti ad ogni partita casalinga. La Roma sa che non verrà mai abbandonata da Ranieri e in un certo senso lo ha ricordato lui stesso ai tifosi: 400 persone circa ad attenderlo in aeroporto -tra le quali anche il tennista Flavio Cobolli- che per una sera hanno riscoperto quell’interrotta atmosfera di festa sviluppatasi nei tempi migliori di Mourinho e Dybala. A proposito dell’argentino: si parlava di dichiarazioni d’amore, scelte di cuore e affetti incondizionati. Proprio la Joya ha creato quell’unico momento di euforia di questo 2024-25, in una caldissima giornata di agosto in cui tra i tifosi romanisti spadroneggiava un silenzio ansioso di attesa per un addio annunciato. Quel 22 di agosto il cielo si stava tingendo di giallorosso al tramonto e puntuale è arrivato il post di Paulo, un breve video con i momenti più intensi della sua esperienza a Trigoria(presentazione sotto al Colosseo quadrato, il gol Feyenoord, quello a San Siro contro l’Inter) chiusosi con un “Grazie Roma”. Apparentemente un congedo, poi però scorrendo leggermente più in giù si scorgono tre parole: “Ci vediamo domenica”, un solo significato Dybala resta e ha rifiutato le ricchezze arabe per continuare a sognare in giallorosso. Lo svolgimento tuttavia non è stato all’altezza del prologo, la Roma sprofonda rapida, lui non è protagonista né con De Rossi, né con Juric che a Bologna lo manda in tribuna senza avvisarlo. Adesso cambierà tutto si augurano i tifosi e forse anche lui dopo questa scelta di cuore, che come quella di Ranieri può consacrare Claudio e Paulo tra le leggende romaniste.
La missione Ranieri III è iniziata da Londra, al Claridge’s Hotel in zona Mayfair non lontano dalla sede del Friedkin Group dove Dan e Ryan hanno avuto un colloquio di quattr’ore con il nuovo allenatore e ne hanno definito il futuro: contratto per 7 mesi fino a giugno, poi sarà in dirigenza e sceglierà il suo successore. Una mossa, quella dei Friedkin, per la squadra e per i tifosi, forse volta a distogliere l’attenzione dall’incessante protesta nei loro confronti (fecero lo stesso dopo l’esonero di Mourinho con un’altra bandiera), ma adesso qualcosa è diverso. Se il De Rossi allenatore era una scommessa, la convocazione in soccorso di Ranieri è collaudata e sicura, anche perché il suo curriculum parla da solo. Conoscitore del calcio italiano, (ha allenato Napoli, Fiorentina, Juve, Inter, Cagliari e Sampdoria) e della romanità (abbiamo già detto che si tratta del terzo ritorno a casa). Da calciatore era un difensore arcigno, educato e rispettoso che ha a lungo vestito i colori giallorossi, ma quelli del Catanzaro tra il 1974 e il 1982, ritiratosi nel 1986 dopo Palermo e Catania ha iniziato con la panchina dal Vigor Lamezia. I primi successi giunsero negli anni Novanta: Coppa Italia e Supercoppa con la Fiorentina nel 1996 poi Coppa del Re e Torneo Intertoto con il Valencia dove tornò nel 2004 per vincere anche la Supercoppa UEFA. Dopo aver attraversato le esperienze all’Atletico Madrid e i quattro anni al Chelsea arrivarono la Juve e soprattuto la prima Roma con la quale andò vicinissimo allo scudetto e dimostrò le sue straordinarie doti di gestione dei giocatori e anche dello spogliatoio (cosa che potrebbe tornare utile ora nel pantano giallorosso). Perso il testa a testa con Mourinho per lo scudetto venne il momento delle dimissioni, dopo aver subito la rimonta da 3-0 a 4-3 contro il Genoa. Ripartì dall’Inter, dal Monaco e da una nuova esperienza inglese, la consacrazione mondiale, il capolavoro della carriera che (vedi il tributo alla semifinale di Conference del 2022) lo fece entrare di diritto nel libro di antologia del calcio: la Premier con il Leicester. “Pronti arrivano i nostri!” sono state le prime dichiarazioni della terza vita a Trigoria; la Roma ha bisogno di tutto ciò, ha bisogno della sua lungimiranza, come quando in un derby sostituì Totti e De Rossi in un colpo solo e vinse la stracittadina. La Roma ha bisogno di mettersi alle spalle questo periodo, quel giorno della rimonta di Genova molti tifosi spensero la tv prima del novantesimo; adesso hanno abbandonato lo stadio ancor prima della metà del secondo tempo contro il Bologna, un incubo troppo brutto per essere vero. Vedere il proprio amore soffrire in questo modo è una coltellata ed è proprio il motivo per cui Ranieri ha messo da parte gli intenti relativi al ritiro, per rinnovare il suo sentimento verso la Roma e i romanisti che non possono far altro che chiedergli: salvaci tu Claudio.